Non c'è diritto se non si difendono la vita e la libertà religiosa

Monsignor Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha chiesto all’ONU di difendere e garantire il diritto alla vita, respingere la pena di morte e assicurare la libertà religiosa

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“Il diritto alla vita, così come è racchiuso nella legge naturale e protetto dalle norme del diritto umanitario internazionale, è alla base di tutti i diritti umani. La Santa Sede ribadisce che tutta la vita deve essere protetta integralmente in ogni sua fase, dal concepimento fino alla morte naturale”.

Lo ha detto il 29 ottobre a New York l’arcivescovo Bernardito Auza osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo alla 69ª sessione dell’assemblea generale

Dal testo completo dell’intervento pubblicato in inglese dal Bollettino della Sala Stampa Vaticana e in italiano dall’Osservatore Romano, si evince che la Santa Sede ribadisce con franchezza il diritto alla vita, si oppone alla pena di morte e chiede con forza la libertà religiosa.

In merito al rispetto dei diritti umani nel mondo la Santa Sede apprezza “la diminuzione, negli ultimi due anni, del ricorso alla pena di morte nel mondo” perché, come riaffermato da Papa Francesco, quest’ultima “esclude qualsiasi possibilità di redenzione e di recupero”.

L’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha denunciato i rischi del  “populismo penale” che, per risolvere i mali della società privilegia la punizione rispetto a una ricerca più rigorosa della giustizia sociale e a misure preventive.

A questo proposito monsignor Auza ha riportato l’invito del Pontefice per “migliorare le condizioni nelle carceri, per rispetto della dignità umana dei detenuti, molti dei quali, in tante parti del mondo, vengono rinchiusi per lunghi periodi senza processo”.

Insieme al diritto alla vita, la Santa Sede ha sottolineato l’importanza della libertà religiosa, soprattutto in considerazione delle tante violenze esercitate contro le minoranze religiose.

“La mia Delegazione – ha detto monsignor Auza –  insiste sul fatto che queste spietate violazioni non devono essere viste solo come violenza contro minoranze etniche e religiose, ma devono anzitutto e soprattutto essere condannate come palesi violazioni di diritti umani fondamentali e trattate di conseguenza”.

Secondo l’Osservatore della Santa Sede, “il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale inalienabile; pertanto, è sempre stato e sempre sarà al centro della lotta per il riconoscimento dei diritti umani fondamentali e il loro libero esercizio”.

In questo contesto, la Delegazione Vaticana ha espressamente apprezzamento per il Rapporto provvisorio del Relatore speciale sulla libertà di religione o di credo (A/69/261) che, tra le altre cose, identifica misure di «ragionevole intesa» per superare la discriminazione e la violazione di questo diritto umano fondamentale nel posto di lavoro.

Monsignor Auza ha precisato che “la libertà di religione o di credo comprende il diritto di tutti di praticare la propria fede singolarmente o in comunità, in pubblico o in privato, e il diritto di cambiare la propria religione o il proprio credo”.

A questo proposito, il presule si è augurato che la risoluzione su Rafforzare e migliorare il funzionamento effettivo del sistema degli organi dei trattati sui diritti umani (A/RES/68/268) “si traduca in una riforma significativa per un maggior rispetto dei trattati (pacta sunt servanda) e in un controllo fedele e oggettivo, non politico o ideologico”.

In conclusione l’Osservatore della Santa Sede ha rilevato che a fronte dei fallimenti nell’arrestare violazioni massicce di diritti umani fondamentali — compresa soprattutto la libertà di religione — e del diritto umanitario internazionale, “è giunto il momento di prendere decisioni coraggiose” per “rafforzare il rispetto e l’apprezzamento dei diritti umani fondamentali nel mondo”.

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ZENIT Staff

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