“Divorzio per direttissima”. È così che è stata definita la norma, contenuta nell’ormai noto ddl “divorzio breve”, approvata ieri dalla commissione Giustizia del Senato. I tempi per sancire un addio tra una coppia di sposati si riducono drasticamente: da sei mesi in caso di separazione consensuale a dodici mesi. Il “divorzio per direttissima” potrà tuttavia riguardare solo le famiglie in cui non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o con handicap gravi e figli minori di 26 anni non autosufficienti economicamente.
Il testo – approvato con 15 sì, 5 no e un astenuto – ha di fatto spaccato la maggioranza di governo e creato fratture all’interno dei partiti. I senatori di Nuovo Centrodestra hanno votato contro e ha poi abbandonato i lavori di commissione. In Forza Italia si sono registrati tre voti differenti: Giacomo Caliendo non ha partecipato alla votazione, Lucio Malan ha detto no, mentre Ciro Falanga ha votato a favore. Così come gli esponenti di M5S e Partito democratico, tra i quali fa eccezione il solo Giuseppe Cucca. Nel partito del presidente del Consiglio, tuttavia, si è venuta a creare una vera e propria fronda, con 30 senatori che hanno firmato un documento “contro la scelta” del Pd di “varare il divorzio lampo che prevede l’abolizione del periodo di separazione”.
“Io mi sono rimesso alla Commissione – ha spiegato Enrico Costa, Ncd e viceministro della Giustizia – ma a mio avviso questa era una norma sulla quale si sarebbe dovuto riflettere molto di più”. Deluso il suo compagno di partito Maurizio Sacconi: “Gravissima combinazione tra larga parte del gruppo del Pd e M5S sulla riforma del divorzio che esclude adeguate garanzie nel caso di coniugi con figli. Nei giorni scorsi avevo minacciato dimissioni nel caso di maggioranze anomale. Per quanto mi riguarda non sono disposto a sopportarle svolgendo la funzione di capogruppo”.