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A nome del Capo spirituale della Chiesa Armena, Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, siamo lieti di esprimere la nostra più viva gratitudine per questa eccellente iniziativa, di invitare i differenti capi religiosi ad Assisi, in questo giorno 27 ottobre, 25 anni dopo lo storico primo appello per la pace del Beato Giovanni Paolo II, per riflettere nuovamente sull’importanza cruciale del dialogo e della preghiera per la pace e per la giustizia nel mondo. Così la promozione della pace nel mondo costituisce parte integrante della missione secondo la quale la Chiesa continua l’opera redentrice del Cristo sulla terra. La Chiesa eleva gli uomini al di sopra della loro semplice condizione umana, per condurli verso l’assoluto.
Essa li allontana dall’odio e dagli egoismi per radunarli insieme nel seno di una comunità aperta e generosa. Di fatto, la Chiesa è nel Cristo e può costituire un “sacramento”, vale a dire un segno e strumento di pace nel mondo e per il mondo. La promozione di un’autentica pace rappresenta un’espressione della fede cristiana nell’amore che Dio nutre per ciascun essere umano. Dalla fede liberatrice nell’amore di Dio deriva una nuova visione del mondo, e un nuovo modo di rapportarsi all’altro, sia che si tratti di un individuo o di un intero popolo. Si tratta di una fede che cambia e rinnova la vita, ispirata dalla pace che il Cristo ha lasciato ai suoi discepoli. Sotto il potente impulso di questa fede, la Chiesa desidera promuovere l’unità dei cristiani e al tempo stesso una collaborazione fruttuosa con i credenti delle altre religioni e, più al di là, con tutti gli uomini in generale. Le differenze religiose non possono e non devono costituire una causa di conflitto. Piuttosto, la ricerca comune della pace da parte di tutti i credenti è un profondo fattore di unità tra i popoli. La Chiesa esorta gli individui, i popoli, le nazioni e gli Stati a condividere la sua preoccupazione per ristabilire e consolidare la pace, insistendo particolarmente sul ruolo centrale del diritto delle genti.
Il perdono reciproco non deve sopprimere le esigenze della giustizia né, meno ancora, impedire il cammino che conduce alla verità; al contrario, giustizia e verità rappresentano le condizioni concrete per la riconciliazione. Le iniziative tendenti ad istituire organismi giudiziari internazionali si rivelano opportune. Organismi simili, traendo profitto dal principio della giurisdizione universale e sostenuti da procedure adeguate, rispettose dei diritti degli accusati e delle vittime, possono stabilire la verità sui crimini perpetrati durante i conflitti armati e particolarmente sul crimine più grave di tutti: il genocidio. Tuttavia, è necessario andare al di là dell’identificazione dei comportamenti criminali, causati sia da azione che da omissione, e al di là delle decisioni circa le necessarie misure di riparazione, per pervenire al ristabilimento di relazioni di accoglienza reciproca tra popoli divisi, nel segno della riconciliazione. È infine necessario promuovere il rispetto del diritto alla pace, al fine di favorire la costruzione di una società all’interno della quale i rapporti di forza siano rimpiazzati da rapporti di collaborazione in vista del bene comune.
Allora, con un cuore solo ed una voce sola, possiamo dire con il Salmista: “Misericordia e verità si sono incontrate; giustizia e pace si sono abbracciate. La verità si è levata dalla terra, e la giustizia si è affacciata dal cielo” (Sal ).