Gloria Estefan: "Alcune mie canzoni sono come preghiere"

Intervista esclusiva alla cantante cubana, a margine della Conferenza TEDx sulla libertà religiosa

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Tra gli ospiti di spicco della Conferenza TEDx, tenutasi in Vaticano lo scorso 19 aprile, figura Gloria Estefan. In occasione dell’evento, ZENIT ha intervistato la cantante cubana che, con oltre 90 milioni di dischi venduti, è considerata la madrina del pop latino.

Cosa l’ha spinta a partecipare a parlare di libertà religiosa al TEDx?

Gloria Estefan: Essere invitata a parlare di questo tema inizialmente mi ha sorpreso; poi mi hanno spiegato che sono state invitate anche persone non religiose, per parlare di ciò in cui credono. Con il tempo io ho posto tutto ciò in cui credo nelle mie canzoni. Fondamentalmente per me non c’è niente di più grande dell’amore, di poterci amare gli uni gli altri, il principio più grande e profondo che Cristo ci ha insegnato.

Cosa significa per lei, trovarsi qui al TEDx a Roma?

Gloria Estefan: Per me è un privilegio meraviglioso stare con altre persone, cogliere l’opportunità di vedere in prima fila molti fan venuti da varie paesi d’Europa per seguirmi, dall’Olanda, dalla Germania e dall’Inghilterra. È stato un bell’incontro con il pubblico europeo.

Ha già conosciuto papa Francesco?

Gloria Estefan: Ancora non ho conosciuto il nuovo Papa ma spero di poterlo salutare a breve.

Ha però conosciuto Giovanni Paolo II…

Gloria Estefan: Sì, pare che nel 1995 stesse ascoltandola mia musica e, in particolare, si fosse affezionato a una canzone intitolata Más Allá. In quell’anno il Papa celebrava i suoi 50 anni di sacerdozio e mi invitarono a partecipare a questo anniversario.

Lei andò via da Cuba che era piccolissima. Si sente più cubana o più statunitense?

Gloria Estefan: Sì, avevo due anni. Io mi sento realmente cubano-americana, essendo cresciuta negli Stati Uniti però sento che abbiamo una qualcosa come un conto in sospeso. Ovunque io vada, non sono di quel posto, persino a Miami, dove sono cresciuta e a cui sento di appartenere, e parlano di me come una cubana esiliata.

Cosa sa di Cuba?

Gloria Estefan: Recentemente ho avuto l’opportunità di parlare con Yoani Sánchez, la blogger che sta rischiando la sua vita, denunciando la mancanza di libertà a Cuba: si è molto sorpresa del fatto che anche la generazione di mio figlio si consideri cubana. Mio figlio a sua volta le ha chiesto cosa possono fare quelli della mia generazione per aiutare i cubani che sono rimasti in patria. Vogliamo parlare loro della libertà che abbiamo tutti nel mondo.

E cosa ritiene si possa fare?

Gloria Estefan: È importantissimo per me che per lo meno si parli di Cuba, affinché non se ne dimentichino. Ad esempio, quando le Damas de Blanco sono state pestate dalle forze dell’ordine, ho organizzato una grande marcia a Miami in cui si sono incontrate persone di tutte le idee politiche, religiose e culturali a favore di queste donne che stavano rischiando la vita per rivendicare la libertà

Ha vistato Cuba, ci ha fatto qualche tournée?

Gloria Estefan: Per me Cuba è qualcosa di molto importante nella mia vita e la mia musica è parte di ciò che sono, è un’eredità culturale. Mi dispiace molto non poter visitare la mia terra e non poter avere la storia che ha la maggior parte del mondo, grazie alla quale possono visitare la loro terra.

Quando ha composto la sua canzone Mi Tierra, a quale paese stava pensando, a Cuba?

