Bergoglio e De Lubac

Il testo del cardinale Henri De Lubac nelle sue “Meditazioni sulla Chiesa” citato dal futuro Papa Francesco durante il suo intervento alle Congregazioni generali

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Il 9 marzo 2013, il cardinal Jorge Mario Bergoglio, nella penultima delle Congregazioni generali dei cardinali, fece un intervento. Il cardinale dell’Avana Jaime Lucas Ortega y Alamino, avendo chiesto all’allora arcivescovo di Buenos Aires il testo, ebbe anche il permesso di renderlo pubblico. In tale scritto diviso in quattro punti, il futuro papa Francesco, nel terzo menzionò «quel male così grave che è la mondanità spirituale» che è «secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa».

Il testo, a cui rinvia il cardinale prossimo a essere eletto Papa, è presente nella conclusione di Henri De Lubac, Meditazioni sulla Chiesa, Milano 1955, p. 446-447, riportato qui sotto nella sua integralità:

***

“Mentre in Maria questa umile ed alta perfezione brilla di purissimo splendore, in noi, che siamo ancora appena sfiorati da questo Spirito, essa stenta ad emergere. La Chiesa, materna, non ha mai finito di generarci alla vita dello Spirito.

Ma il pericolo più grande per la Chiesa – per noi, che siamo Chiesa – la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorché tutte le altre sono vinte, alimentata anzi da queste vittorie, è quella che Dom Vonier chiamava «mondanità spirituale». Con questo noi intendiamo, diceva, «un atteggiamento che si presenta praticamente come un distacco dall’altra mondanità, ma il cui ideale morale, nonché spirituale, non è la gloria del Signore, ma l’uomo e la sua perfezione. Un atteggiamento radicalmente antropocentrico; ecco la mondanità dello spirito. Essa diverrebbe imperdonabile nel caso – supponiamolo possibile – di un uomo che sia dotato di tutte le perfezioni spirituali, ma che non le riferisca a Dio».

Se questa mondanità spirituale dovesse invadere la Chiesa e lavorare per corromperla attaccandosi al suo principio stesso, sarebbe infinitamente più disastrosa di ogni mondanità semplicemente morale. Peggio ancora di quella lebbra che, in certi momenti della storia, sfigurò così crudelmente la Sposa diletta, quando la religione pareva introdurre lo scandalo nel «santuario stesso e, rappresentata da un papa libertino, nascondeva sotto pietre preziose, sotto belletti ed orpelli, il volto di Gesù».

Nessuno di noi è totalmente sicuro da questo male. Un umanesimo sottile, avversario di Dio Vivente, e, segretamente, non meno nemico dell’uomo, può insinuarsi in noi attraverso mille vie tortuose. La curvitas originale non è mai in noi definitivamente raddrizzata. Il «peccato contro lo Spirito» è sempre possibile. Ma nessuno di noi si identifica con la Chiesa. Nessun nostro tradimento può consegnare al Nemico la Città che il Signore stesso custodisce”. 

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ZENIT Staff

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