ROMA, venerdì, 9 marzo 2007 (ZENIT.org).- La solidarietà che sboccia da una vita sobria e generosa può salvare dall'ottusità della coscienza provocata dalla ricchezza, ha spiegato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, nel presiedere l'8 marzo nella Basilia di San Pietro una concelebrazione eucaristica.

Parlando ad un gruppo di pellegrini della Federpensionati della Coldiretti Lombarda, il porporato ha riflettuto sula parabola del mendicante di nome Lazzaro e del ricco epulone, in cui si mette in guardia dai rischi di chi cede alle “lusinghe del dio-denaro”.

“L'attaccamento tentacolare alla ricchezza, si sa, rende ottusa la coscienza - ha affermato il porporato -. Sotto il potere del dio-danaro si consumano drammatiche divisioni familiari, si calpestano gli affetti più cari, i valori più veri. Il primo a farne le spese è Dio”.

“Ma c'è un valore che può salvare la vita dei poveri e, insieme, quella dei ricchi: la solidarietà che sboccia da una vita sobria e genera una vita sobria”, ha spiegato.

“Una volta si accoglievano generosamente e incondizionatamente i poveri che bussavano alle nostre porte e si spezzava con loro il pane e il companatico”, ha ricordato.

“Questa tradizione era forte e consolidata soprattutto nel mondo contadino. Io, che vengo da una famiglia contadina, ricordo che la nostra mamma, la domenica, nonostante avesse già 14 bocche da sfamare, ci mandava dalla vicina Maria la Veneta, madre di ben 10 figli, a portare una bella confezione di cibo da condividere”, ha raccontato.

“La solidarietà nel cuore del cristiano ha sempre trovato mille rivoli nei quali esprimersi”, ha aggiunto richiamando i tanti esempi di fondatori di ordini religiosi tra il XVIII e il XIX secolo, che hanno dato vita ad ospedali, scuole, opere caritative.

Successivametne il porporato ha citato alcuni passi della Enciclica “Deus caritas est”I, dove Benedetto XVI esorta soprattutto i giovani a praticare questa forma di solidarietà nel volontariato.

"Tale impegno diffuso – scrive il Papa – costituisce per i giovani una scuola di vita che educa alla solidarietà e alla disponibilità a dare non semplicemente qualcosa, ma se stessi”.

“All'anti-cultura della morte, che si esprime per esempio nella droga, si contrappone così l'amore che non cerca se stesso, ma che, proprio nella disponibilità a 'perdere se stesso' per l'altro (cfr Lc 17, 33 e par.), si rivela come cultura della vita" (n. 30), sottolinea il Vescovo di Roma.