Il cardinale Jean Louis Tauran, attuale presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, è stato per anni prima sotto-segretario poi segretario per i rapporti con gli Stati, della Santa Sede.
Per ricordare cosa accadde il 9 novembre 1989, quando il muro di Berlino crollò clamorosamente, ZENIT lo ha intervistato.
Dove era e come ha saputo della caduta del Muro di Berlino?
Ricoprivo allora il ruolo di sotto-segretario per i rapporti con gli Stati. Mi trovavo a Bordeaux per un breve periodo di vacanze. Ricordo quello che mi disse Papa Giovanni Paolo II: “tutti sapevano che il sistema comunista non funzionava e stava per cadere, ma nessuno pensava o si aspettava che il crollo sarebbe stato così veloce e senza spargimento di sangue”. Quando fu eletto Papa, Giovanni Paolo II mi disse. “il comunismo è morto”.
Sembra che il Cremlino fosse dietro all’attentato che colpì Giovanni Paolo II: forse pensavano che eliminando il Papa polacco si poteva evitare il collasso dell’impero sovietico …
Non si sa, ma il messaggio dell’attentato era chiaro: si trattava di un Papa che dava fastidio. Sono convinto che siano almeno tre le cose importanti che precedono l’attentato: la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) di Helsinki che creò nel 1975 una nuova filosofia delle relazioni tra est e ovest; Gorbaciov e l’impatto sulla società sovietica; e poi l’elezione di Papa Giovanni Paolo II. Gorbaciov e Wojtyla sono stati due uomini provvidenziali.
Quanto ha influito in questo processo l’ostpolitik vaticana?
L’ostpolitik ha dato il suo contributo nella misura in cui ha permesso alla Chiesa del silenzio di sopravvivere e parlare. È sopravvissuta fino a quando il Papa di Cracovia è stato eletto, dopodiché il silenzio è stato infranto…
Come avete avuto la notizia del crollo del muro?
Lo abbiamo appreso dai media, oltre al fatto che avevamo nunzi itineranti come l’Arcivescovo Luigi Poggi che ricopriva l’incarico speciale per le relazioni con Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria.
Che ha fatto Giovanni Paolo II quando ha ricevuto la notizia?
Ha pregato. Ricordo che quando è stato annunciata la visita di Gorbaciov in Vaticano, Giovanni Paolo II si è preparato leggendo ogni giorno per un mese intero una pagina del Vangelo in russo. L’incontro tra i due ebbe luogo senza traduttori. Si parlarono in russo ed in polacco.
Che cosa ci insegna la caduta del muro?
Che i popoli non si possono mai separare, perché siamo fatti per vivere insieme nel rispetto e nella cultura di ognuno.
Il comunismo è stato indicato come una minaccia per l’Occidente cristiano più pericolosa di quella rappresentata dai radicali islamici. Qual è il suo parere in proposito?
Ogni crisi ha una sua caratteristica specifica. È difficile fare un confronto. Per quanto riguarda l’Europa, tutti i paesi dell’Europa orientale hanno un patrimonio comune: sono cristiani. È normale che un giorno o l’altro vadano a ritrovare la loro origine comune.
Prima del crollo del muro, Giovanni Paolo II fece un viaggio in Polonia. Può aver influito su quello che sarebbe accaduto?
Non ero con il Papa in quel viaggio, però ricordo che in Germania Est la rivolta è iniziata con le chiese ortodosse che organizzarono una processione con le candele accese in segno di libertà. Il crollo è avvenuto in tempi molto rapidi, senza spargimento di sangue. Il sistema era svuotato dall’interno e collassò. Che qualcosa si stesse muovendo lo compresi già nel maggio del 1987 o 1988, quando, nel corso di una conferenza sulla cooperazione a Vienna, il Patriarca ortodosso Pimen rilasciò una intervista alla Pravda in cui parlava delle fede cristiana in Russia.
Che cosa pensavano i popoli orientali del Papa polacco?
Per loro era una sicurezza. Sapevano che conosceva la Chiesa dal di dentro, non era un diplomatico, era un leader religioso. Sapevano che avrebbe parlato per loro conto, e che avrebbe difeso la Chiesa del silenzio.
Qual è la morale di questa storia?
