I Paesi del Golfo e il terrorismo islamico

Il recente summit del Consiglio di Cooperazione del Golfo potrebbe rappresentare una svolta nei rapporti con l’Isis

Share this Entry

Riordinare la “Casa del Golfo”. È questo l’obiettivo a cui è giunto il Consiglio di Cooperazione del Golfo, riunitosi in un summit a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, lo scorso 16 novembre. Il risultato conseguito è stato il ritorno degli ambasciatori di Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita in Qatar, dopo che i propri governi li avevano richiamati nel marzo scorso.

La crisi diplomatica con Doha può ritenersi dunque appianata. La causa scatenante era stato il protagonismo assoluto ostentato dal Qatar, uno dei Paesi più ricchi della regione, che si è rivelato in una politica estera che gli altri Paesi del Golfo avevano considerato dannosa ai loro interessi e agli equilibri politici dell’area.

Il Qatar, sovente accusato di un silenzioso sostegno a diverse formazioni islamiste, è stato accostato anche al Movimento dei Fratelli Musulmani, messo al bando da diversi Paesi arabi giacché considerato organizzazione terroristica.

Proprio questo rapporto privilegiato con i Fratelli Musulmani é stato uno dei motivi dell’isolamento di Doha, la quale ospita i loro leader. Doha che inoltre rappresenta, insieme al suo principale alleato, la Turchia, una seria minaccia alle politiche saudite a sostegno del potere di Al Sisi in Egitto e in tutto il Medio Oriente. All’interno di questo scacchiere si collocano poi le dichiarazioni dell’Isis secondo cui l’Arabia Saudita sarebbe il loro prossimo obiettivo bellico.

Uno degli elementi che ha particolarmente spinto il Qatar a rivedere la sua politica, è stato la pubblicazione da parte degli Emirati Arabi di una “lista nera” composta di ottantatre enti religiosi e movimenti politici dichiarati organizzazioni terroristiche. In cima compare il Movimento dei Fratelli Musulmani e l’Unione mondiale degli ulema islamici.

Quest’ultima organizzazione, nata a Londra nel 2004, è guidata dallo sceicco egiziano Yusuf Qaradawi, residente in Qatar, presidente dell’Unione e noto  propagandista di Al Jazeera. Qaradawi aveva dichiarato recentemente illecito combattere l’Isis, rivelando che Al Baghdadi, capo dell’organizzazione terroristica, è affiliato ai Fratelli Musulmani.

La lunga lista comprende 23 brigate legate ad al Qaeda che combattono tra le fila dell’opposizione contro il governo siriano, come Ahrar Al Sham e Al Nusra. Accanto a queste organizzazioni impegnate sui campi di battaglia, ve ne sono altre che sono considerate luogo di raccolta di denaro per finanziare i terroristi con armi o per reclutarli: tra loro spiccano l’Unione delle organizzazioni islamiche in Europa e diverse organizzazioni islamiche europee, tra le quali anche l’Alleanza Islamica d’Italia.

La pubblicazione di questa lista da parte degli Emirati Arabi e la frattura risanata tra Paesi del Golfo e Qatar, sono due elementi che potrebbero rappresentare una svolta capace di coinvolgere tutto il Medio Oriente. Un ricco canale di finanziamento nei confronti dei terroristi si avvia verso la chiusura?

Share this Entry

Naman Tarcha

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione