Gerusalemme: chiusa la moschea di al-Aqsa

La decisione delle autorità israeliane è seguita al ferimento di un rabbino estremista e alla conseguente uccisione, da parte della polizia, del suo presunto attentatore

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Alta tensione a Gerusalemme. Tutto è iniziato ieri, quando un proiettile sparato da una pistola ha ferito un militante israelo-americano di estrema destra, il rabbino Yehuda Glick, nel corso di una conferenza sulla riedificazione di un antico tempio ebraico presso la moschea di al-Aqsa. La situazione è poi degenerata stamattina all’alba, dopo l’annuncio dell’uccisione da parte delle forze di polizia israeliane di un trentaduenne palestinese, sospettato di essere l’attentatore del rabbino.

Con un comunicato della polizia diffuso dal portavoce Luba Samri, è stata successivamente decretata la chiusura “fino a nuovo ordine “ del luogo sacro di al-Aqsa, “a tutti i visitatori e in modo eccezionale anche ai musulmani venuti per pregare a causa delle attuali tensioni” in città.

Secondo quanto affermato dal ministro palestinese per i Beni religiosi, Shaykh Yusuf Deis, è la prima volta, dalla Guerra dei sei giorni del 1967, che al-Aqsa viene completamente chiusa all’accesso dei fedeli musulmani, finanche al muezzin preposto al richiamo della preghiera.

Una scelta che non fa che incrementare il malcontento palestinese, dopo che nella settimana scorsa il governo israeliano aveva dato il via libera alla costruzione di mille nuove abitazioni di coloni a Gerusalemme est.  “Questa pericolosa escalation israeliana è una dichiarazione di guerra al popolo palestinese, ai suoi luoghi sacri e alla nazione araba e islamica”, ha detto Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Anp, Abu Mazen.

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ZENIT Staff

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