La Chiesa irlandese su referendum nozze gay: "Vogliamo dibattito aperto, senza insulti o ingiurie"

In vista del referendum di maggio sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, il primate mons. Martin chiede libertà di parola per esprimere il punto di vista della Chiesa

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Non vuole imporsi la Chiesa di Irlanda sulla questione della legalizzazione dei matrimoni omosessuali nel paese, ma aprirsi ad un dibattito aperto in modo da far sentire pacificamente la propria voce in vistadel referendum fissato per il prossimo mese di maggio.

“Crediamo di avere qualcosa da dire sulla questione e vorremmo poterlo fare liberamente nell’arena pubblica”, ha affermato il primate irlandese mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh, in un’intervista alla rivista cattolica inglese The Tablet.

A proposito delle sfide e dei cambiamenti in corso nella Chiesa locale, il presule ha invocato un dibattito libero per far sentire le voci pro e contro. Questo intento – ha precisato Martin – deve tradursi una discussione “senza insulti, ingiurie o offese contro nessuno, che si tratti di persone con orientamenti omosessuali, o di credenti che si opporrebbero al cambiamento proposto, perché nella sostanza sarebbe una ridefinizione del matrimonio”.

Infatti, ha puntualizzato l’arcivescovo, “anche il punto di vista della Chiesa sul matrimonio quale unione esclusiva tra un uomo e una donna aperto alla procreazione non è interamente accettato da molte persone”, esso va comunque ascoltato perché mira al bene comune e soprattutto “al bene dei bambini e della società nel suo insieme”. 

Esattamente un mese fa, il 4 dicembre 2014, l’Episcopato irlandese aveva ribadito la propria posizione in vista del referendum di maggio, presentando un documento pastorale sul significato del matrimonio distribuito a circa 1.300 parrocchie.

Nel testo, i vescovi spiegavano che l’unica definizione di matrimonio possibile, radicata profondamente in ogni cultura, è “complementare relazione tra un uomo e una donna, la sola attraverso la quale è possibile la procreazione e l’educazione della prole”. Con ciò – puntualizzavano – non si vuole “escludere o penalizzare nessuno” ma semplicemente affermare ciò che è scritto nella stessa natura.

“Ridefinire la natura del matrimonio significa distruggere la struttura portante della società”, affermava poi l’Episcopato irlandese nel documento, precisando che con la legalizzazione dei matrimoni gay non è in gioco solo “l’uguaglianza o la distinzione tra una visione religiosa e una visione civile del matrimonio”, bensì la “sua stessa natura e l’importanza che la società attribuisce al ruolo delle madri e dei padri nell’educazione dei figli”.

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ZENIT Staff

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