"Ricostruire, rifondare, far rifiorire vita nuova"

Omelia di monsignor Cancian nella Solennità dei Santi Florido e Amanzio

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CITTA’ DI CASTELLO, mercoledì, 14 novembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta ieri pomeriggio nella basilica cattedrale da monsignor Cancian, vescovo della diocesi di Città di Castello, nella Solennità dei Santi Patroni Florido ed Amanzio.

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Eccellenza carissima, Mons. Pellegrino Tomaso Ronchi,
carissimi confratelli presbiteri e diaconi,
religiose e religiose,
distinte autorità,
sorelle e fratelli della Chiesa tifernate,

Florido vescovo, Amanzio sacerdote e Donnino eremita, sono santi che parlano ancora oggi al cuore di ogni tifernate. La vostra numerosa presenza lo conferma. Il popolo, nel suo retto sentire, riconosce in loro i padri fondatori che hanno espresso attraente esemplarità umana e cristiana, capacità di organizzare ricostruzione sociale, morale, culturale in un tempo in cui tutto era stato distrutto.

Alla scuola di Sant’Ercolano, che aveva dato la vita per la città di Perugia, i nostri Patroni appresero quella fede che tutto rende possibile. E così ricostruirono Città di Castello, coinvolgendo tutto il popolo, animando alla speranza, creando una città più umana e una chiesa più bella. Accadde il miracolo: Florido, come dice il suo nome, dalle macerie fece rifiorire tutto. E ripartì una nuova, grande storia in cui fede, bene comune, arte, cultura crearono nuova umanità.

Anche noi oggi abbiamo bisogno di ricostruire, rifondare, far rifiorire vita nuova a livello personale (identità vere, non narcisiste), sociale (relazioni positive e non litigiose), culturale (proposte degne dell’uomo a partire dagli ultimi), ecclesiale (cristiani vivi, carichi di amore appassionato, di idealità evangelica come voleva il Concilio Vaticano II).

Sono sotto i nostri occhi preoccupanti emergenze: giovani senza lavoro e senza speranza; famiglia in sofferenza (in Italia si viene a sapere che 30.000 bambini sono contesi dai genitori); nuove povertà e miseria fino alla fame (tanto che il recente “Emporio della solidarietà” appena istituito è “a pieno regime” e non basta); le istituzioni perdono credibilità, mettendo in pericolo la partecipazione  politica come nobile arte al servizio del bene di tutti, a partire dai più sfortunati.

Qualcuno ha giustamente osservato che queste crisi rimandano ad una Crisi di fondo, alla Crisi dell’uomo che ha smarrito l’arte di vivere in relazione a Dio, a se stesso, agli altri. Con la gioia e non con la noia. L’implodere di un sistema di vita ci pone la domanda più seria: come rifondare la nostra storia, la nostra esistenza? Cosa ci direbbero in proposito i nostri Patroni, pur lontani nel tempo

I nostri Patroni che ebbero il coraggio di ricostruire sulle disastrose rovine dell’invasione di Totila una città ancor più bella, ci offrono preziosi suggerimenti.

1.      Anzitutto ci ricordano il fondamento dell’esistenza umana: riscoprire e ritrovare nella fede l’unico vero Dio, il Signore della storia. “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Salmo 127). “Alzo gli occhi al cielo da dove verrà l’aiuto” (Salmo120).

In questo Anno della fede, i nostri patroni ci testimoniano che proprio nel Signore, nella sua Parola e nella sua presenza amorevole troviamo la bussola, la stella polare per continuare il cammino senza perderci. E’ come ci dicessero: “Ravvivate la fede nel Signore, nel suo Amore potente e paziente. Credete a quello che avete ascoltato dalla Parola di Dio. Credete che Lui è ancora in mezzo a voi come unico bel Pastore che continua ad amarvi con pazienza e dolcezza. Attivate la speranza e l’amore fraterno. Senza il Signore si cade nell’idolatria”.

In verità tutta la storia di Israele, a cui si riferisce la prima lettura, ci parla di un Dio che, solo per amore, prima lo tira fuori dalla schiavitù d’Egitto e poi dalla deportazione a Babilonia.

Secondo le parole del profeta, Dio si prende cura personalmente del suo popolo. “Io stesso cercherò le mie pecore, le passerò in rassegna, le radunerò dalla dispersione, le ricondurrò nella loro terra, le porterò in ottimi pascoli sui monti, le farò riposare vicino ad acque tranquille, andrò in cerca della pecora perduta, curerò quella malata, avrò cura di ognuna”.

Tutto questo il Signore ha fatto per Israele, mettendo in atto un’infinità di interventi. Ma è evidente che la storia di Israele  esemplifica quello che l’Amore misericordioso di Dio fa per ogni popolo e per ogni uomo, a partire dagli ultimi.

Infatti, nella pienezza dei tempi, il Signore stesso si è calato nella nostra storia nelle vesti del bel Pastore in carne e ossa. Gesù si è fatto uomo nella forma più povera e umile, ha lavorato come falegname e poi si è preso cura di tutti: predicando il Vangelo dell’Amore e della Speranza, guarendo i malati, cacciando i demoni. È passato in mezzo a noi facendo il bene e prendendo sulle sue spalle tutti i mali dell’uomo fino a lasciarsi mettere in croce. E Lui, in modo totalmente consapevole e libero, ha offerto la sua vita per noi. “Io sono il bel Pastore che dò volentieri la vita per il gregge”.

