Consacrati a Dio e ai giovani

Un invito salesiano a pregare la Parola di Dio

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, sabato, 24 novembre 2012 (ZENIT.org) – Negli n. 413 degli Atti del Consiglio Generale della Congregazione Salesiana in preparazione al Capitolo Generale che avrà luogo nel 2014 sono inserite proposte di riflessione personale e comunitaria che consentono ai salesiani di tutto il mondo di riscoprire il carisma specifico di Don Bosco, del quale nel 2015 ricorre il bicentenario della nascita. In vista di ciò il teologo australiano Francis J. Moloney ha preparato una pista di notevole approfondimento nella prospettiva specifica della vocazione salesiana a servizio dei giovani ai quali ritiene che si possa e si debba «offrire la possibilità di incontrare il Signore Gesù attraverso un’educazione che si ispiri al vangelo e che li aiuti ad aprire “la porta della fede” in modo da impegnarsi insieme nella missione “con operosità instancabile, curando di fare bene ogni cosa con semplicità e misura” (Cost. 18), sull’esempio del Signore Gesù che “come il Padre opera sempre” e a imitazione di Don Bosco che si è speso “fino all’ultimo respiro”».

Nella prospettiva della missione che identifica i salesiani nella Chiesa come consacrati a Dio e ai giovani Francis J. Moloney offre due spunti per una preghiera in cui si contempla che, primo, il servizio ai giovani è innanzitutto, servizio a Cristo e che, secondo, il ministero apostolico è un servizio senza misura.

«Il racconto della prima moltiplicazione dei pani ricorda che Gesù sazia la folla preso dalla sua compassione e senza badare tanto all’indisponibilità dei suoi discepoli. Solo quando mettono a sua disposizione quel poco che hanno, Gesù fa il prodigio, consapevole che la scarsità di alimento non è scusa per far mangiare una moltitudine. Per servire la gente i discepoli devono imparare a consegnare tutto, anche se ben poco, a Gesù perché Lui si consegni, tutto, agli altri».

Il ministero apostolico richiede totale consegna di sé, come Paolo confida agli inquieti cristiani di Corinto. E per consegnarsi totalmente, l’apostolo deve essere totalmente libero. Per salvare la gratuità del messaggio, il messaggero deve saper rinunciare ai propri diritti, anche ai più nobili e irrinunciabili. Il suo onore e il suo salario risiedono nel poter lavorare per il vangelo: essere apostolo è compito e ricompensa, affidamento e premio. Predicare non è qualcosa di elettivo, è una necessità di cui non ci si può liberare. Legato irremissibilmente al vangelo, dovrà offrirlo a prescindere dalla sua persona, purché possa guadagnare qualcuno per Cristo.

Riconoscendo che il tema del servizio ai giovani, centrale per la vocazione salesiana, è stato individuato dal Rettor Maggiore come uno dei nuclei tematici per il prossimo Capitolo Generale, Moloney propone un’attenta Lectio salesiana di Marco 6:30-44 grazie alla quale il credente è invitato a riconoscere che la “missione” di servizio ha le sue origini in Dio mediante suo Figlio Gesù Cristo che, descrivendo la riluttanza iniziale dei discepoli a dare cibo alla folla, li mette in grado di farlo, usando la loro povertà per sfamare una grande moltitudine.

La conseguenza è un forte entusiasmo della folla che contrasta con l’incomprensione dei discepoli. Ed è interessante il richiamo che spesso, come capita ai discepoli, anche ai salesiani succede che non riconoscono il miracolo di essere così vicini al Signore, si sentono annoiati e, semplicemente facendo ciò che devono fare, sono inconsapevoli della grande ricchezza che possiedono e che devono condividere con altri.

