ROMA, giovedì, 22 marzo 2007 (ZENIT.org).- “Cristologia filosofica in Xavier Tilliette. Fede e sapere in dialogo” (Trauben Editore, Biblioteca di Filosofia del “Centro Pareyson”, Torino 2007, pp. 224) è la prima monografia non solo in Italia sul filosofo e gesuita francese, Xavier Tilliette (Corbie, 1921), ed è stata scritta da Simone Stancampiano, Dottore di Ricerca in “Filosofia e Teoria delle Scienze Umane” presso l’Università degli Studi “Roma Tre”.
Questo volume, con la Prefazione di Xavier Tilliette, è uno studio meticoloso sui lavori degli ultimi trent’anni del gesuita francese circa la sua cristologia filosofica, che parte dal Convegno di Gallarate del 1975 per arrivare fino quasi ai giorni nostri.
Le fonti primarie ricercate, quelle a nome del filosofo francese, comprendono monografie, atti ed estratti, rassegne e articoli, raccolte, voci lessicali, e sono studiate analiticamente dall’autore e “concettualizzate” tra l’enorme produzione scientifica “tilliettiana”.
Il pensiero di Tilliette che esce fuori da queste pagine si muove tra l’idealismo classico tedesco, la filosofia cristiana e alcune figure dello spiritualismo francese contemporaneo. Il volume descrive altresì i diversi “approcci” con cui Cristo entra nella filosofia secondo il gesuita. Approcci che diventeranno vie metodologiche di una nuova, “insolita ed enigmatica” disciplina, la “cristologia filosofica”, che Tilliette stesso ha tentato di ambientare nel campo delle scienze filosofiche. La monografia si chiude con una bozza di lavoro sulla “fenomenologia” del Cristo.
Simone Stancampiano è anche tra gli autori della nuova “Festschrift” in onore di Tilliette recentemente pubblicata, “Vernunft und Glauben, Ein philosophischer Dialog der Moderne mit dem Christentum, Père Xavier Tilliette SJ zum 85. Geburtstag” (Akademie Verlag, Berlino 2006), ed ha approfondito con diversi saggi su riviste specializzate (“Studium”, “Filosofia e teologia”, “Giornale di filosofia”) il dibattito contemporaneo su fede e sapere.
Di seguito riportiamo una intervista a ZENIT rilasciata da Simone Stancampiano.
Mi può delineare i fondamenti della cristologia filosofica di Tilliette, e in cosa questa differisce dalla filosofia cristiana?
Stancampiano: Xavier Tilliette arriva alla cristologia filosofica per via apologetica. Come gran parte dei pensatori cattolici di Francia della prima metà del ’900 ha affrontato da giovanissimo la spinosa questione della “filosofia cristiana”, cercando di dimostrare che tra il cristianesimo e il pensiero moderno non si trovava quella antitesi che invece la vecchia scolastica neo-tomista aveva consacrato. Allora si lavorava per blocchi monolitici per cui da una parte il pensiero francese, dall’altra la neo-scolastica: in gioco era la legittimità – era ancora viva la eco del famoso dibattito degli anni Trenta, proprio in Francia – della stessa “filosofia cristiana”, che appariva una contraddizione in termini per i fautori delle discipline separate.
C’è di più: molti anni dopo, nel noto Convegno di Gallarate del 1975 tra professori universitari dal tema “Il Cristo dei filosofi”, il nostro gesuita presenta per la prima volta in Italia, trovando il parere contrastante di Cornelio Fabro, il progetto di una “cristologia filosofica”, di cui da tempo coltivava l’idea, ma che lo studio monografico e monumentale su Schelling non gli aveva permesso fino a quel momento di sviluppare.
Tilliette, che pur afferma da sempre che la cristologia filosofica nasce nel grembo della filosofia cristiana (moderna e contemporanea) – che ha osato togliere la “tunica inconsutile del Cristo velato” e rivelarlo come “Universo” (Fr.Schlegel, Teilahard de Chardin, Claudel), come “Homme Mesure” (Blondel, Pascal), “Nuovo Adamo” (Rousselot), “Emmanuel” –, puntualizza che la cristologia filosofica va “oltre” la filosofia cristiana e se ne differenzia. La filosofia cristiana si rifà al cristianesimo come articolazione di pensieri e proposizioni. La cristologia filosofica è invece l’incontro con una Persona, il Cristo. E’ diverso il punto di partenza.
Credo però che proprio in questa differenza ci sia un punto di incontro. Quando la cristologia filosofica di Tilliette studia l’aspetto “fenomenologico” del Cristo, ossia le Sue categorie umane che hanno una rilevanza filosofica come la soggettività, il tempo, la corporeità, la sofferenza, la morte, il destino, chi meglio delle filosofie cristiane del pensiero moderno e contemporaneo ha saputo cogliere l’“origine” delle tante rappresentazioni del Cristo (non solo nella filosofia, ma anche nella letteratura e nelle opere d’arte), la sorgente di senso intatta e non ancora declinata nella “Persona” del Cristo? Mutuando una bella immagine da Tilliette diciamo che queste filosofie sono allora le “disiecta membra” di una rivelazione originaria il cui impatto si è concentrato in Gesù Cristo, come ad esempio in Antonio Rosmini.
