Che cosa facciamo per i poveri?

Riflessione dell’Arcivescovo di São Salvador da Bahia

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ROMA, domenica, 2 ottobre 2011 (ZENIT.org).- “Riusciamo a recuperare astronavi perse nello spazio, a ottenere progressi considerevoli nella ricerca sul cancro e a sviluppare tipi di sementi adatti alle condizioni climatiche di ogni regione, ma nuovi Lazzaro continuano a percorrere le nostre strade, tendendo la mano per sfamarsi con ciò che cade dalle nostre tavole”.

E’ la riflessione che compie monsignor Murilo S.R. Krieger, scj, Arcivescovo di São Salvador da Bahia (Brasile), sulla povertà, che malgrado i progressi in tanti settori non accenna a diminuire nella società contemporanea.

“Io non aiuto chi chiede l’elemosina”; “Ecco il risultato di una società basata sull’ingiustizia”; “Dove sono i soldi delle nostre tasse?”; “Perché il Governo non fa nulla per queste persone?”; “Mio Dio, che volto sofferente!”; “Che cosa posso fare?”. Queste e tante altre le nostre reazioni quando ci troviamo di fronte una persona che chiede un aiuto per vivere.

“Che cosa facciamo per i poveri?”, chiede monsignor Krieger in un articolo.

 “Ci sono state epoche dominate dalle opere assistenziali. Si trattava di ‘dare del pesce’ ai bisognosi, perché la fame esige risposte rapide”, spiega. “In seguito sono nate iniziative che miravano alla promozione umana; l’importante, si diceva, è ‘insegnare a pescare’, per evitare la dipendenza eterna”.

“Abbiamo tuttavia scoperto che questo non basta più”, commenta l’Arcivescovo. “Ciò che serve è un rinnovamento totale delle strutture della nostra società, perché il processo di impoverimento smetta di produrre nuovi bisognosi”.
 
Per monsignor Krieger, “sono molti i poveri e i bisognosi che ci circondano”. “Ci sono poveri nel campo economico: affamati, senzatetto o malati, disoccupati, senza mezzi per vivere dignitosamente. Ci sono poveri nel campo sociale: emarginati per innumerevoli ragioni, migranti, analfabeti. Ci sono poveri a livello fisico o morale: handicappati, alcolizzati, drogati, prostitute, persone psichicamente labili. Ci sono poveri d’amore: anziani disprezzati, bambini abbandonati, carcerati, famiglie distrutte. Ci sono poveri di valori autentici: schiavi del piacere, del denaro, del potere”.

“La mano che si stende verso di noi è un grido di allerta: qualcuno, in qualche luogo, ha bisogno del nostro aiuto materiale e del nostro tempo, della nostra dedizione e del nostro amore”.

“Possiamo tirarci indietro, rifugiandoci in scuse, o unirci a tutti coloro non rimangono indifferenti agli sguardi che attraversano il tempo e le distanze per chiedere un’elemosina”.

In questo contesto, il presule sottolinea l’importanza di partecipare a iniziative come quelle “a favore dei bambini poveri, delle donne in gravidanza abbandonate dai mariti, degli adolescenti che diventano molto presto motivo di preoccupazione o degli anziani senza famiglia e senza amore”.

“Interessarsi a queste iniziative o offrirsi come volontario potrà essere il primo passo per la scoperta di nuove risposte ai problemi sociali che ci si presentano come sfide”, commenta.

“Scopriremo allora che siamo ricchi di speranza perché qualcuno, un giorno, ha teso la mano verso di noi, ci ha rialzati e ci ha accolti come fratelli, dandoci dignità e ragioni per vivere”.

[Traduzione e adattamento dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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