ROMA, lunedì, 5 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Le violenze anti-cristiane in Orissa sono qualificabili come “crimini contro l’umanità”. Lo afferma un rapporto del Tribunale Nazionale del Popolo di Kandhamal, distretto dello stato indiano dove nel 2008 si sono verificate le stragi di cristiani.
Il rapporto dell’organo giudiziario indiano – come riferisce l’Agenzia FIDES – afferma che gli attentati del 2008 “violano i diritti umani e la Costituzione”.
Le stragi, che sarebbero state “attentamente pianificate”, hanno inoltre “un forte impatto su donne e bambini; avvengono con la complicità dei funzionari pubblici e ancora oggi restano gravemente impunite”.
Il rapporto è intitolato In attesa di giustizia, è stato inviato a FIDES dalla Chiesa locale ed è basato sulle testimonianze di 45 sopravissuti, supportate da indagini e ricerche sul campo compiute da 15 esperti.
Gli attentati dell’estate 2008, secondo il rapporto del Tribunale del Popolo, furono “eseguiti con pianificazione e preparazione” come rappresaglia contro gli adivasi e i dalit della comunità cristiana che si erano rifiutati di convertirsi all’induismo.
La brutalità delle aggressioni in Orissa, secondo il Tribunale del Popolo, non lesinò nemmeno violenze sessuali contro le donne e ne furono vittime anche molti bambini, traumatizzati dal crudele trattamento riservato ai loro familiari.
A distanza di tre anni la comunità cristiana locale continua a vivere “un senso di sradicamento”, causato dall’assenza di case, terreni, chiese, mentre “continua il boicottaggio ai danni dei cristiani”, discriminati per motivi di religione, casta e di genere.
Il Tribunale del Popolo, inoltre, afferma la pesante responsabilità di tutte le istituzioni indiane nella strage, dalla “connivenza dei funzionari pubblici” alla “complicità della polizia”. I soggetti politici e giudiziari e le forze dell’ordine avrebbero “clamorosamente fallito” nel proprio sostegno alla popolazione.
Il Rapporto, infatti, lamenta la loro collusione con le “forze violente”, mentre la maggior parte dei crimini resta impunita e i “magri indennizzi” a favore delle vittime, sarebbero un segno “dell’indifferenza del governo dello Stato”.
Il documento si conclude con un appello a ribaltare il perdurante stato di indifferenza o di ostilità contro i cristiani dell’Orissa, sanzionando finalmente i colpevoli – tuttora a piede libero – e avviando aiuti sociali adeguati ai sopravvissuti.
In particolare viene richiesto alle autorità di affrontare il problema dell’alienazione della terra dei dalit e degli adivasi cristiani e di punire quanti facciano “promozione di inimicizia fra gruppi diversi”, violando gli articolo 153a e 153b del Codice penale indiano, mettendo così fine al fanatismo religioso e tutelando il diritto alla libertà religiosa.