Con la sua risurrezione, il bel Pastore può continuare in modo ancora più efficace il suo servizio d’amore nei confronti di ogni uomo, in ogni angolo della terra.. Lui conosce uno ad uno ogni uomo, lo segue, lo accompagna con amore.

La risposta, o meglio l’esperienza gioiosa di chi si lascia guidare dal Signore, è la preghiera di lode del Salmista: “Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla”. È la prova tangibile della bellezza della fede, è il riscontro umano della pace del cuore che si riflette positivamente nelle relazioni.

2.      Il sogno di Cristo unico bel Pastore (una delle prime e più significative icone cristiane), è quello di radunare l’umanità dispersa in un’unica famiglia. Accogliendo Dio come Pastore, ci ritroveremo tutti fratelli in Cristo. Riscopriamo così l’altro fondamento solido e sicuro nella nostra vita: la fraternità.

La dimensione verticale (tutti figli dell’unico Padre, da Lui provenienti e a Lui diretti) fonda quella orizzontale della fraternità in Cristo, più forte del sangue. Con l’aiuto di Dio e con la comunione fraterna tra di noi possiamo davvero affrontare con fiducia e speranza le sfide del presente, così come hanno fatto al loro tempo, non certo più facile, i nostri coraggiosi Patroni.

Proprio nel momento della disgregazione e della disperazione, la loro fede li ha spinti a suscitare animazione, fiducia, speranza, corale collaborazione.

Anche oggi, dice Papa Benedetto, si tratta di “ravvivare la fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale” (Lettera pastorale Il caso serio della fede, p. 17).

Occorre ripartire dall’umano che è nell’uomo, segnato dalla creazione e della redenzione. Sia credenti e non credenti si trovano accomunati dall’umano presente in tutti.

L’umano messo in luce da Gesù, l’Uomo per eccellenza, e da tutti coloro che l’hanno seguito, illumina, orienta e sostiene il cammino degli uomini sia nelle scelte che chiamano in causa l’intera esistenza, sia negli ambiti quotidiani di vita: famiglia, lavoro, festa, cultura, politica, economia.

Possiamo e dobbiamo poterci incontrare tutti, in un clima di rispetto, dialogo, fiducia, simpatia e speranza, instaurando relazioni vere e costruttive di reciproca accoglienza, mettendo da parte egoismi, falsità, rivalità e ogni genere di immoralità che comunque non pagano.

Questo stile ce l’ha proposto il Vaticano II incoraggiando un fruttuoso dialogo tra il mondo e la Chiesa.

In questo modo possiamo elaborare tutti insieme specialmente con il concorso dei giovani
, dei poveri e degli umili, ai quali dobbiamo dare più attenzione e più spazio, un modo di vivere più vero e più bello per tutti.

“San Florido, che nell’antica iconografia sei raffigurato come il padre che con tenero amore sostieni la città benedicendola e col tuo sguardo lungimirante indichi il cammino, ispirando fiducia e protezione, continua ad accompagnare dal cielo la tua e nostra Chiesa, la tua e nostra città. Ottienici quelle benedizioni celesti di cui abbiamo bisogno”.

A coronamento di questa bella festa dei nostri Patroni abbiamo due felici ricorrenze: il 25º del diaconato permanente di Franco Marianelli e di Giuseppe Gareffa; il ministero del lettorato per il giovane seminarista Simone Valori il ministero dell’accolitato per il giovane seminarista David Tacchini.

Ringraziandoli di cuore per la loro disponibilità al servizio ecclesiale, chiediamo al Signore, per l’intercessione dei nostri Patroni, di benedirli e di effondere su di loro il suo Spirito.

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PREGHIERA

ai santi Patroni Florido vescovo e Amanzio sacerdote

Dio, Padre misericordioso,
ti ringraziamo per averci inviato tuo Figlio
come buon Pastore dell’umanità.

Obbedendo allo Spirito di Gesù,
i nostri Patroni Florido vescovo e Amanzio sacerdote,
animati da fede viva e carità ardente,
ricostruirono dalle rovine una città più bella
e fecero rifiorire la comunità cristiana,
sollecitando il concorso di tutto il popolo.

Grazie, Padre, per averceli donati come guide luminose
nell’incerto pellegrinare terreno.
Per loro intercessione effondi anche su noi lo Spirito di Gesù
perché la nostra tiepida fede rinvigorisca,
la debole speranza si fortifichi,
il tuo appassionato Amore per l’uomo arda nei nostri cuori. 

Donaci, sull’esempio dei nostri Santi,
di testimoniare la vita buona del Vangelo,
cercando insieme con sincerità e passione il vero bene di tutti,
a cominciare dai più bisognosi. 

O Padre, per intercessione dei nostri Patroni,
benedici tutti i tifernati, in modo particolare
i sacerdoti, i diaconi, le parrocchie, i religiosi e le religiose,
le famiglie, i fedeli laici, i giovani, i malati, i poveri.

Dona a tutti noi di seguire con fede viva
il cammino tracciato da Gesù,
percorso da Maria, nostra madre e sorella, e dai santi
per giungere anche noi alla comunione piena con Te
e con tutti quelli che ti hanno creduto. Amen.

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ZENIT Staff

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