Dicono che il già movimentato Sinodo straordinario sulla famiglia si sia diviso in due ieri sulla decisione di pubblicare o meno le relazioni dei Circuli minores. In un primo momento la Segretaria generale del Sinodo aveva optato per la scelta di non rendere noti gli interventi dei dieci gruppi divisi per lingua. Tuttavia, un’accesa discussione tra vescovi e cardinali ha decretato alla fine che le indicazioni e gli orientamenti emersi durante i Circoli venissero condivisi con il grande pubblico. E quindi la Sala Stampa vaticana ha fornito una sintesi delle discussioni di ogni Circolo: ognuna chiede una modifica della Relatio post disceptationem, il documento letto lunedì scorso in Aula dal cardinale Peter Erdo, relatore generale del Sinodo, che raccoglie gli interventi della prima settimana di lavoro dell’assise e che ha generato non poche polemiche. Chi suggerisce integrazioni, chi richiede approfondimenti, chi esprime perplessità su alcune parti del testo: di fatto, tutti i Padri chiedono una profonda revisione del documento che, come più e più volte ha precisato padre Lombardi, è solo provvisorio. Di seguito, una sintesi dei dibattiti nei tre Circoli in lingua italiana.
CIRCULUS ITALICUS A
“Quale scopo si prefigge il Sinodo?”
Da questa domanda si è snodato il lavoro del primo Circolo, moderato dal card. Fernando Filoni, con mons. Edoardo Menichelli come relatore. Partendo da questo dubbio, hanno ribadito la necessità di una pastorale dentro la quale alla famiglia venga riconosciuto il proprio posto nella Chiesa. Il gruppo si è poi soffermato sule sfide e gli elementi che “intersecano la vita familiare ponendo interrogativi nuovi e provocando suggestioni che toccano la coscienza”. Quindi il fenomeno delle migrazioni che “spezza” le famiglie, e le bio-tecnologie che hanno ridotto la famiglia ad una sorta di “campus sperimentale con risvolti etici ed educativi di non facile soluzione”.
Il Circolo ha proposto quindi dei “Modi” (suggerimenti di variazione e integrazione della Relatio) sul ruolo e la dignità della donna e ricordato che come antidoto al “soggettivismo esasperato” che rallenta ogni dinamica di comunione si contrappone la testimonianza di tante famiglie che vivono con impegno il matrimonio.
I Padri non sono riusciti tuttavia a dare una interpretazione adeguata e condivisa dell’espressione “legge della gradualità” usata nella Relatio. In particolare si reputa che questo punto della Familiaris Consortio – che si riferiva a una questione morale circa la paternità e la maternità consapevole – non sia applicabile al contesto di oggi. “L’espressione – affermano – sembra essere sfuggente con il pericolo di far pensare che le difficoltà della vita sponsale inducano ad abbassare il significato plenario della vocazione sponsale stessa”.
Pertanto tale passaggio “non sembra offrire un’adeguata proposta circa la verità del matrimonio” e andrebbe riscritta presentando “in modo chiaro e anche gioioso il progetto del matrimonio posto da Dio Creatore, nella Genesi e ripreso da Gesù”, e rifacendosi agli insegnamenti del Vaticano II (Gaudium et Spes) e del Magistero Pontificio (Familiaris Consortio) dove il matrimonio viene presentato come “mutuo dono di sé stessi”.
Riguardo alle prospettive pastorali l’Italicus A sottolinea alcune esigenze nella pastorale ordinaria, come ad esempio valorizzare il laicato anche formando persone ad acquisire competenze specifiche per il servizio delle famiglie e proporre un itinerario comune per la formazione di laici e sacerdoti. Uno sguardo particolare i Padri viene dato al tema della preparazione al matrimonio e dell’accompagnamento personale dei nubendi, in modo da render chiaro non solo la validità ma soprattutto la “fruttuosità” del sacramento.
