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Cari amici,
con l’odierna Liturgia entriamo nell’ultimo tratto del cammino dell’Avvento, che esorta ad intensificare la nostra preparazione, per celebrare con fede e con gioia il Natale del Signore, accogliendo con intimo stupore Dio che si fa vicino all’uomo, a ciascuno di noi.
La prima lettura ci presenta l’anziano Giacobbe che raduna i suoi figli per la benedizione: è un evento di grande intensità e commozione. Questa benedizione è come un sigillo della fedeltà all’alleanza con Dio, ma è anche una visione profetica, che guarda in avanti e indica una missione. Giacobbe è il padre che, attraverso le vie non sempre lineari della propria storia, giunge alla gioia di radunare i suoi figli attorno a sé e tracciare il futuro di ciascuno e della loro discendenza. In particolare, oggi abbiamo ascoltato il riferimento alla tribù di Giuda, di cui si esalta la forza regale, rappresentata dal leone, come pure alla monarchia di Davide, rappresentata dallo scettro, dal bastone del comando, che allude alla venuta del Messia. Così, in questa duplice immagine, traspare il futuro mistero del leone che si fa agnello, del re il cui bastone di comando è la Croce, segno della vera regalità. Giacobbe ha preso progressivamente coscienza del primato di Dio, ha compreso che il suo cammino è guidato e sostenuto dalla fedeltà del Signore, e non può che rispondere con adesione piena all’alleanza e al disegno di salvezza di Dio, diventando a sua volta, insieme con la propria discendenza, anello del progetto divino.
Il brano del Vangelo di Matteo ci presenta la “genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo” (Mt 1,1), sottolineando ed esplicitando ulteriormente la fedeltà di Dio alla promessa, che Egli attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro e, come per Giacobbe, talora attraverso vie tortuose e impreviste. Il Messia atteso, oggetto della promessa, è vero Dio, ma anche vero uomo; Figlio di Dio, ma anche Figlio partorito dalla Vergine, Maria di Nazaret, carne santa di Abramo, nel cui seme saranno benedetti tutti i popoli della terra (cfr Gen 22,18). In questa genealogia, oltre a Maria, vengono ricordate quattro donne. Non sono Sara, Rebecca, Lia, Rachele, cioè le grandi figure della storia d’Israele. Paradossalmente, invece, sono quattro donne pagane: Racab, Rut, Betsabea, Tamar, che apparentemente “disturbano” la purezza di una genealogia. Ma in queste donne pagane, che appaiono in punti determinanti della storia della salvezza, traspare il mistero della chiesa dei pagani, l’universalità della salvezza. Sono donne pagane nelle quali appare il futuro, l’universalità della salvezza. Sono anche donne peccatrici e così appare in loro anche il mistero della grazia: non sono le nostre opere che redimono il mondo, ma è il Signore che ci dà la vera vita. Sono donne peccatrici, sì, in cui appare la grandezza della grazia della quale noi tutti abbiamo bisogno. Queste donne rivelano tuttaviauna risposta esemplare alla fedeltà di Dio, mostrando la fede nel Dio di Israele. E così vediamo trasparire la chiesa dei pagani, mistero della grazia, la fede come dono e come cammino verso la comunione con Dio.La genealogia di Matteo, pertanto, non è semplicemente l’elenco delle generazioni: è la storia realizzata primariamente da Dio, ma con la risposta dell’umanità. È una genealogia della grazia e della fede: proprio sulla fedeltà assoluta di Dio e sulla fede solida di queste donne poggia la prosecuzione della promessa fatta a Israele.
La benedizione di Giacobbe si accosta molto bene all’odierna felice ricorrenza del 90.mo compleanno del caro Cardinale Špidlík. La sua lunga vita e il suo singolare cammino di fede testimoniano come sia Dio a guidare chi a Lui si affida. Ma egli ha percorso anche un ricco itinerario di pensiero, comunicando sempre con ardore e profonda convinzione che il centro di tutta la Rivelazione è un Dio Tripersonale e che, di conseguenza, l’uomo creato a sua immagine è essenzialmente un mistero di libertà e di amore, che si realizza nella comunione: il modo stesso di essere di Dio. Questa comunione non esiste per se stessa, ma procede – come non si stanca di affermare l’Oriente cristiano – dalle Persone divine che liberamente si amano. La libertà e l’amore, elementi costitutivi della persona, non sono afferrabili per mezzo delle categorie razionali, per cui non si può comprendere la persona se non nel mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, e nella comunione con Lui, che diventa accoglienza della “divinoumanità” anche nella nostra stessa esistenza. Fedele a questo principio, il Cardinale Špidlík ha intessuto lungo gli anni una visione teologica vivace e, per moltiaspetti, originale nella quale confluiscono organicamente l’Oriente e l’Occidente cristiani, scambiandosi reciprocamente i loro doni. Il suo fondamento è la vita nello Spirito; il principio della conoscenza: l’amore; lo studio: un’iniziazione alla memoria spirituale; il dialogo con l’uomo concreto: un criterio indispensabile, e il suo contesto: il corpo sempre vivo di Cristo, che è la sua Chiesa. Strettamente legata a questa visione teologica è l’esercizio della paternità spirituale, che il Cardinale Špidlík ha costantemente svolto e continua a svolgere. Oggi, potremmo dire che si raduna attorno a lui, nella celebrazione dei Divini Misteri, una sua “piccola discendenza” spirituale, il Centro Aletti, che vuole raccogliere il suo prezioso insegnamento, facendolo fruttificare con nuove intuizioni e nuove ricerche, anche attraverso la raffigurazione artistica. In questo contesto, mi sembra particolarmente bello sottolineare il legame tra teologia ed arte scaturito dal suo pensiero. Ricorrono infatti dieci anni da quando il mio venerato e amato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha dedicato questa Cappella, la Redemptoris Mater, affermando che “quest’opera si propone come espressione di quella teologia a due polmoni dalla quale può attingere nuova vitalità la Chiesa del terzo millennio”. E continua il Papa: “L’immagine della Redemptoris Mater, che campeggia nella parete centrale pone davanti ai nostri occhi il mistero dell’amore di Dio, che si è fatto uomo per dare a noi, esseri umani, la capacità di diventare figli di Dio… (E’ il) messaggio della salvezza e di gioia che Cristo, nato da Maria, ha portato all’umanità” (Insegnamenti XXII, 2 [1999], p. 895).
A Lei, caro Cardinale Špidlík, auguro di vero cuore l’abbondanza delle grazie del Signore, perché continui ad illuminare con sapienza i Membri del “Centro Aletti” e tutti i suoi figli spirituali. Continuando la Celebrazione dei Santi Misteri, affido ciascuno alla materna protezione della Madre del Redentore, invocando dal Verbo divino, che ha assunto la nostra carne, la luce e la pace annunciata dagli Angeli a Betlemme. Amen
[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]