ROMA, sabato, 23 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’articolo a firma di don Faustino Avagliano, Benedettino Archivista dell’abbazia di Montecassino, apparso su “L’Osservatore Romano”.
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«I fasti del monastero cassinese costituiscono, nella sua lunga storia ultramillenaria, una parte non piccola della Chiesa romana». Così Pio X nel 1913, nell’anno della consacrazione della rinnovata cripta di Montecassino, scriveva nel suo breve pontificio (Archicoenobium Casinense, 10 febbraio 1913), inviato all’abate di Montecassino Gregorio Diamare.
Nella distrutta basilica cassinese un bel dipinto dovuto al pennello di Paolo de Matteis attirava l’attenzione dei visitatori per la particolare iconografia che lo caratterizzava. Alcuni pellegrini in cammino verso Montecassino, per venerare e pregare sulla tomba di san Benedetto, incontrano sulla loro strada un ecclesiastico. Questi si unisce ai viandanti che gli chiedono chi fosse. «Sono l’apostolo Pietro — risponde — e vado a Montecassino per celebrarvi con Benedetto la mia festa, poiché non mi è possibile farla a Roma in questi giorni di agitazione». Il racconto illustrato nell’affresco è riportato in una delle cronache cassinesi medievali, e il testo citato è preso da una traduzione del Leccisotti.
Esso esprime molto bene il contributo che i figli di san Benedetto nel corso dei secoli hanno offerto alla causa della Sede Apostolica in uomini e mezzi. A cominciare da Montecassino, dal cui seno uscirono anche tre Pontefici. Federico di Lorena, abate di Montecassino (1057-1058) e l’abate Desiderio (1058-1087) salirono sulla cattedra di Pietro nel secolo XI: il primo con il nome di Stefano IX il 3 agosto 1057 (morirà il 29 marzo 1058) e il secondo, successore di Gregorio VII, prese il nome di Vittore III (eletto Papa il 24 maggio 1086, morì a Montecassino il 16 settembre 1087). Negli anni 1118-1119 il terzo monaco cassinese a salire sul trono di Pietro fu Gelasio ii di Gaeta, che è ricordato anche per aver introdotto, nella curia pontificia, nuovamente il cursus nella stesura dei documenti papali.
E in questi anni molti vescovi di diocesi non solo vicine, ma anche lontane come Alfano arcivescovo di Salerno, vengono scelti dalla comunità cassinese, che al tempo dell’abate Desiderio era particolarmente numerosa.
Attraverso scritti specifici, e soprattutto con testi agiografici richiesti dai vescovi vicini per favorire il culto dei santi patroni delle loro diocesi e chiese, Montecassino partecipò attivamente alla causa della riforma della Chiesa, quella che va sotto il nome di Riforma gregoriana. Molti codici con numerose vite di santi (la maggior parte composte nei secoli X-XII) si conservano ancora oggi nell’archivio di Montecassino.
Urbano II (1088-1099), successore di Vittore III e uscito anch’egli dalle file monastiche e precisamente dal monastero di Cluny, in un documento inviato a Montecassino, scrive: «La magnificenza della vostra benignità è venuta in aiuto alla Santa Romana Chiesa, ci spinge a essere molto inclinati al vostro luogo. Questo luogo infatti è stato e resta il sollievo dei poveri fuggiaschi, il rifugio degli stanchi, l’inestimabile quiete dei figli della Sede Apostolica» (Praeter generale).
E ancora Pasquale II (1099-1118), anch’egli monaco cluniacense, esprime molto bene questo clima di grande collaborazione tra il monastero cassinese e la Sede Apostolica: «Sia per riverenza al nostro padre san Benedetto, che per i meriti vostri e dei vostri predecessori, riconosciamo di dover molto al vostro luogo» (Cum pro).
Si registra inoltre una coincidenza di date, puramente casuale ma pur sempre significativa. La prossima visita di Benedetto XVI sarà fatta nel giorno dell’Ascensione che quest’anno cade il 24 maggio. Ed è il giorno della elezione a Sommo Pontefice dell’abate Desiderio, il 24 maggio 1086. Un Papa che riposa a Montecassino, nell’altare più vicino alla sagrestia, con un bel dipinto sopra l’altare che raffigura san Benedetto che consegna la Regola e il pastorale all’abate Desiderio, dovuto al pennello di Pietro Annigoni.
Per i tempi più vicini a noi ricordiamo Pio XII, che si adoperò molto, ma inutilmente, per far evitare la distruzione dell’abbazia nel 1944. Egli volle partecipare con la sua paterna benevolenza al centenario della morte di san Benedetto (1947) inviando ai fedeli della Chiesa intera la bellissima enciclica Fulgens radiatur, che diede conforto e slancio soprattutto alla comunità cassinese, guidata allora dall’abate Ildefonso Rea, nella ricostruzione del monastero «dov’era e com’era».