Sui temi ‘caldi’, il Circolo ribadisce la “cura pastorale” rispetto ad unioni civili, convivenze, separati, divorziati non risposati, divorziati risposati e persone omosessuali. Più specificatamente, circa la ‘cura’ delle unioni civili e delle convivenze, si suggerisce che “la sensibilità maggiore della pastorale voglia cogliere gli aspetti positivi che non appartengono all’esperienza stessa ma che vanno trovati dentro l’esperienza, naturalmente con lo sguardo trasformativo verso l’accoglimento del dono del matrimonio e della famiglia”.
Non si è condivisa invece la possibilità dell’azione diretta del Vescovo diocesano nei processi di dichiarazione di nullità soprattutto in riferimento a un deficit di preparazione specifica, mentre è stata ritenuta più valida una pastorale sinergica che coinvolga tribunali, consultori e i vari uffici famiglia delle diocesi.
Sulla ammissione ai sacramenti per i divorziati risposati i Padri, pur sensibili alla problematica, propongono di ristudiare l’argomento alla luce del n. 84 della Familiaris Consortio al fine di precisare eventuali condizioni diverse dalla disciplina attuale. Sulle persone omosessuali è stato rimarcato un impegno di prossimità da parte della Chiesa, in quanto “casa aperta”, valorizzando “i doni, la buona volontà e il cammino sincero di ciascuno”. Tuttavia è stato riaffermato che le unioni fra le persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna ed è stata espressa la preoccupazione di salvaguardare i diritti dei figli “che devono crescere armonicamente con la tenerezza del padre e della madre”.
Un ultimo punto: la necessità di garantire la continuità dell’evangelizzazione all’interno della famiglia, attraverso anche il coinvolgimento di varie esperienze ecclesiali (Associazioni, Movimenti e nuove comunità) che costituiscono “una ricchezza nella vita della Chiesa”.
CIRCULUS ITALICUS B
“La famiglia cristiana non sia stata trascurata nel dialogo sinodale”
Il Circolo (moderatore Bagnasco, relatore Fisichella) parte invece dal “Vangelo della famiglia”, quale fondamento su cui costruire l’intero impianto del documento. Il gruppo evidenzia infatti una “sproporzione” tra la trattazione del vangelo della Famiglia e le diverse situazioni di crisi, che non permettono di cogliere immediatamente la visione positiva e la bellezza della famiglia.
I primi destinatari delle riflessioni – affermano i Padri – devono essere proprio le famiglie cristiane “che hanno l’urgente bisogno di essere sostenute nella loro testimonianza” in un contesto certamente non facile. Pertanto, non ci si può permettere di dare l’impressione che la famiglia cristiana sia stata trascurata nel dialogo sinodale.
Viene rivolto perciò uno sguardo alla famiglia nelle grandi città e metropoli, e quelle di piccoli paesi e villaggi. Un pensiero anche sulla condizione degli anziani, tema verso cui la Chiesa non dovrebbe trovarsi impreparata ma, al contrario, lungimirante nel proporre impegni pastorali che rendano evidente la sua presenza e vicinanza. Ci sono infatti famiglie di anziani ridotte in povertà, sole, relegate lontano dai parenti, prive di speranza e proiettate verso la morte. “Queste realtà ci interrogano e obbligano a una risposta credibile. Il nostro silenzio sarebbe dannoso”, dicono i Padri.
Evidenziano poi che alcune tematiche del Sinodo presentano una oggettiva complessità che richiede l’approfondimento di esperti della materia. “La fretta di arrivare ad alcune conclusioni non sempre permette di ottenere il risultato sperato”. Quindi meglio aspettare a prendere alcune decisioni, e farlo in maniera ponderata con il necessario supporto storico e teologico. Questo vale sia per le proposte di percorsi penitenziali sia per una corretta disanima della prassi propria alle Chiese ortodosse.
Inoltre, pensando alla Relatio Synodi, i Padri sottolineano che “il carattere pastorale di questo Sinodo dovrebbe evidenziare ancora di più che
non esiste una frattura tra la dottrina e la pastorale, ma che questa si fonda sulla prima e ne esprime la verità nella vita quotidiana della comunità cristiana”.
Si parla quindi delle coppie che vivono una maternità o paternità ferita e che comunque accettano questa loro condizione, aprendosi ad “una scelta di amore gratuito” che è l’adozione. Scelta “che genera a nuova vita e che dona speranza per il futuro”. Le forme di adozione e di affidamento sono quindi “da sostenere”, sottolinea il Circolo, in quanto strada privilegiata rispetto a quella più facile della maternità medicalmente assistita. L’appello va quindi ai governi affinché facilitino la pratica piuttosto di impedirne l’accesso mediante “forme burocratiche asfissianti”.
Il secondo Circolo italiano chiede poi che il lavoro sinodale continui affermando che “il matrimonio e la famiglia non sono in primo luogo un’esigenza etica”, ma prima di tutto “una dimensione ontologica e sacramentale a fondamento dell’orizzonte etico”. Perciò non si deve aver timore di esprimere un giudizio su questioni divenute ormai espressioni culturali dominanti. “Questo non appare coerente con la missione profetica che la Chiesa possiede”. Anzi si rischia di scadere in un facile populismo che tutto assopisce e ovatta.
Ciò diventa evidente soprattutto dinanzi a situazioni di de-istituzionalizzazione del matrimonio e della famiglia in forza di pretesi diritti individuali. O anche in fenomeni ‘minori’ come internet che veicola espressioni della cultura contemporanea che famiglie e istituzioni dovrebbero tenere più sotto controllo.
CIRCULUS ITALICUS C
“Ribadire esplicitamente la dottrina su matrimonio e non usare eufemismi per non provocare malintesi”
Moderato da mons. Angelo Massafra e relato da p. Manuel Jesús Arroba Conde, il Circulus C inizia i suoi lavori con lo stupore per la grande diffusione pubblica della Relatio post disceptationem. Alcuni in senso positivo, altri suggeriscono invece di evitare tale prassi nel futuro e di mantenere la tradizione di pubblicare gli interventi dei singoli.
Al di là di questo, il terzo gruppo italiano pone in luce due sensibilità diverse. Una riguarda la “preoccupazione” per la “mancata accoglienza integrale” del Vangelo della famiglia. Pur accettando la linea della misericordia caratterizzante questo Sinodo, i Padri ritengono infatti “imprescindibile” che la Relatio finale ribadisca “in maniera esplicita” la dottrina su matrimonio, famiglia e sessualità, senza tentennamenti nell’avvalersi delle categorie di ‘peccato’, ‘adulterio’, ‘conversione’ rispetto a situazioni oggettivamente “contrastanti” con il Vangelo della famiglia. In altre parole: è inutile addolcire la pillola, gli eufemismi possono provocare malintesi tra i fedeli, soprattutto a causa delle distorte interpretazioni della stampa non specializzata.
La seconda sensibilità parte dalla priorità da attribuire al “desiderio di famiglia” seminato dal Creatore nel cuore di ogni persona, anche di quei fedeli che, per varie ragioni, non lo vivono in piena coerenza con la Parola di Cristo. Ragioni come la mancata coscienza di peccato e i gravi condizionamenti culturali; per questo il Circolo ritiene necessario un linguaggio “nuovo e incoraggiante” che faccia leva sugli elementi positivi già presenti nelle esperienze familiari “imperfette”.
Infine vengono analizzati alcuni pericoli e sfide della famiglia oggi che risultano “lacune” della Relatio post disceptationem. Ad esempio, la rottura del nesso matrimonio-famiglia-vita in forza di una esagerata esaltazione dell’individuo che ricompone la triade a proprio piacimento. Oppure l’insufficiente attenzione delle strutture pastorali abituali alle esperienze di vita e di fede che incombono sulle famiglie concrete.
Anche in questo Circolo, poi, sono state espresse perplessità circa la legge della gradualità – che si rischia “di tramutare in gradualità della legge” – e la questione del grado di comunione con la Chiesa delle persone coinvolte in situazioni irregolari. A tal proposito, l’Italicus C ha votato a maggioranza una proposta che apre la possibilità di accesso dei divorziati ai sacramenti “in condizioni precise ed in momenti definiti della vita ecclesiale e familiare, valorizzando il significato dell’Eucaristia come sacramento per la crescita nella vita cristiana, tenendo ferma la dottrina sull’indissolubilità coniugale”.