Gloria Estefan: Certamente. Pensavo in particolare a tutti gli immigrati che, lasciando la loro terra, provano nostalgia dei sapori, dei colori tipici della madre patria, che si portano con sé, ovunque vadano. Io infatti – anche se le mie origini sono cubane e da lì hanno origine le mie idee e le mie canzoni – tendo ad avere un orizzonte ampio, non esclusivo, quindi questa canzone include tutto il mondo. L’ho composta con un colombiano, infatti inizia con uno stile colombiano, assumendo poi caratteristiche della musica cubana, per far capire che siamo tutti uniti.

La libertà religiosa è un problema molto sentito nel suo paese…

Gloria Estefan: Certamente sì. È qualcosa di più, non c’è libertà religiosa perché secondo il governo – una dittatura ancora molto forte – la religione è un problema. È un pericolo quando qualcuno crede in qualcosa di diverso rispetto al líder máximo del suo paese. La gente continuava a stare nelle proprie case, nei propri focolari domestici, elevando le proprie preghiere a Dio, al Dio in cui crede. Ora si stanno aprendo di più. Non potranno continuare così, è come una pentola a pressione che non si può contenere e per questo il governo a poco a poco sta allentando la presa.

Giovanni Paolo II disse: “Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba”. Cosa è successo da allora?

Gloria Estefan: È incredibile perché quell’anno Giovanni Paolo II mi invitò ad andare con lui a Cuba e gli dissi che non volevo trasformare un viaggio spirituale in un viaggio politico, perché non sarei stata in grado di andare a Cuba e tacere. E non volevo nemmeno causare violenza o rubare la scena al Papa: lui lo capì bene.

Non è cambiato nulla, anche se il Paese si è un po’ aperto. Non sono state fatte molte cose contro la Chiesa e i fedeli, però anche di cambiamenti in favore del popolo cubano ancora non se ne sono visti molti. Ora Raul Castro ha permesso più libertà di emigrazione e di immigrazione di ritorno. Vedremo, se Dio vuole, se si apriranno un po’ di più a quello che sarebbe il meglio per il popolo.

L’anno scorso Benedetto XVI è stato a Cuba…

Gloria Estefan: Sì, credo che sia molto importante che i leader religiosi visitino i popoli più bisognosi. Questo popolo ha assai bisogno d’amore, di valori, di religiosità. Ha bisogno di spiritualità, quindi è un bene che vadano, però fino a quando ci sarà questo governo, è difficile che cambi qualcosa, a meno che non la cambino loro.

Che succederà, dunque, a Cuba?

Gloria Estefan: È un’isola, quindi è più facile da controllare, inoltre c’è un forte controllo sui media. Ora internet, la telefonia mobile e tutte le forme di accesso simili si stanno diffondendo senza che il governo possa intervenire, è più difficile per loro controllare. Per ora si limitano a restringere il più possibile l’informazione. Limitare è un modo facile di provocare terrore e paura in un’isola.

In poche parole, cosa vuole aggiungere?

Gloria Estefan: In poche parole è impossibile (ride), sono cubana… La musica è come una parte della mia fede, la prendo assai sul serio: è una responsabilità perché ogni volta che io mando una lettera al mondo, so che la stanno ascoltando molte persone. Inoltre sono molto grata di poter comunicare con molte persone attraverso la musica e con i miei fan che mi seguono e pregano per me.

Lei prega?

Gloria Estefan: Io prego molto! E lo faccio in molte canzoni, una delle quali, ad esempio, si chiama Caridad del Cobre, che è la Madonna di Cuba. Io so che ogni volta che questa canzone viene trasmessa per radio, è come una preghiera, un po’ come Always Tomorrow o Coming Out Of The Dark.

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Sergio Mora

Buenos Aires, Argentina Estudios de periodismo en el Istituto Superiore di Comunicazione de Roma y examen superior de italiano para extranjeros en el Instituto Dante Alighieri de Roma. Periodista profesional de la Associazione Stampa Estera en Italia, y publicista de la Orden de periodistas de Italia. Fue corresponsal adjunto del diario español El País de 2000 a 2004, colaborador de los programas en español de la BBC y de Radio Vaticano. Fue director del mensual Expreso Latino, realizó 41 programas en Sky con Babel TV. Actualmente además de ser redactor de ZENIT colabora con diversos medios latinoamericanos.

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