Salvare Eluana è legge di civiltà

Presentato a Roma il libro “Eluana è tutti noi”

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di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 29 ottobre 2008 (ZENIT.org).- “Non è sufficiente il diritto positivo per decidere sul fine vita”, non basta “la libertà di autodeterminazione per autorizzare di metter fine ad una vita”, la civiltà si misura “sulla capacità di assistere i malati e di impegnarsi l’un per l’altro”, per questo ci opponiamo alla sentenza che vuole far morire Eluana.

Con queste parole Maria Luisa Di Pietro, Presidente dell’associazione Scienza & Vita, e Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita (MpV), hanno presentato a Roma, mercoledì 29 ottobre, nella sala stampa della Camera dei Deputati, il libro di cui sono coautori insieme a  Marina Casini : “Eluana è tutti noi. Perché una legge e perché no al testamento biologico” (Società Editrice Fiorentina).

Carlo Casini ha spiegato che “la difesa del fine vita è garantita dalle leggi” e che “l’ultima sentenza della Cassazione in merito al caso Eluana ha cambiato l’indirizzo giuridico che non è solo nella interpretazione delle leggi ma nell’applicazione pratica dei codici”.

Secondo il presidente del MpV  l’umano è caratterizzato “dalla sua capacità di amare” e “non c’è libertà senza vita”, cioè “la vita precede la libertà” e “la società civile deve assistere con amore e ragione anche coloro che potrebbero rifiutare le cure”.

“Nel caso Englaro – ha precisato Casini – non siamo di fronte al rifiuto delle cure, perché Eluana è gravemente impedita ma non è malata e non si può parlare di cure mediche quando si idrata e alimenta una persona”.

Circa l’opportunità di una legge che metta dei limiti a coloro che vorrebbero favorire forme di eutanasia passiva e testamento biologico, il Presidente del MpV ha ribadito che “l’alimentazione e l’idratazione non possono essere etichettate come cure mediche”; che il medico non deve essere vincolato in maniera strumentale alle volontà del paziente; e che eventuali dichiarazioni del paziente non possono essere utilizzate per mascherare forme di eutanasia.

Maria Luisa Di Pietro ha raccontato che il libro è il frutto di una ricerca condotta in maniera sistematica insieme a Marina e a Carlo Casini, nell’ambito della Università Cattolica del Sacro Cuore.

La Presidente di Scienza & Vita ha poi denunciato l’utilizzo improprio e strumentale  di molti termini quali libertà, salute, uguaglianza, dignità e coscienza per far accettare una cultura di morte.

La Di Pietro  ha quindi precisato, per esempio, che si cerca di indicare la dignità come “una condizione di fine vita. In realtà – ha affermato – la dignità è un presupposto. La vita infatti è degna a prescindere dalle condizioni della persona”.

Circa un eventuale testo legislativo Maria Luisa Di Pietro, che è anche membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, ha chiesto che “dovrebbe anche indicare, in positivo, quanta assistenza viene fatta ai malati in stato vegetativo o in fase terminale, quanti centri o hospice ci siano e quanti di essi accedano ai finanziamenti”.

Per casi come quelli di Eluana, ha spiegato la Presidente di Scienza & Vita, “si dovrebbe parlare di alimentazione e idratazione non artificiali, ma assistite”.

La Di Pietro ha concluso rilevando che il dibattito “non dovrebbe limitarsi alla questione del sì o no al testamento biologico” perché, tra l’altro, “il termine testamento biologico è utilizzato solo dai mezzi di comunicazione di massa, mentre è scomparso dai testi dei decreti legge presentati in Parlamento”.

“Il testamento biologico è scomparso nei termini e non nella sostanza – ha sottolineato la Presidente dei Scienza & Vita – sostituito con i termini di ’anticipazione di volontà’”.

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ZENIT Staff

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