Avvalendosi della forte e chiara missione è quanto mai urgente riconoscere che vi è un bisogno urgente di sfamare la gente e favorirne il viaggio inquieto verso il futuro in Dio. E con estrema chiarezza Moloney ripropone a ogni singolo salesiano che «questa riflessione sulla Parola di Dio porta più profondamente dentro il mistero del Buon Pastore che chiama ad essere un buon pastore dei giovani, dando senza badare alle spese – un po’ come Giovanni Battista -a coloro che hanno più bisogno di lui e vivendo la natura eucaristica della vocazione salesiana con coraggio e convinzione».    

Significativo è anche nella pista di riflessione di Francis Moloney il riferimento all’Apostolo Paolo che nella Prima Lettera ai Corinzi (9, 1-27) sollecita a partecipare al suo ardore di autentico discepolo di Gesù, lanciando una sfida che non è una strada di privilegio ma pone in evidenza l’impegno di spendere la propria vita nell’essere e farsi tutto a tutti senza un limite al dono di sé.

Come conseguenza di ciò «l’ardore di Paolo è un indizio che non tutti hanno una simpatia per lui. Ci sono quelli che pongono interrogative sul suo ruolo tra loro mentre egli si sente profondamente ferito perché alcuni dubitano di lui. In queste domande feroci si scorge un uomo appassionato che si preoccupa della sua missione nel nome di Gesù Cristo e della comunità cristiana. Solamente in questo modo qualcuno può diventare tutto a tutti». E effettuando un collegamento alla vocazione del salesiano sottolinea che «deve essere appassionatamente fiero di essere stato scelto come un apostolo per i giovani; deve vivere la sua vocazione pubblicamente, essere infaticabile nel suo impegno a favore dei giovani, sentirsi ferito quando la sua dedizione viene impugnata da altri, o quando viene tradito dai suoi».

Spinta da una passione ardente di diffondere il Vangelo di Cristo per Moloney la vita di Paolo «dimostra che egli vive il Vangelo che predica e i salesiani si uniscono a lui in questo impegno appassionato di vivere il Vangelo senza compromessi, partecipando più strettamente al mistero della sua Pasqua, al suo annientamento e alla sua vita nello Spirito». La conseguenza è un modo efficace di proclamare il Vangelo “gratuitamente”, ricavandone nessun beneficio ma formando coloro ai quali si è inviati affinché diventino “il sigillo dell’apostolato” e in maniera specifica, secondo la classica espressione di Don Bosco, “buoni cristiani e onesti cittadini”.

E avviandosi alla conclusione della proposta di riflessione Francis Moloney propone ai salesiani alcuni interessanti spunti per un’applicazione alla vita e alla preghiera: «Senti in te l’ardore di Paolo mentre partecipi al tuo carisma cristiano e salesiano? Comprendi e condividi l’impegno infaticabile di Don Bosco a quel carisma? Rifletti sulla tua pratica di obbedienza, sulla tua povertà e sulla tua castità liberamente abbracciate come un segno controculturale nella tua vita? Chiedi al Signore di darti generosità ed entusiasmo per compiere qualsiasi compito per chiunque purché sia per i giovani e nel servizio del Vangelo? Consideri i giovani a cui ti sei dato incondizionatamente come salesiano oppure giudichi il tuo successo secondo criteri che hanno niente da fare con i giovani a cui sei inviato?».

E rinnovando la classica espressione di Don Bosco di ottenere la corona imperitura di giovani che sono “buoni cristiani e onesti cittadini” invita a «chiedere al Signore la forza di superare la paura e il dubbio che senti quando sei confrontato dal tuo insuccesso, dalla critica e dai fallimenti altrui».

Ciò vuol dire essere coraggioso e onesto, correre a volte senza meta o fare il pugilato come qualcuno che batte l’aria, riconoscendo gli aspetti della propria vita salesiana che non portano frutto e che spesso fanno sprecare una vita che è stata incondizionatamente e totalmente consegnata al Signore nella Congregazione salesiana per servire i giovani, specialmente i più bisognosi.

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ZENIT Staff

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