"La cultura dell'incontro. A 50 anni dal Concilio". Convegno ecumenico internazionale a Roma

L’evento si terrà dal 20 al 21 gennaio, presso la curia generale dell’Opera Don Orione per la Settimana di preghiera per l’unità cristiani

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Si terrà a Roma dal 20 al 21 gennaio 2015, presso la curia generale dell’Opera Don Orione, il convegno internazionale di ecumenismo dal titolo “La cultura dell’incontro. A 50 anni dal Concilio”. All’evento, che si tiene nell’ambito della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, partecipano esperti in arrivo dall’Italia, dalla Spagna, dalla Costa d’Avorio, dall’India, dall’Albania e dalla Polonia.

Previsti anche gli interventi di don Flavio Peloso, direttore generale dell’Opera Don Orione e di don Achille Morabito, vicario generale con delega all’Ecumenismo. La due giorni verrà aperta da padre Gabriel Antonio della Chiesa Copta con un momento di preghiera e portando appunto la testimonianza della Chiesa Copta.

Durante la due giorni, promossa dall’Opera Don Orione, verranno toccati i temi del dialogo tra le diverse confessioni cristiane e anche  il rapporto con le altre religioni nei diversi scenari mondiali dai Balcani, all’Asia, all’Africa fino all’Europa.

Previsto, tra gli altri, l’intervento del pastore valdese Paolo Ricca e le visite alla Chiesa Anglicana di piazza di Spagna e a S. Atanasio al collegio greco.

“Un convegno internazionale sull’ecumenismo per puntare sul dialogo – spiega don Morabito – che permette di ascoltarsi, di conoscersi meglio, di apprezzarsi e di accogliere quanto di buono può donarmi anche chi non la pensa come me. Ma per dialogare occorrono delle condizioni, a cominciare dal rispetto verso l’altro, occorre un «cuore capace di ascoltare» e occorrono quei famosi «quattro pilastri» indicati dalla Pacem in terris. Era l’11 aprile 1963 quando Giovanni XXIII firmava l’Enciclica dedicata alla pace, l’Enciclica appunto dei «quattro pilastri»: verità, giustizia, libertà, solidarietà”.

“Tutte le guerre – aggiunge il sacerdote richiamando mons. Bettazzi – partono dalla svalutazione dell’altro, del nemico, del diverso, che ci si sente autorizzati a trattare come un essere di serie inferiore se non addirittura come se non fosse un essere umano: di qui gli stermini, le torture, le umiliazioni”. Occorre, in altri termini, rimettere la persona al centro. Finché l’altro rimane un nemico, uno da sfruttare, uno «scarto», non può nascere un vero dialogo”.

“Dialogo ecumenico (tra cristiani) – prosegue – e dialogo interreligioso (con le altri religioni) possono e devono fare molto per costruire quella che Paolo VI chiamava «la civiltà dell’amore»; accanto al dialogo, però, urgono risposte sulla dignità della persona, di ogni persona, in quanto persona”.

“Don Orione  – conclude il vicario dell’Opera Don Orione – ci offre la risposta più esauriente che non ha bisogno di tante spiegazioni: ‘Il Piccolo Cottolengo terrà la porta sempre aperta a qualunque specie di miseria morale o materiale. Ai disingannati, agli afflitti della vita darà conforto e luce di fede…  accoglierà, come fratelli, i ciechi, i sordomuti, i deficienti, gli ebeti; storpi…  tutti quelli, insomma, che, per uno o altro motivo, hanno bisogno di assistenza, di aiuto, ma che non possono essere ricevuti negli ospedali o ricoveri, e che siano veramente abbandonati: di qualunque nazionalità siano, di qualunque religione siano, anche se fossero senza religione: Dio è Padre di tutti! (Buenos Aires 1935)”. 

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ZENIT Staff

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