L’episcopato argentino torna a prendere posizione contro due piaghe del Paese latino-americano: droga e aborto. Con una lettera segnalata dall’agenzia Fides il vescovo di Posadas, mons. Juan Rubén Martínez, ha definito la droga “un male che sta crescendo rapidamente nel nostro Paese”. Ha poi aggiunto che esso è “incontrollato, produce silenzi e paure, costringe i cittadini ad essere semplici spettatori di qualcosa che ci fa sentire sconfitti”.
Mentre la tossicodipendenza continua a mietere molte vittime in Argentina, mons. Martínez osserva che “sembra normale, e questo è molto grave, che chi combatte contro la droga si esponga a minacce personali o alla sua famiglia, quando non arrivi a perdere la propria vita”.
Il presule interviene poi nel dibattito politico, e considera “deplorevoli e irresponsabili” alcune proposte atte a “liberare completamente il consumo delle droghe, riferendosi ovviamente all’uso che sta danneggiando i nostri bambini e giovani, che cadono nel consumo e sono le vittime del business e delle mafie, che crescono in maniera incontrollata nel nostro Paese”.
Di qui la necessità – osserva il vescovo – di adottare politiche di educazione e prevenzione, poiché “la droga è morta”. Contro questa equazione va affermata la Parola di Dio, che ci dice che “Gesù è la risurrezione e la vita”, quindi “anche se molte ombre si accentuano nella nostra realtà, crediamo che anche per questo problema la vita trionferà sulla morte”.
Trionfo, quello della vita sulla morte, che è la cifra dell’intervento della commissione esecutiva della Conferenza episcopale argentina in merito al progetto di legge, a breve esaminato dal Congresso nazionale, che si propone di depenalizzare l’aborto. I vescovi ricordano che “il Santo Padre ha segnalato che la tutela della vita umana fin dal concepimento è stata recentemente ratificata dal nuovo codice civile e commerciale, il quale afferma che ‘l’esistenza dell’essere umano inizia al momento del concepimento’”.
Nel documento che hanno diramato, dal titolo “L’aborto non è mai la soluzione. La vita è un diritto umano fondamentale”, i presuli affermano, come riporta l’Osservatore romano: “Sappiamo, perché la scienza lo dimostra, che la vita umana inizia al momento del concepimento, è lì che si configura un essere umano nuovo, unico e irripetibile”. Prosegue quindi il documento: “Vogliamo affermare chiaramente che quando una donna è in stato di gravidanza non parliamo di una vita ma di due, quella della madre e quella del suo bambino non ancora nato. Entrambi devono essere protetti e rispettati. La biologia, dimostra in modo incontrovertibile attraverso il dna, che dal momento del concepimento esiste una nuova vita umana che deve essere tutelata giuridicamente. Il diritto alla vita è un diritto umano fondamentale”.
Ricordando infine la tradizione giuridica dell’Argentina, in virtù della quale la vita umana è protetta sin dal concepimento, i vescovi sottolineano che “questa protezione, lungi dall’esprimere una visione religiosa, è manifestazione del rispetto che merita ogni vita umana e che è alla base del funzionamento del sistema dei diritti umani”. Al contrario, “una legislazione che non protegge la vita promuove una cultura della morte”.