L'amicizia tra don Giussani e i monaci giapponesi

I punti di contatto tra cristianesimo e buddismo, oggetto di dibattito al Meeting di Tokyo

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

TOKYO, domenica, 30 ottobre 2011 (ZENIT.org) – Una giornata all’insegna di un dialogo e di un incontro sinceri, tappa di un lungo cammino, quella che si è svolta venerdì a Tokyo presso l’Istituto Italiano di Cultura.

Il secondo momento dell’evento Tradizione e globalizzazione. Cristianesimo e Buddhismo di fronte alle sfide della modernità, promosso dal Meeting di Rimini, è stato aperto dall’ambasciatore italiano in Giappone, Vincenzo Petrone.

“Una prima volta nel nostro sistema Italia qui in Giappone, un evento che va al di là del nostro mandato istituzionale – ha esordito l’ambasciatore Petrone -. Questa iniziativa ci consente di portare il nostro granello di sabbia contribuendo ad un rapporto che va indietro nel tempo: l’amicizia iniziata da don Giussani. È un episodio del quale siamo fieri, precursore della solida amicizia sviluppata nel tempo al Meeting di Rimini”.

Nell’auditorium Umberto Agnelli la giornata è stata scandita dalle fasi del confronto tra esperti italiani ed europei su i temi del senso religioso e della rapporto dell’uomo con il creato. 

Don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, nel messaggio inviato all’Ambasciatore, ha scritto: “In un mondo sempre più incapace di incontro e di dialogo sincero, le nostre reciproche tradizioni sono sfidate a rendere attuale il messaggio millenario della fede”.

Il primo confronto è stato quello sul tema del senso religioso, quanto mai attuale in una società in cui la dimensione religiosa dell’uomo è sempre più affievolita o addirittura spenta.

Riguardo al senso religioso, “ci sono tre posizioni, tre categorie – ha dichiarato monsignor Camisasca – a partire da chi vuole ucciderlo. Sono pochi ma molto potenti, vogliono ucciderlo perché il senso religioso nell’uomo é una grande difesa della libertà, mentre essi vogliono farsi padroni degli uomini”.

“Ci sono coloro che vivono il senso religioso perché hanno trovato degli amici che li anno aiutati a riscoprirlo. E poi ci sono i più in cui si assopisce. Abbiamo cercato di delineare strade per gli uomini che vogliono essere veramente uomini”, ha aggiunto monsignor Camisasca.

Nella seconda parte della giornata dopo un saggio delle musiche e danze Gagaku, la cui tradizione è coltivata dal monaci Shingon, a tema il rapporto dell’uomo con la realtà, il creato e le domande che sorgono nell’impatto con esso.

Il professor Giorgio Amitrano, docente all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, ha portato come esempio lo scrittore giapponese Miyazawa Kenji, “figura che nella sua vita e nelle sue opere rivelò una spiccata propensione per l’incontro tra culture diverse”.

Dopo di lui è intervenuto il professor Costantino Esposito che ha evidenziato un punto di contatto tra il mondo cristiano e il mondo buddista: “Un contatto non prodotto da una mera comparazione culturale, ma da un’esperienza condivisa del cuore e della sensibilità affettiva della ragione. Questo punto d’incontro è costituito dalla bellezza, intesa non solo come un tema artistico o un valore estetico, ma come una delle più significative esperienze nel rapporto dell’uomo con la realtà”.

È seguito l’intervento del reverendo Eisho Yagi (Abate del Tempio Myōjōin), allievo di Habukawa, che ha raccontato la sua esperienza in Uganda e in Kenya insieme a missionari cattolici. Fu proprio Habukawa a mandarlo. Il suo è stato un racconto commosso della scoperta di uomini che non perdevano la dignità della vita seppure chiamati a situazioni difficili o quasi impossibili.

Quarto intervento quello del poeta e scrittore Franco Marcoaldi che ha proposto una relazione su Fosco Maraini e la rivelazione perenne. Un tema provocatorio perché è la risposta che Maraini, italiano che più di ogni altro ha sviscerato la questione, ha dato alla domanda riguardo all’autenticità di ogni rivelazione divina.

A tirare le somme don Ambrogio Pisoni, dell’Università Cattolica di Milano. “Il nostro è un viaggio – ha concluso – riguardo la grande questione dell’incontro tra Occidente e Oriente. Non esiste una ricetta, delle istruzioni per l’uso, come non ne esistono per risolvere i problemi della vita”.

“Risuona ancora oggi la frase che don Giussani disse a un sessantottino: “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”. Per questo dobbiamo essere fedeli a questa amicizia nata 24 anni fa”, ha concluso don Pisoni.

In definitiva, come ha detto monsignor Massimo Camisasca: “Abbiamo bisogno di incontrarci, di conoscerci, di convivere e di guardarci negli occhi”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione