Custodia in Terra Santa, luogo d’incontro fra Oriente e Occidente

Intervista a Padre Pierbattista Pizzaballa

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ROMA, domenica, 16 maggio 2004 (ZENIT.org).- Il nuovo custode di Terra Santa sottolinea “nel gesto profetico del dialogo” il futuro per questa regione mediorientale martoriata dai conflitti e parla di “stanchezza psicologica e spirituale” nelle comunità cristiane che vi abitano.

Pubblichiamo per intero l’intervista a Padre Pierbattista Pizzaballa, subentrato di recente a padre Giovanni Battistelli nella guida della Custodia di Terra Santa, inviata a ZENIT dall’ufficio stampa dell’Ordine dei Frati Minori :

Cosa è per te la Custodia di Terra Santa?

Padre Pizzaballa: La Custodia è una presenza radicata in Medio Oriente, quella che noi cristiani chiamiamo Terra Santa. È una presenza ponte, un incontro (a volte scontro) tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Credo, inoltre, che non vi sia un luogo al mondo come Gerusalemme dove tutte le confessioni religiose cristiane sono presenti.

Al di là delle evidenti difficoltà di relazione, la Terra Santa ha un fascino che è unico nel suo genere, a tal punto che lo stesso Paolo VI l’ha definita “Il quinto Vangelo”. Qui noi francescani siamo una presenza storica e lungo i secoli abbiamo imparato molto anche a dialogare con gli altri cristiani.

A livello interreligioso siamo una piccola realtà rispetto alle due grandi presenze: ebraica e islamica, ma è bello vedere come pur non facendo parte di queste culture, assumiamo alcuni aspetti delle loro tradizioni e riusciamo a comunicare qualche cosa della nostra. In questo senso qui ci troviamo nel cuore della vita della Chiesa e del mondo.

Nonostante i limiti dovuti alla scarsità di personale, alla difficoltà delle lingue parlate ecc., riusciamo sempre ad offrire accoglienza, a incontrare pellegrini e fedeli di ogni parte del mondo e a discutere con chi non la pensa come noi.

La Terra Santa è un luogo avvincente, che sfida continuamente e la sfida più grande di fronte a cui ci troviamo ora è quella di non limitarsi a subire le difficili situazioni in cui viviamo, ma riuscire a inserirsi in esse con un atteggiamento attivo e critico.

Quali sono le priorità che ti sei prefissato per il tuo mandato di Custode?

Padre Pizzaballa: La mia priorità è innanzitutto la Formazione. Proprio per il fatto di essere radicati in Terra Santa, da sempre facciamo parte del panorama, ma non possiamo correre il rischio di vivere di rendita: lo “status quo”, a volte, può diventare anche un modo di pensare. Credo sia necessario scuotere le nostre coscienze, nella formazione iniziale e permanente, perchè in Terra Santa le cose cambiano e, di conseguenza, anche noi siamo chiamati a cambiare, pur rimanendo nel solco della tradizione.

Secondo te cosa ostacola il cambiamento e il rinnovamento?

Padre Pizzaballa: Il primo ostacolo che individuo è la mancanza di personale, che del resto è un problema di buona parte dell’Ordine. Un altro è la divisione per gruppi linguistici. L’internazionalità nella Custodia è una ricchezza, che diventa un limite, quando i singoli gruppi tendono a rinchiudersi, mentre ciascuno dovrebbe proporsi come ricchezza per l’altro.

Bisogna poi considerare che la Terra Santa è una terra carica di passioni. La situazione ambientale obbliga in un certo senso a coinvolgersi nelle situazioni, ma questo comporta anche dei rischi, quando la passione diventa viscerale e ci si arrocca sulle proprie posizioni. Bisogna essere appassionati, ma non lasciarsi prendere dalle passioni, perchè questo toglie la libertà nei confronti degli altri.

Credo che conservare la libertà di amare tutti sia fondamentale oggi, soprattutto in Terra Santa. Noi Frati, sull’esempio di Francesco di Assisi, dobbiamo conservare l’amore per tutti come un atteggiamento profetico e per questo il nostro prossimo Capitolo avrà come tema “Profeti di riconciliazione e di pace”. Profeta è chi è solidale con tutti e vicino a tutti.

Cosa ti aspetti dall’Ordine dei Frati Minori?

Padre Pizzaballa: La Custodia è parte dell’Ordine dei Frati Minori: siamo un’unica famiglia. La Custodia da sola non può venire incontro a tutte le esigenze e alle difficoltà che ci sono in Medio Oriente; la Custodia ha bisogno dell’Ordine e, credo, che anche l’Ordine abbia bisogno della Custodia.

Se la Custodia intende rinnovarsi chiedendosi “cosa è” e “come vuole essere presente in Terra Santa”, non potrà trovare risposta senza un dialogo con l’Ordine. Abbiamo bisogno non solo di personale, ma anche di idee e di progetti in cui siano coinvolti i Frati di tutte le latitudini.

Cosa auspicheresti in particolare?

Padre Pizzaballa: Un coinvolgimento maggiore da parte delle Province. La Custodia è definita la “perla delle missioni”, ma resta un modo di dire. Molto spesso si parla di missioni senza considerare tra queste la presenza in Terra Santa. Anche nella formazione permanente, è urgente coinvolgere l’Ordine e le Province. Vogliamo essere in sintonia con il cammino dell’Ordine. Credo ci sia una possibilità, addirittura una necessità, di collaborare.

Il riconoscimento dello Studio Biblico della Flagellazione da parte della Chiesa, è la conferma di uno degli aspetti peculiari della presenza francescana in Terra Santa.

Padre Pizzaballa: Il ruolo dello Studio Biblico Francescano e degli altri Centri di Studio è indispensabile per la Custodia. Non si può prescindere dal contributo scientifico e formativo di questi Centri. Dovremo certamente confermare, potenziare e coordinare i nostri Centri di Studio perchè non ci sia dispersione di forze. Noi siamo una piccola presenza numerica in un ambito interreligioso ma, proprio per questo, dobbiamo dare un contributo soprattutto qualitativo.

Il riconoscimento che la Chiesa ha dato allo Studio Biblico Francescano conferma il nostro impegno in tal senso. Per questo sarà necessario continuare ad investire e a far convergere le nostre energie in questo campo.

Ritieni sia necessario un atteggiamento differente nei rapporti con le autorità civili?

Padre Pizzaballa: Dobbiamo recuperare la libertà nei confronti di tutti. C’è la tendenza, sia da parte delle autorità locali sia di quelle internazionali a strumentalizzare la nostra presenza. C’è il rischio che certi eventi vengano usati e strumentalizzati. Penso sia molto importante per noi mantenere un linguaggio non politico e un atteggiamento libero, che rimanga fuori dagli schemi della politica.

Dovremmo cominciare ad usare un linguaggio e ad avere un atteggiamento profetico. Questo non significa disinteressarsi di quanto accade intorno a noi, ma conservare la nostra autonomia e libertà nei confronti di tutti senza pregiudizi per nessuno.

Due peculiarità della presenza francescana in Terra Santa sono state l’attenzione ai pellegrini e ai cristiani residenti. Una delle azioni concrete che la Custodia ha operato è stata la costruzione delle abitazioni per i cristiani. Ritieni utile continuare questo tipo di attività?

Padre Pizzaballa: Il problema delle case per i cristiani di Terra Santa è molto serio. Bisogna però fare attenzione a non trasformarci in un ministero delle infrastrutture. Per quante case si possa costruire non si riuscirà mai a risolvere il problema della sopravvivenza dei cristiani. In questa prospettiva siamo chiamati a dare il nostro contributo concreto.

La costruzione delle case è finalizzato ad evitare l’emigrazione: sono molti i cristiani che vanno via dalla Terra santa…

Padre Pizzaballa: Nei Territori l’emigrazione è un problema veramente drammatico, mentre per i cristiani che vivono in Israele ci sono problemi di tipo diverso, tanto è vero che la Custodia per loro, per esempio, non costruisce case.

Va poi tenuto presente che i poveri non andranno mai via, ri
marranno sempre con noi, perchè non hanno il denaro necessario per emigrare. Un problema grave è invece la diminuzione di una presenza cristiana qualificata perchè chi ha possibilità economiche e una buona formazione preferisce emigrare, perchè non vede prospettive per il futuro.

Nei Territori Palestinesi questo problema esiste, ed è dovuto soprattutto alla situazione politica e alla mancanza di prospettive economiche. In questo caso costruire edifici è importante, ma la Custodia non può limitarsi a questo. Noi Frati dobbiamo essere più solidali, meno assistenzialisti e più presenti. La gente non ha solo bisogno di soldi, chiede speranza, vuole essere aiutata a credere nel futuro.

Cosa pensi del muro di separazione?

Padre Pizzaballa: Comprendo la paura e l’angoscia di Israele. Sono certo che il muro non è la risposta. Israele vuole difendersi dagli attacchi terroristici, ma la realtà del muro divide il villaggio dalle terre, la scuola dai bambini, l’ospedale dai malati; tutto ciò è difficilmente comprensibile. La storia, inoltre, insegna che tutti i muri prima o poi cadono. È una risposta di paura che non ha prospettive nel tempo, perchè la forza delle idee e la forza della vita superano qualsiasi barriera.

Hai vissuto da vicino la realtà delle comunità cristiane sia di origine ebraica, sia di origine palestinese. Come affrontano questa situazione drammatica?

Padre Pizzaballa: Quello che ho notato nelle comunità cristiane è che c’è tanta stanchezza psicologica e spirituale. I cristiani non sono un popolo a sé, perchè essere cristiano non vuol dire appartenere ad una entità nazionale e la fede non si identifica con una identità nazionale. I cristiani stanno dall’una e dall’altra parte e ciascuno si identifica col proprio popolo d’appartenenza. I cristiani palestinesi sono solidali con i palestinesi, mentre i cristiani d’origine ebraica sono solidali con gli israeliani, anche se, chiaramente, molto spesso non condividono le scelte dei propri governanti.

Quali sono le prospettive per il futuro della Custodia, anche in relazione all’attuale situazione in cui è inserita?

Padre Pizzaballa: Il punto di partenza della presenza francescana in Medio Oriente è l’incontro di S. Francesco con il Sultano Melek el Kamil. In quel contesto di guerra, nel corso delle Crociate, Francesco di Assisi ha scavalcato le trincee per andare a parlare, a dialogare con il Sultano che era considerato il nemico per eccellenza, l’infedele.

Il futuro è nel gesto profetico del dialogo. Esso va attualizzato e vissuto prima di tutto nei rapporti tra noi Frati che proveniamo da diversi paesi e da diverse culture e poi nei rapporti con gli uomini e le donne che vivono in Terra Santa.

Bisogna ripartire dalle origini, dalle motivazioni per cui Francesco di Assisi ha desiderato intraprendere il suo viaggio per rifare l’esperienza di Gesù Cristo, per vedere con i propri occhi i luoghi terreni dove il Figlio di Dio è nato, vissuto, morto e risorto per la salvezza dell’uomo.

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ZENIT Staff

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