"I musulmani siano più coraggiosi nel rifiutare le violenze dei jihadisti"

Il patriarca caldeo Sako ricorda che l’Isis non rappresenta la religione di Maometto e chiede di uscire per le strade e testimoniare qual sia il vero islam

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Un “fronte comune” dell’intero popolo iracheno, sia cristiani che musulmani, per vincere la brutale violenza del sedicente Stato Islamico. È quanto chiede il patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako. Il presule, dopo aver partecipato nelle scorse settimane ai lavori del Sinodo sulla famiglia e al Concistoro dedicato ai cristiani del Medio oriente, si trova in questi giorni a Milano per un convegno.

Incontrato dall’agenzia Asia News, il patriarca ricorda che l’Isis non rappresenta la religione di Maometto e “che al Nusra e al Qaeda non rappresentano” il mondo musulmano: “A più riprese ho chiesto di uscire per le strade e testimoniare qual è il vero islam. Noi ci crediamo, ma bisogna dirlo in modo aperto”.

Il patriarca caldeo ripone fiducia, quindi, nel mondo musulmano e nei leader religiosi che respingono le violenze dei terroristi; tuttavia, aggiunge, “questa mancanza di coraggio” nello sconfessare attacchi, barbarie e brutalità dei jihadisti non aiuta. Serve infatti un netto “rifiuto pubblico” delle violenze perpetrate verso “innocenti, colpiti solo perché professano un’altra religione”.

Inoltre, mar Sako rimarca la necessità di una testimonianza concreta di vicinanza, morale e spirituale, perché anche di questo la gente ha bisogno: “Siamo stati a lungo una Chiesa isolata – afferma – quindi ora servirebbero visite, esempi di vita comune. Gruppi di giovani, suore, laici, sacerdoti dell’Occidente in visita alle famiglie cristiane dell’Iraq, andare nelle case e fra le persone, questo può aiutare quanto e più del denaro”.

In vista dell’Avvento e del Natale, il presule chiede di incontrare i profughi iracheni per “portare un panettone in ciascuna famiglia”, quale “segno concreto di vicinanza e di solidarietà” fra queste persone che vivono ancora oggi paura, disillusione, sfiducia per una guerra che potrebbe durare probabilmente anni. Almeno stando agli annunci del governo statunitense.

Tuttavia, avverte Sako, “con i soli bombardamenti aerei non si sconfigge lo Stato islamico, ma si causano altre vittime innocenti”. Per questo molte famiglie decidono di fuggire; inoltre “l’atteggiamento di alcuni sacerdoti, che fomentano questo fenomeno, non aiuta ma va condannato”.

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ZENIT Staff

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