CITTA' DEL VATICANO, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- I pastori del nostro tempo devono comprendere per primi la ragione della fede: è quanto ha detto Benedetto XVI durante la concelebrazione eucaristica da lui presieduta questo lunedì, nella Basilica vaticana, alla presenza di alcuni Arcivescovi metropoliti, ai quali ha imposto il Sacro Pallio.

Come ogni anno, per la solennità dei Santi Pietro e Paolo, è giunta a Roma la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, ai quali il Papa ha rivolto l’augurio che “la comune venerazione di questi martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita tra i cristiani del mondo”.

Ricordando l’Anno Paolino appena concluso e commentando la Prima Lettera di San Pietro, il Pontefice ha ricordato che San Pietro chiama Cristo “pastore e custode delle anime”.

“Certamente non s’intende una sorveglianza esterna – ha spiegato –, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto - un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso”.

“Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità”, ha aggiunto.

 “Se Cristo è il Vescovo delle anime – ha quindi affermato - l’obiettivo è quello di evitare che l’anima dell’uomo si immiserisca”.
 
In particolare, ha continuato, “Gesù, il 'Vescovo delle anime', è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita”.

Per questo Benedetto XVI ha chiesto ai sacerdoti coerenza di vita: “Non basta parlare. I pastori devono farsi ‘modelli del gregge’”.
 
Il Papa ha quindi parlato della fede cristiana, sottolineando che la fede “è speranza, apre la via verso il futuro” e ribadendo la relazione tra fede e ragione.

 “La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio – ha spiegato –. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione”.

Da qui deriva che “come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande”.

Benedetto XVI ha poi affermato che la meta della fede cristiana è la salvezza delle anime, ed ha rilevato che “nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa”, perché “la parola 'anima' è caduta in discredito”.

Per questo ha avvertito che “l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità.”

La vera malattia delle anime, ha continuato, San Pietro la qualifica come ignoranza, cioè come non conoscenza di Dio.

“Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita”, ha detto il Papa. E in tema di salvezza delle anime sottolinea che “è l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima”.
 
Subito dopo, prima della preghiera dell'Angelus, il Papa è tornato a parlare del “Pescatore di Galilea che per primo confessò la fede nel Cristo” e dell’antico “persecutore dei cristiani che annunziò la salvezza a tutte le genti”.

“Come vostro Pastore – ha detto il Santo Pasdre –, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo - come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma - ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio”
 
Infine, ha affermato di pregare perché “Roma mantenga viva la sua tradizione cristiana” conservando il patrimonio spirituale e culturale e assicurando sempre “un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici”.