Maria, stella della prima e della nuova evangelizzazione (Prima parte)

Nella festività dell’Immacolata Concezione di Maria – Nell’Anno della Fede

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di padre Giuseppe  Buono, PIME

ROMA, venerdì, 30 novembre 2012 (ZENIT.org).- In occasione della festività liturgica della Beata Concezione di Maria è bello, in quest’Anno della Fede, ricordare alcune espressioni di amore a Maria di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II.

Benedetto XVI

Benedetto XVI ha affidato a Maria la riuscita spirituale dell’Anno della Fede conludendo la Lettera apostolica Porta Fidei così: “Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tempo di grazia”.[1] Aveva ricordato prima la fede di Maria: “Per fede Maria accolsele parole dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe diventata Madre di Dio nell’obbedienza alla sua dedizione. Vistando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si afffidano a Lui. Con gioia e trepidazione diede alla luce ul suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità”.[2]

Il suo continuo riferirsi a Maria, Madre della Chiesa, è sempre particolare negli scritti del suo magistero.

Nella prima enciclica Deus Caritas est, nel Natale del 2005, tesse un elogio denso di teologia e di amore a Maria nel suo ruolo di associata all’opera redentrice del Figlio. Scrive: “Tra i santi eccelle Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Nel Vangelo di Luca la troviamo impegnata in un servizio di carità alla cugina Elisabetta, presso la quale resta « circa tre mesi » (1, 56) per assisterla nella fase terminale della gravidanza. « Magnificat anima mea Dominum », dice in occasione di questa visita — « L’anima mia rende grande il Signore » — (Lc 1, 46), ed esprime con ciò tutto il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo — solo allora il mondo diventa buono. Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è umile: non vuole essere nient’altro che l’ancella del Signore (cfr Lc 1, 38. 48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio. È una donna di speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di Israele, l’angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste promesse. Essa è una donna di fede: « Beata sei tu che hai creduto », le dice Elisabetta (cfr Lc 1, 45). Il Magnificat — un ritratto, per così dire, della sua anima — è interamente tessuto di fili della Sacra Scrittura, di fili tratti dalla Parola di Dio. Così si rivela che lei nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata. Infine, Maria è una donna che ama. Come potrebbe essere diversamente? In quanto credente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, ella non può essere che una donna che ama. Noi lo intuiamo nei gesti silenziosi, di cui ci riferiscono i racconti evangelici dell’infanzia. Lo vediamo nella delicatezza, con la quale a Cana percepisce la necessità in cui versano gli sposi e la presenta a Gesù. Lo vediamo nell’umiltà con cui accetta di essere trascurata nel periodo della vita pubblica di Gesù, sapendo che il Figlio deve fondare una nuova famiglia e che l’ora della Madre arriverà soltanto nel momento della croce, che sarà la vera ora di Gesù (cfrGv 2, 4; 13, 1). Allora, quando i discepoli saranno fuggiti, lei resterà sotto la croce (cfrGv 19, 25-27); più tardi, nell’ora di Pentecoste, saranno loro a stringersi intorno a lei nell’attesa dello Spirito Santo! (cfr At 1, 14).[3]

Nell’omelia della Santa Messa celebrata a Loreto il 4 ottobre 2012, alla vigilia dell’apertura del Sinodo dei Vescovi e dell’inizio dell’Anno della Fede, diceva: “Cari fratelli e sorelle, in questo pellegrinaggio che ripercorre quello del Beato Giovanni XXIII – e che avviene, provvidenzialmente, nel giorno in cui si fa memoria di san Francesco di Assisi, vero «Vangelo vivente» – vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore. Vorrei affidare alla Madre di Dio anche questo speciale tempo di grazia per la Chiesa, che si apre davanti a noi. Tu, Madre del «sì», che hai ascoltato Gesù, parlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiutaci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimora di Dio. Amen!”.

Poi l’invito all’omelia della santa Messa nell’ultimo giorno dell’anno 2006: “Domandiamo alla Madre di Dio che ci ottenga il dono di una fede matura: una fede che vorremmo assomigliasse per quanto possibile alla sua: una fede limpida, genuina, umile e coraggiosa allo stesso tempo, intrisa di speranza e di entusiasmo per il Regno di Dio, una fede scevra di ogni fatalismo e tutta protesa a cooperare in piena e gioiosa obbedienza alla divina volontà nell’assoluta certezza che Dio non vuole altro che amore e vita, sempre e per tutti. Ottienici, o Maria, una fede autentica e pura…”

[Domani, sabato 1 dicembre, verrà pubblicata la seconda parte]

*

NOTE 

[1] Porta fidei, cit. 13.

[2] Ivi, 15.

[3] Idem, Deus Caritas est, 41. 

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ZENIT Staff

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