Certamente l’Idea Christi – guida trascendentale nell’uomo, a-priori della ragione, fuoco portante della cristologia filosofica – si è poi necessariamente schematizzata, il Cristo ha subìto delle “metamorfosi” nella secolarizzazione culturale. Ma questo è un altro passaggio. Qui mi preme invece sottolineare che per Tilliette anche il filosofo “tout court” può iscriversi alla scuola austera del cristianesimo se è vero che può “studiare” Cristo, i Suoi “vissuti” secondo categorie filosofiche. Quantomeno il filosofo non credente si può occupare di cristologia filosofica! Poiché la richiesta di questa nuova disciplina non viene dalla cristologia, ma spetta alla filosofia e al filosofo.
Vi è una certa corrente secondo cui l’autonomia della filosofia e la laicità della filosofia universitaria devono comportare una necessaria chiusura di fronte alla fede e quindi alla teologia. Lei che ne pensa, anche alla luce delle riflessioni del gesuita francese?
Stancampiano: Questa domanda mi permette di spiegare meglio in che senso la cristologia filosofica “tilliettiana” vada “oltre” la filosofia cristiana. In un passo dei suoi lavori Tilliette afferma che «la cristologia filosofica può sussistere, pur paradossalmente, fuori dall’ambito natio della filosofia cristiana. Una cristologia, se è veramente filosofica, presenta le sue credenziali alla filosofia e non ha bisogno di un certificato di battesimo. Deve poter svilupparsi al di qua o al margine di un contesto confessionale. L’espressione stessa, svincolata dai legami dogmatici, acquisisce una rilevanza profana che non si può trascurare. Poiché c’è una specie di armonia prestabilita tra Cristo e la filosofia, aggrappata all’Idea Christi».
Il suggerimento di Tilliette mi sembra prezioso per l’autonomia e la laicità della filosofia. Cristologia filosofica non significa condurre i non-credenti alla soglia della fede cristiana, né – credo onestamente – la si può declinare sul piano pastorale. Rimane invece nella ricerca specialistica accademica, anche delle Università di Stato, da cui io stesso provengo. Se poi la questione è se è possibile un dialogo fecondo tra fede e sapere, filosofia e teologia nel dibattito attuale, la cristologia filosofica di Tilliette ne è un felice esempio e una risposta affermativa.
Detto in altri termini, mi sembra che l’autonomia della cristologia filosofica di fronte alla filosofia cristiana “preservi” la laicità stessa della filosofia. Non c’è “metabasi” tra l’una e l’altra disciplina: la teologia non si nutre di filosofia e la filosofia non si indebita con la teologia. Ma l’acquisto è enorme! La Cristologia filosofica è una ricerca storica sul Cristo (attraverso una via indiretta o empirica che studia la dottrina, il messaggio, il ruolo di Gesù nella storia) e speculativa
(propria dei sistemi dell’idealismo tedesco, una strada più diretta delineata dall’Idea Christi, guida trascendentale che deve pur confrontarsi con il Gesù della storia, la Sua apparizione terrena), senza dimenticare l’aspetto “fenomenologico” e “antropologico”, la Persona del Cristo. Una ricerca che può compiere – per Tilliette – sia il filosofo credente che non credente, in nome di quella “gemmazione” originaria, di quella “co-appartenza” del Cristo-Logos con la filosofia.
In che senso in Tilliette la cristologia filosofica intende declinare la credibilità della Rivelazione, mostrando la valenza filosofica dell’evento Cristo?
Stancampiano: Questa è la posizione del Prof. Lorizio della Pontificia Università Lateranense circa l’interesse della cristologia filosofica verso la teologia fondamentale contemporanea. Lorizio, argomentando Tilliette, riconosce una zona di frontiera, un terreno comune sul quale la filosofia credente e la teologia speculativa mescolano i loro sforzi, uno spazio che il teologo fondamentale è chiamato ad abitare per non limitarsi a considerare la Rivelazione solamente a livello dogmatico.
Sul piano storiografico la lettura che propone Tilliette è per Lorizio un modo per ripensare la modernità filosofica in una prospettiva che individui “tra le pieghe della secolarizzazione la valenza filosofica dell’evento Cristo, che si ripropone con rinnovata creatività nelle diverse figure del pensiero cristiano, che ogni epoca pone in atto”. Sul piano teoretico la filosofia cristiana (luogo comunque sempre privilegiato della cristologia filosofica) va intesa come “esercizio kenotico della ragione redenta” e dove le categorie dello svuotamento e dell’abbandono, proprie del Crocifisso, si intravedono – dice Lorizio – ad esempio in filigrana nel memoriale esordio delle “Lezioni di Erlangen” di Schelling, dove l’inizio del filosofare coincide con un atto di spogliazione radicale.
Secondo questa prospettiva, nel considerare la Rivelazione cristiana come evento sotto la lente filosofica, Tilliette appare molto vicino a von Balthasar e all’opera di quest’ultimo, il Gloria, il Nuovo Patto, dove si pone l’accento sull’importanza del martirio cristiano, sulla storicità, l’esistenza del Cristo, vissuto in un determinato tempo e spazio.
[Venerdì, la seconda parte dell’intervista: La ricerca filosofica nell’incontro con Cristo; Idea Christi, Gesù di Nazareth e rivelazione cristiana; le “metamorfosi” del Cristo nella filosofia moderna e contemporanea]