Il vero fine dell'arte cristiana

Le sacre immagini indirizzano i sentimenti dei fedeli alla verità per mezzo della bellezza

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Dopo aver intrapreso, nel precedente articolo, una breve riflessione sul significato teoretico di un sistema d’arte cristiano, quindi realmente capace di porsi al servizio della Chiesa, ed aver anche delineato il senso di questa vocazione, ora è necessario comprendere meglio quali finalità si assume l’arte nell’assolvere un così importante servizio; quali compiti devono assolvere le immagini dipinte e/o scolpite, perché possano dirsi effettivamente compiute in tal senso; quali sono gli aspetti che devono tener presenti gli artisti nel momento in cui le progettano e le realizzano.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica offre delle importanti indicazioni nei paragrafi in cui descrive i Luoghi favorevoli alla preghiera: «la chiesa, casa di Dio, è il luogo proprio della preghiera liturgica per la comunità parrocchiale. […] per la preghiera personale, questo luogo può essere un “angolo di preghiera”, con la Sacra Scrittura e delle icone, per essere là, nel segreto davanti al nostro Padre»1; e poco più avanti, a proposito della meditazione: «la meditazione è soprattutto una ricerca. […] Abitualmente ci si aiuta con qualche libro, e ai cristiani non mancano: la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo, la sante icone, i testi liturgici, ecc.»2.

È interessante notare che le “icone”, ovvero le “immagini”, sono collocate esattamente nel cuore delle pratiche di fede: nella santa liturgia, ed anche come strumenti per la preghiera e per la meditazione. Da questo consegue che quando si dipinge una immagine sacra, non si deve ricercare l’inusitato o lo stravagante, perché questo risulterebbe inadeguato al fine di far pregare o far meditare i fedeli; è piuttosto necessario il contrario, ovvero un linguaggio corretto e iconologicamente sapiente, capace di offrire un senso in continuità con l’immenso patrimonio iconografico cristiano.

Il cardinale Gabriele Paleotti, nel suo famosissimo Discorso intorno alle immagini sacre e profane, da vero esperto di questioni d’arte, entra nello specifico delle finalità di una immagine sacra affermando che essa deve «indirizzare le persone alla pietà e rivolgerle a Dio» affinché queste «rendano il dovuto culto a Dio». In altre parole le sacre immagini muovono i sentimenti dei fedeli, ammaestrandoli nel bene, indirizzandoli alla verità per mezzo della bellezza.

Questo stesso identico discorso è presente anche nella Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II, in cui, a proposito delle immagini sacre e del loro fine, si afferma: «Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina, che deve in qualche modo essere espressa dalle opere dell’uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all’incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio»3.

Lo scopo delle immagini è, dunque, chiaro: esse devono assolvere ad un dovere che è appunto quel prezioso compito che la vera arte cristiana ha sempre svolto e ancora svolge nel segno dell’umiltà.

Il cardinal Paleotti entra ancor più in profondità, indicando con esattezza i mezzi a disposizione del pittore in modo tale da giungere con certezza al fine indicato, affermando: «Quello che abbiamo definito il dovere del pittore, ossia il mezzo per raggiungere lo scopo sopra detto, pensiamo che si possa comprendere meglio facendo un paragone con gli scrittori i quali, per il loro dovere di artisti, devono dilettare, insegnare e commuovere. Allo stesso modo il dovere del pittore sarà quello di usare gli stessi mezzi nella sua opera […] procurare diletto, insegnare e muovere gli affetti di chi la guarderà»4.

Il “procurare diletto, insegnare e muovere gli affetti” significa produrre godimento intellettuale attraverso la bellezza proporzionata delle forme dipinte, educare attraverso queste al bene e alla vera fede, ed in fine muovere gli animi, spronarli verso le cose sante, ovvero la carità verso gli uomini e verso Dio.

A partire dalle definizioni generiche e dalle direttive generali delle azioni da intraprendere, consegue un discorso più specifico, che deve entrare nella dinamica delle cose che afferiscono direttamente alla disciplina artistica, per delineare in modo adeguato il senso di uno statuto artistico.

Gabriele Paleotti prosegue in questa direzione, spiegando come e perché la pittura debba essere verosimigliante e figurativa, introducendo una motivazione che si impone come assolutamente innovativa nel quadro teoretico nostro contemporaneo, sebbene sia stata affermata quattro secoli or sono (e questo rende la scoperta ancora più entusiasmante): «fatta la debita proporzione, che un dipinto sembra corrispondere esattamente alle cose che solitamente vediamo, così come la lettura corrisponde alle cose che udiamo raccontare, ed è per questo motivo che i greci l’hanno definita zographia, cioè “scrittura viva”, come sostengono certi autori (Beda, De templo Salomonis, 19,8)»5.

La similitudine afferma che la pittura pone la medesima dinamica psicologica e spirituale che avviene nella lettura: il raccontare ci presenta le cose vive negli occhi della mente, perché è in grado di descriverle permettendoci di riconoscerle come vere. Così accade alla pittura, che però rovescia la dinamica del percorso conoscitivo, giacché nella pittura riconoscendo le cose “che solitamente vediamo”, da queste poi conosciamo ciò che non abbiamo mai potuto vedere, perché avvenuto in altro tempo e in altro luogo. La pittura diviene zographia, cioè “scrittura viva” quindi capace di dire il vero, attraverso i mezzi che le sono propri, ovvero la verosimiglianza, che rende il racconto vivo e capace di in grado di «procurare diletto, insegnare e muovere gli affetti di chi la guarderà».

*

NOTE

1 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2691.

2 Ibid., n. 2705.

3 Concilio Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 122.

4 Gabriele Paleotti, Discorso intorno alle immagini sacre e profane [1582], Libreria Editrice Vaticana, Roma 2002, pag.70.

5 Ibid, pag. 78.

* Rodolfo Papa è storico dell’arte, docente di storia delle teorie estetiche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, Roma; presidente della Accademia Urbana delle Arti. Pittore, membro ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Autore di cicli pittorici di arte sacra in diverse basiliche e cattedrali. Si interessa di questioni iconologiche relative all’arte rinascimentale e barocca, su cui ha scritto monografie e saggi; specialista di Leonardo e Caravaggio, collabora con numerose riviste; tiene dal 2000 una rubrica settimanale di storia dell’arte cristiana alla Radio Vaticana.

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Rodolfo Papa

Rodolfo Papa è presidente dell'Accademia Urbana delle Arti / Sito internet: www.rodolfopapa.it ; Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .

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