Che la verità, alla fine, trionfa sempre”.
Il cardinale Tauran ha ricordato il discorso che Giovanni Paolo II fece al corpo Diplomatico, il 13 Gennaio, 1990, due mesi dopo la caduta del muro di Berlino. Ne riportiamo alcuni passaggi.
Ha detto Giovanni Paolo II: “Noto anche con soddisfazione la presenza tra voi dell’Ambasciatore di Polonia, una nazione che, dopo una lunga parentesi, ha riallacciato le sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede”.
“La sete irreprimibile di libertà manifestatasi in essi ha accelerato le evoluzioni, ha fatto crollare i muri e aprire le porte: tutto ha assunto il ritmo di un autentico sconvolgimento. Come avrete certamente notato, il punto di partenza o il punto d’incontro è stato sovente una chiesa. Poco a poco si sono accese candele per formare un vero cammino di luce, come per dire a coloro che per anni hanno preteso limitare gli orizzonti dell’uomo, a questa terra, che egli non può rimanere indefinitivamente incatenato”.
“Varsavia, Mosca, Budapest, Berlino, Praga, Sofia, Bucarest, per citare solo le capitali, sono diventate praticamente le tappe di un lungo pellegrinaggio verso la libertà. Dobbiamo rendere omaggio ai popoli che, al prezzo di sacrifici immensi, hanno coraggiosamente intrapreso questo pellegrinaggio ed ai responsabili politici che l’hanno favorito. La cosa più ammirevole negli avvenimenti dei quali siamo stati testimoni, è che interi popoli abbiano preso la parola: donne, giovani, uomini hanno vinto la paura. La persona umana ha manifestato le risorse inesauribili di dignità, di coraggio e di libertà che custodisce in sé. In paesi nei quali per anni un partito ha dettato la verità in cui credere e il senso da dare alla storia, questi fratelli hanno dimostrato che non è possibile soffocare le libertà fondamentali che danno un senso alla vita dell’uomo: la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, d’espressione, di pluralismo politico e culturale”.
“La neutralità ideologica, la dignità della persona umana sorgente di diritti, la priorità della persona rispetto alla società, il rispetto delle norme giuridiche democraticamente consentite, il pluralismo nell’organizzazione della società, sono valori insostituibili senza i quali non è possibile costruire durevolmente una casa comune all’est e all’ovest, accessibile a tutti e aperta sul mondo. Non può esservi società degna dell’uomo senza il rispetto dei valori trascendenti e permanenti. Quando l’uomo fa di sé la misura esclusiva di tutto, senza riferirsi a Colui dal quale tutto viene ed al quale questo mondo ritorna, egli diventa presto schiavo della propria finitudine. Il credente invece sa per esperienza che l’uomo è veramente uomo solo riconoscendosi da Dio e accettando di collaborare al piano di salvezza: “Riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 52)”.
“Il momento è venuto per gli europei dell’Occidente, i quali hanno il vantaggio di aver vissuto lunghi anni di libertà e di prosperità, di aiutare i loro fratelli del Centro e dell’Est a riprendere pienamente il posto che spetta loro nell’Europa di oggi e di domani. Sì, il momento è propizio per raccogliere le pietre dei muri abbattuti e costruire insieme la casa comune”.
Papa Wojtyla concluse affermando: “Il nuovo clima che si è così instaurato progressivamente in Europa ha favorito progressi considerevoli nei negoziati per il disarmo nucleare, chimico e convenzionale. L’anno 1989 potrebbe certamente contrassegnare il declino di quella che veniva chiamata “la guerra fredda”, della divisione dell’Europa e del mondo in due campi ideologici opposti, della corsa sfrenata agli armamenti
e dell’incapsulamento del mondo comunista in una società chiusa”.
“Siano rese grazie a Dio che ha voluto ispirare agli uomini questi “pensieri di pace” che Cristo, venendo a noi nella notte di Natale, ha deposto in ognuno come un retaggio e un fermento, capaci di cambiare il mondo!”.
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Discorso completo di Giovanni Paolo II al corpo diplomatico del 13 Gennaio 1990: http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1990/january/documents/hf_jp-ii_spe_19900113_corpo-diplomatico_it.html