KÖNIGSTEIN, giovedì, 30 aprile 2009 (ZENIT.org).- Alla vigilia del suo ritiro, mons. Manuel Musallam, 71 anni, per 14 parroco dell'unica parrocchia cattolica di Gaza, avverte del costante declino della comunità di fedeli della zona.

Alla vigilia della visita papale in Terra Santa, prevista dall'8 al 15 maggio prossimi, mons. Musallam ha confessato all'associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) che la situazione umanitaria è peggiorata drammaticamente negli ultimi anni.

Il sacerdote ha ringraziato ACS per il sostegno fornito durante l'ondata di violenza che ha sconvolto Gaza a gennaio, osservando che la comunità, fiaccata dalla povertà, si è sentita rafforzata dal sostegno proveniente dall'estero.

Nonostante questo, ha ammesso, i 5.000 membri della comunità cristiana di Gaza continuano a vedere nell'emigrazione all'estero l'unico modo per assicurarsi un futuro migliore.

Mons. Musallam ha quindi sottolineato l'impatto della campagna militare di tre settimane condotta a gennaio da Israele contro Gaza, che ha provocato più di 1.100 morti e lasciato 400.000 persone senza acqua potabile, danneggiando o distruggendo migliaia di abitazioni.

Il conflitto, ha dichiarato, è stato solo un aspetto di un ciclo di declino di cui è stato testimone durante i suoi 14 anni come parroco a Gaza.

Secondo le Nazioni Unite e le agenzie umanitarie, la popolazione della Striscia di Gaza, di 1,5 milioni di abitanti – per la metà bambini –, affronta una crisi sempre più marcata.

“La distruzione è diventata sempre più profonda – ha rivelato il sacerdote, come si legge in un comunicato inviato da ACS a ZENIT –. Le cose stanno peggiorando sempre più. Molte famiglie stanno soffrendo”.

“La gente non può ricevere elettricità tutto il tempo perché manca il combustibile per far funzionare i generatori. C'è carenza di acqua potabile, il sistema sanitario è scadente. Anche l'istruzione e l'assistenza medica non sono in buone condizioni”.

“I nostri begli alberi sono stati sradicati. I nostri edifici sono stati distrutti. Le nostre strade sono state distrutte. La nostra terra è stata arsa dalle bombe e quindi non possiamo produrre niente. Ora siamo solo consumatori. Le macchine sono vecchie. Tutto ha bisogno di essere rinnovato”, ha ammesso.

Tutto ciò ha avuto gravi effetti sulla psiche degli abitanti: “la gente è molto più aggressiva. C'è più odio per la situazione, soprattutto tra i giovani”.

Malgrado la crisi, il sostegno di 20.000 euro dato da ACS a gennaio per far fronte all'emergenza ha mostrato alla gente “un'altra via” verso la speranza, ha riconosciuto. La somma, amministrata dallo stesso monsignor Musallam, è stata usata per fornire cibo e altri beni di prima necessità ad alcune delle famiglie più bisognose di Gaza City.

“Il sostegno e l'amore per le popolazioni della Palestina continuerà ad incoraggiarle a testimoniare Cristo – ha affermato – . Speriamo che questo le spinga a non emigrare”.

Mons. Musallam, che ora si unirà alla sua famiglia nella città di Ramallah, nella West Bank, ha confidato di avere grande fiducia nel suo successore, l'argentino padre Jorge Hernández, che gli succederà come parroco di Gaza.

Padre Humam Khzouz, cancelliere del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ha lodato monsignor Musallam e il suo operato come parroco, dicendo che “ha svolto un grande lavoro nei molti anni in cui è stato a Gaza, dove ha dato grande sostegno alla comunità cristiana e a molti altri”.