Dopo tanto parlare di vescovi e cardinali, nell’Aula del Sinodo in Vaticano è risuonata la voce di chi della grande assise è il protagonista: la famiglia. Tra ieri e oggi, due delle dodici coppie partecipanti al Sinodo hanno preso parola davanti ai rappresentanti delle Chiese di tutto il mondo, raccontando i momenti di gioia ma anche di rabbia e frustrazione della vita matrimoniale, senza dimenticare di invocare un sostegno dalla Chiesa per le nuove sfide che l’istituto familiare si trova oggi ad affrontare.
La prima coppia è intervenuta ieri pomeriggio. Si tratta di Ron e Mavis Pirola, coniugi australiani, che in Aula hanno ripercorso i 55 anni trascorsi insieme: dal primo colpo di fulmine, alle telefonate e i bigliettini, fino alle soddisfazioni e le fatiche di diventare genitori.
In particolare, i due sposi hanno centrato l’attenzione sulla “intimità sessuale”, fulcro – hanno detto – della vita di coppia intesa in senso cristiano. “Poco a poco – hanno spiegato Ron e Mavis – ci siamo resi conto che l’unica caratteristica che distingue il nostro rapporto sacramentale rispetto a qualsiasi altro buon rapporto centrato su Cristo è l’intimità sessuale e che il matrimonio è un sacramento sessuale che trova la sua massima espressione in un rapporto sessuale”.
“Noi – hanno aggiunto – crediamo che fino a quando le coppie sposate non arrivano a venerare l’unione sessuale come parte essenziale della loro spiritualità sarà estremamente difficile da apprezzare la bellezza di insegnamenti come quelli dell’enciclica Humanae vitae”. Secondo i coniugi – che insieme ad altre coppie e sacerdoti hanno partecipato a movimenti di spiritualità laicale come Equipes Notre Dame e Worldwide Marriage Encounter – “abbiamo bisogno di nuovi modi e linguaggi facilmente riconoscibili per toccare i cuori delle persone”.
In tal senso la “Chiesa domestica” ha molto da offrire alla Chiesa universale per le modalità di evangelizzazione, sempre in bilico tra la “tensione di sostenere la verità” e la necessità di esprimere “compassione e misericordia”.
Un caso esemplare è quello di alcuni amici dei due sposi, genitori di un ragazzo omosessuale. Questi – hanno raccontato – “stavano organizzando il loro raduno natalizio di famiglia quando il loro figlio gay ha detto che voleva portare anche il suo compagno. Loro credevano pienamente nell’insegnamento della Chiesa ed erano consapevoli che i loro nipoti li avrebbero voluti vedere accogliere il figlio e il suo partner in famiglia. La loro risposta si può riassumere in tre parole: ‘È nostro figlio’”.
Secondo i Pirola, questo è il “modello di evangelizzazione” che le parrocchie dovrebbero imparare dalle chiese domestiche che sono le famiglie. Un altro caso, hanno aggiunto, è quello di una loro amica divorziata che dice “che a volte non si sente pienamente accolta nella sua parrocchia. Tuttavia, va a messa regolarmente e senza lamentarsi con i suoi figli”.
“Per il resto della sua parrocchia lei dovrebbe essere un modello di coraggio e impegno di fronte alle avversità”, hanno osservato Ron e Mavis, sottolineando che proprio da persone come lei “impariamo a riconoscere che tutti portiamo delle ferite interne nella nostra vita”. Essere coscienti delle proprie ferite interne, infatti, “aiuta enormemente a ridurre la tendenza a giudicare altri, un atteggiamento che rappresenta un potente ostacolo per l’evangelizzazione”.
Di diverso tono gli interventi, questa mattina, di George e Cynthia Campos, coppia dell’arcidiocesi di Manila, nelle Filippine, introdotti dal cardinale Luis Antonio Tagle. Entrambi sono fortemente impegnati in “Coppie per Cristo”, un’associazione laica riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i Laici – di cui George è presidente – che ha lo scopo di rinnovare e rafforzare la vita e i valori della famiglia cristiana. Il movimento è attualmente presente in tutte le province e diocesi filippine e diocesi ed è stato esportato in 163 paesi.
Genitori di quattro figli, sposati da 27 anni, i Campos ne hanno trascorsi la metà “ad essere una catechesi vivente della nostra visione di vivere come ‘famiglie nello Spirito Santo per rinnovare la faccia della terra’”. Si sono conosciuti nel convento delle Rosas Hermanas (Suore Serve dello Spirito Santo), una congregazione contemplativa dove Cynthia viveva un’esperienza di noviziato e George faceva il chierichetto.
A un certo punto della loro vita, i due sposi hanno lasciato i rispettivi lavori per “servire” il Signore “insieme come una coppia”. Sono diventati quindi “discepoli missionari a tempo pieno”, impegnati quotidianamente in formazioni didattiche e incontri settimanali di preghiera con altre coppie in diversi paesi delle Filippine ma anche del mondo, tra cui Vietnam, Thailandia e Australia. I figli ora seguono il loro esempio occupandosi delle attività per bambini, giovani e single di “Coppie per Cristo”.
In aula i Campos hanno riferito di due eventi drammatici che hanno segnato il loro matrimonio, superati però grazie ad una profonda fede in Dio. Anzitutto la gravidanza pericolosa di Cynthia: “Alla quarta gravidanza mi è stato diagnosticato il diabete gestazionale e la preeclampsia – ha raccontato oggi la donna -. Ci hanno detto che la mia vita avrebbe corso rischio se avessi continuato la gravidanza e il mio bambino avrebbe avuto un’alta probabilità di nascere anormale. Ci hanno consigliato di scegliere tra l’interruzione della gravidanza o il rischio. È stata veramente una prova di fede e di abbandono. Abbiamo deciso di tenere il bambino e rispettare la volontà del Signore. Per grazia di Dio, sia sopravvissuti entrambi e mia figlia Christen è nata sana e piena di vita”.
Più difficile per i coniugi affrontare il cancro al seno diagnosticato alla donna nel 1998. Secondo i medici, il tumore le avrebbe lasciato al massimo 3-6 mesi di vita. Invece di rinunciare al suo servizio, tuttavia Cynthia ha proseguito con maggiore passione, “sostenuta dalle preghiere della mia famiglia e dalla nostra comunità CFC”.
“La mia preghiera – ha detto – era ‘Signore semplicemente con un tocco delle dita si potrebbe cambiare la mia malattia. Devi solo volerlo’. Dio ha ascoltato le nostre preghiere e per ora mi trovo prima di guarire con un semplice intervento medico e una dose di antibiotici”.