Lo Studium Generale Marcianum e l'eredità di Notre Dame

La relazione del rettore, mons. Brian Edwin Ferme, al Dies Academicus dell’Istituto veneziano

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VENEZIA, venerdì, 9 novembre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito una sintesi dell’intervento di mons. Brian Edwin Ferme, rettore dello Studium Generale Marcianum di Venezia, in occasione del Dies Academicus dell’istituto, tenutosi oggi pomeriggio nella Basilica di San Marco del capoluogo veneto.

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[…] Il Marcianum rimane una realtà formativa ed educativa unica – un vero Studium – che si trova nel cuore di Venezia ma che, per sua intima natura, come Venezia, è aperta  al mondo intero. Questa apertura si riflette nei nostri legami con vari centri internazionali, nella presenza di studenti provenienti da venti nazioni diverse e nel coinvolgimento di studiosi provenienti da numerose università che hanno tenuto conferenze e corsi durante tutto l’anno. Tale apertura al mondo è riscontrabile anche nella nostra continua tensione a cogliere le sfide e le correnti di pensiero che caratterizzano la società contemporanea, ma con l’idea di offrire anche una nostra specifica interpretazione degli stessi sulla base della tradizione di pensiero che per secoli è andata sviluppandosi nella Chiesa.

Parte di questa tradizione e della sua relazione con la società è riscontrabile nello Studium Generale di Parigi del dodicesimo secolo, in particolare nella sua facoltà di teologia. Potrebbe sorprendere che un canonista come me si interessi a una facoltà di teologia di circa 900 anni fa. Devo ammettere che in principio ero interessato soltanto alla facoltà di diritto canonico di Parigi, fino a quando mi sono imbattuto in un sermone di un famoso accademico del tempo, Jacques de Vitry. Nel suo sermone egli si riferisce agli studenti e ai docenti di Diritto canonico in modo piuttosto sprezzante. Nota infatti che, assieme all’ambizione, una delle ragioni per cui così tanti studenti erano motivati nello studio del Diritto canonico era che i professori di questa disciplina iniziavano le loro lezioni più tardi rispetto ai teologi – anche alle 10 del mattino – in maniera che né gli studenti né i loro professori avessero da alzarsi troppo  presto. Preciso che oggi non è più così ma discrezione vuole che io limiti la mia curiosità verso i teologi.

Questa ricerca mi ha reso chiaro un fatto molto rilevante, cioè che professori e studenti della facoltà di teologia erano intimamente legati alla società nella quale vivevano ed era proprio questo coinvolgimento che arricchiva la loro riflessione teologica. Un semplice esempio dimostra questa affermazione: uno tra più influenti maestri di teologia della scuola Parigina era un certo Pietro il Cantore. Come suggerisce il suo nome, egli era responsabile del coro di Notre Dame, ma era anche profondamente coinvolto nella costruzione della nuova fabrica di Notre-Dame, la cui prima pietra  venne posata nel 1163. I lavori sarebbero continuati fino al tredicesimo secolo. Pietro nota che il suo lavoro di direttore del coro e della liturgia non era affatto agevolato dalle urla degli operai e dagli scalpelli dei tagliatori di pietra. 

Malgrado questa responsabilità e questi problemi, egli fu un influente maestro di teologia: sviluppò un nuovo approccio verso questioni pastorali di carattere pratico basate sulla tradizione teologica che egli stesso insegnava: lo fece cercando di capire i problemi pratici dei commercianti e come questi potessero in modo più equo e morale produrre i loro beni e distribuire i loro profitti. Fece questo studiando i meccanismi di governo e indagando il modo migliore per perseguire il  bene comune. Fece questo considerando la professione degli uomini di legge e come questa potesse essere svolta con maggiore giustizia. I suoi suggerimenti e le sue idee pratiche erano fondate sulla sua profonda riflessione sulla tradizione teologica.

In altre parole, era profondamente coinvolto in quel tema fondamentale al quale Papa Benedetto XVI ha dedicato molta attenzione e che continua ad essere assai significativo in questo Anno della fede, ovvero, l’essenziale legame tra fede e ragione. Fides et Ratio. Nel suo recente intervento al Sinodo dei vescovi il nostro Gran Cancelliere ha sottolineato lo stesso punto:

“(…) auspico che la nuova evangelizzazione riservi maggior spazio alla catechesi, con speciale attenzione alla complementarietà fede, ragione. Siamo grati all’impegno di chi con competenza e sensibilità si fa carico della pastorale dell’alta cultura, favorendo il dialogo con gli intellettuali e gli scienziati cristiani, con quanti sono in onesta ricerca”.

Mi piace pensare che gli studenti e i docenti dello Studium Generale parigino del XII secolo non fossero solo coinvolti nell’ascolto della cultura loro contemporanea – auditores culturae –  ma che, attraverso la loro ricerca e il loro insegnamento della fede, fossero anche auctores culturae. Il Marcianum è parte di questa eredità millenaria poiché si trova a riflettere sulla complessa relazione tra fede e ragione diventando così un genuino creatore di cultura. […]

Non stupirà certo apprendere che anche durante il XII secolo la costruzione di Notre-Dame affrontò simili difficoltà. Ciò non ostacolò la volontà di quegli uomini e la loro determinazione a costruire la loro Chiesa e, coloro che la ammirano oggi, circa 900 anni dopo, sono riconoscenti per tutto questo. D’altro canto le difficoltà che affrontarono portarono ad un ripensamento, ad una riorganizzazione e a una nuova pianificazione. In un modo molto vero, profondo, le difficoltà divennero sfide che rappresentarono uno stimolo per pensare a nuovi modi di presentare il cuore del progetto e la sue idee cardine.

In altre parole, le difficoltà furono viste come opportunità che spesso si rivelarono nuovi e straordinari approcci a questioni che non sarebbero nemmeno mai emersi senza quelle difficoltà. Uno dei maggiori esperti di giardinaggio e di design di giardini mi ha recentemente rivelato che gli esperti si accorgono che quando una pianta è in sofferenza quello è il momento della più lussureggiante fioritura come a voler dimostrare la sua abilità nel combattere e resistere.

Al Marcianum stiamo affrontando le varie sfide del tempo odierno con lo stesso spirito di ripensamento e di creatività. Con questo stesso spirito sono particolarmente riconoscente ai Soci Fondatori e ai Soci Sostenitori per il loro straordinario sostegno e impegno verso il Marcianum. Sono ben consapevole delle specifiche sfide che stanno affrontando in questo periodo ma so che il loro generoso sostegno al Marcianum riflette il loro desiderio di essere essi stessi creatores culturae. Vi ringrazio tutti a nome di coloro che assieme a me sono coinvolti nel progetto del Marcianum. […]

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ZENIT Staff

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