Esattamente venti anni dopo il bombardamento dell’abbazia, il 24 ottobre 1964 Paolo VI, durante una fase del concilio Vaticano II, accompagnato da una ventina di cardinali e da alcune centinaia di vescovi partecipanti al concilio e numerosi abati, salì sull’Arce cassinese per consacrare la ricostruita basilica e proclamare san Benedetto patrono d’Europa, con il breve Pacis nuntius. Paolo vi poneva ufficialmente il suggello all’avvenuta ricostruzione, pronunziando anche nell’omelia durante la messa un discorso di ampio respiro, che tracciava gli elogi più belli della vita monastica voluta da san Benedetto con la sua Regola e da qui diffusa in tutta l’Europa.
Successivamente alla vigilia del XV centenario della nascita di Benedetto, Giovanni Paolo ii salì la prima volta a Montecassino nel maggio del 1979 per pregare sulla tomba del santo e fare una visita al cimitero militare polacco. Poi ritornò l’anno seguente per festeggiare, insieme con tutti gli abati benedettini, accorsi da ogni parte del mondo, e numerose abbadesse, il centenario della nascita di san Benedetto nel 1980.
Nelle precedenti consacrazioni della basilica cassinese, ricostruita ogni volta più bella dopo le distruzioni che si susseguirono per ben quattro volte nella storia millenaria dell’abbazia, furono sempre i Sommi Pontefici a celebrare il solenne rito della Dedicazione.
Rimase scolpita nella storia di Montecassino quella fatta da Alessandro II il 1° ottobre 1071 al tempo dell’abate Desiderio, e che il pennello di Luca Giordano aveva mirabilmente ritratto nel grande dipinto della parete interna della facciata della basilica. Il bozzetto nella sua bellezza si può ancora ammirare nel museo dell’abbazia. Così pure la dedica della chiesa abbaziale, ricostruita da Petronace nella prima metà del secolo VIII, secondo la tradizione fu anch’essa fatta da un Papa e precisamente da Zaccaria (741-752). La Chronica sancti Benedicti casinensis scrive: «In seguito Papa Zaccaria, uomo caro a Dio, diede al venerabile Petronace molte cose utili, cioè i libri della Scrittura e qualsiasi altra cosa che potesse servire a un monastero. Egli inoltre, con paterna pietà, concesse la Regola che il beato padre Benedetto aveva scritto con le sue sante mani» (parte iii, capitolo 5).
Nel chiostro dei benefattori di Montecassino sei statue di Papi stanno lì a ricordare ai visitatori le benemerenze dei Sommi Pontefici verso la Casa di san Benedetto. Sul lato a sinistra guardando la facciata della basilica: Gregorio Magno biografo del santo (il grande Pontefice dedica l’intero libro ii dei suoi Dialogi al patriarca Cassinese), Gregorio II — il Papa che invia l’abate Petronace a Montecassino nel 720 circa per la prima ricostruzione dopo il saccheggio operato dai Longobardi nel 577 —, Zaccaria (secondo la tradizione il Papa che concede molti privilegi alla risorta abbazia di Montecassino e ne consacra la ricostruita basilica) e Vittore III, che per un trentennio circa governò il monastero di Montecassino con il nome di Desiderio. Altre due statue di Pontefici sono sul lato di fronte alla basilica: Benedetto XIII (che nel 1727 consacrò la basilica di Montecassino, quella poi distrutta dai bombardamenti del 15 febbraio 1944), e Benedetto XIV. Inoltre sul quadriportico, che è sulla sommità della grande scalea che dal chiostro bramantesco porta a quello dei ben
efattori avanti la basilica, altre due statue di Papi sono ben visibili in apposite nicchie. A destra: Urbano V, che proveniva dalle file monastiche e si adoperò molto per la ricostruzione di Montecassino dopo il terremoto del 1349; e Clemente XI che si rese benemerito verso i cassinesi unendo, all’inizio del Settecento, l’abbazia di San Vincenzo al Volturno e la giurisdizione spirituale sui paesi circostanti all’abbazia territoriale di Montecassino.
Accanto ai Sommi Pontefici appena nominati, dovremmo ricordare ancora i Papi che nel corso dei secoli hanno visitato anche più volte il monastero di Montecassino, per pregare sul sepolcro di san Benedetto. A Benedetto VIII, Leone IX, Nicolò II, Gregorio VII, Pasquale II, Callisto II, Onorio II, Innocenzo III, Innocenzo IV, Celestino V, andrebbero aggiunti anche tanti cardinali che sarebbero diventati Pontefici e che prima di essere eletti alla cattedra di Pietro si erano recati a far visita alla casa di san Benedetto.
A questo lungo elenco il 24 maggio si aggiungerà il nome di Benedetto XVI. Un evento al quale la comunità monastica e i fedeli tutti della diocesi abbaziale si stanno preparando con trepida attesa per essere confermati nella fede dalla parola del Vicario di Cristo.
L’OSSERVATORE ROMANO – Edizione quotidiana – del 24 maggio 2009