Con l’espressione sistema artistico intendo quell’insieme di principi e regole che sottendono un sistema di segni, articolandone il significato. Così per esempio sono sistemi artistici diversi il sistema figurativo, il sistema non figurativo e quello aniconico. Con religione intendo qualsiasi sistema di credenze, di ogni epoca e luogo.
Interrogarsi sulla relazione che intercorre tra religioni e sistemi artistici può aprire un vasto dedalo di strade, articolate in riflessioni su aspetti spesso poco scandagliati dell’arte, della sua storia, delle sue teorie, e in ultimo anche dell’arte sacra in quanto tale. La domanda iniziale si precisa in una domanda ulteriore, dalla risposta più impegnativa, ovvero: il legame tra religioni e sistemi artistici è in qualche modo imprescindibile, esiste una sorta di relazione di reciprocità biunivoca tra un mondo di credenze e il mondo dei segni che ne è espressione?
Questo tipo di riflessione può essere percorsa prendendo in considerazione la storia dei popoli, delle loro religioni e delle loro espressioni artistiche, indagando tutto con sensibilità antropologico-culturale, stando attenti non solo a registrare fatti, ma a cercare collegamenti e motivazioni. Nel breve spazio di questo mio intervento, cercherò di raccogliere alcuni indizi in questo percorso storico-artistico-culturale, proponendo solo alcuni spunti di riflessione, utili per una teorizzazione più ampia e sistematica.
Alcune relazioni tra religione e arte sono ben note, anzi possono fungere da punti di riferimento paradigmatici. Così per esempio, è ben conosciuto il nesso tra l’aniconismo e l’Islam, motivato dalla necessità teologica di non avere rappresentazioni figurative all’interno del complesso sistema di decorazioni simboliche dei luoghi sacri. Altrettanto conosciuto e studiato è il divieto della raffigurazione antropomorfa nella tradizione ebraica, che si pone in una evidente relazione con un sistema teorico che ha sviluppato, nel corso della plurimillenaria storia del popolo ebraico, molteplici possibilità simboliche in segni astrattizzanti o decorativi, capaci di tradurre in arte un intero mondo sapienziale, come nel caso delle decorazioni tessili dei tappeti sefarditi.
Dunque il monoteismo ebraico e il monoteismo islamico pongono una chiara opzione per sistemi fondamentalmente non figurativi. Molto interessante è l’analisi delle espressioni artistiche di popolazioni che praticavano, o tuttora praticano, culti naturalisti, animisti, panteisti, in quanto si nota nei manufatti prodotti da tali culture un sistema segnico ricorrente, ovvero una vasta gamma di segni zoomorfi, fitomorfi e soprattutto informali e astratti di tipo geometrico o amorfo; questa ricorrenza di un vocabolario pur vasto di segni ma tutti ricadenti entro un sistema che tende alla geometrizzazione e alla stilizzazione, fa comprendere come questo immenso vocabolario di segni, forme e composizioni abbia una relazione profonda con il fitto mondo di spiriti e di esseri più o meno demoniaci che abita la dimensione cultuale e culturale di tali popolazioni. L’antropologia culturale e la storia delle arti, lavorando insieme, svelano un mondo di manufatti, che vanno dai semplici utensili domestici fino ai veri e propri strumenti per il culto, intrisi di segni apotropaici, di mappature di spiriti positivi o negativi che presiedono e proteggono un luogo o una attività o una determinata azione umana.
A ben studiare, questa tipologia di sistema rappresentativo è forse una delle più diffuse sul pianeta e cronologicamente è tra le prime a comparire nell’immenso mondo delle espressioni artistiche. Ne troviamo infatti espressione, in una sommaria catalogazione di reperti che voglia abbracciare molteplici dimensioni culturali, in molteplici esempi: dai disegni rupestri ai tapa polinesiani, dai vasi di Kamares alle decorazioni di tamburi lapponi, dalle olle italiche dell’età del ferro, alle stele daunie del V secolo a.C., ai mandala tibetani.
Un senso diffuso della sacralità, che va a coincidere con il mondo naturale, e si nasconde e si esprime nelle forze della natura, dà dunque luogo a visioni cosmologiche in cui prevale la simbologia geometrica e il segno astratto. Ben diversa è la situazione della mitologia politeista degli antichi Greci, in cui gli déi, sebbene abbinati agli elementi naturali, erano proposti come vere e proprie personificazioni dalle forme umane. L’antropomorfismo di tale declinazione religiosa ha prodotto un sistema di segni particolarmente coinvolto nella rappresentazione della figura umana. Il dio greco del mare ha un corpo umano, non è lo spirito del fiume: richiede dunque un diverso sistema di segni per essere espresso. Il politeismo greco e gli altri politeismi dell’antichità hanno prodotto i sistemi artistici maggiormente figurativi.
Infine, costituisce un caso particolare, un’eccezione che porta a compimento e a maturità piena i segni figurativi, il monoteismo cristiano. Il mistero della trascendenza di Dio viene illuminato dal mistero dell’Incarnazione: Dio si fa uomo, e ci rivela che Dio Uno è Trino, e che nel volto di Cristo, vero Dio e vero Uomo, si vede il volto del Padre. L’arte cristiana si trova da subito impegnata ad osservare un volto e a riprodurlo. L’opzione per il sistema figurativo diventa non aggirabile: la dimensione storica della vita di Gesù, e poi della vita dei suoi discepoli, dei suoi apostoli, della sua Chiesa, impone un sistema figurativo e narrativo.
Tuttavia non sono mancate, fin dall’inizio, delle tentazioni aniconiche, il timore di sporcare la trascendenza con la figurazione; la risposta definitiva per queste paure sta nel Decreto sulle immagini del Concilio di Nicea II, ma sta soprattutto nella concretezza di una ininterrotta bimillenaria tradizione che ha portato a compimento il sistema figurativo, raffinandone l’espressione tanto da renderlo adatto a rappresentare la visione della realtà creata e redenta, in cui la bellezza naturale è segno e espressione della infinita Bellezza di Dio. Il legame tra le religioni e i sistemi artistici appare dunque solido e profondo, vivo e fecondo; ogni sistema di segni esprime un insieme di credenze, una visione religiosa del cosmo e dell’uomo. Ed esiste, anche, reciprocamente, un nesso forte e indissolubile tra il segno e l’idea religiosa, tra il sistema artistico e il mondo religioso che lo ha prodotto.
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* Rodolfo Papa è storico dell’arte, docente di storia delle teorie estetiche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, Roma; presidente della Accademia Urbana delle Arti. Pittore, membro ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Autore di cicli pittorici di arte sacra in diverse basiliche e cattedrali. Si interessa di questioni iconologiche relative all’arte rinascimentale e barocca, su cui ha scritto monografie e saggi; specialista di Leonardo e Caravaggio, collabora con numerose riviste; tiene dal 2000 una rubrica settimanale di storia dell’arte cristiana alla Radio Vaticana.