ROMA, mercoledì, 21 novembre 2012 (ZENIT.org).– Nell’ambito del Convegno Nazionale organizzato in occasione del 25° anniversario della Fondazione Migrantes, è stata celebrata questo pomeriggio nella Basilica vaticana una Messa presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI. Riprendiamo l’omelia del porporato.
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Cari Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
1. L’essere qui, sulla tomba del beato Pietro, nel centro della Cristianità, è motivo di commozione e di gioia. Nella Sede del Principe degli Apostoli, accanto all’amabile persona del Santo Padre Benedetto XVI, rivolgiamo a lui il nostro riconoscente saluto mentre gli rinnoviamo la generosa obbedienza ed assicuriamo al suo ministero di Pastore universale la nostra affettuosa preghiera.
Proprio in questo luogo di grazia, facciamo grata memoria dei 25 anni di vita della Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana. Tutti i Vescovi sono dunque qui presenti con affetto, e rinnovano stima e fiducia a questo vitale Organismo che traduce con generosità e intelligenza l’ansia ecclesiale e le indicazioni pastorali dell’intera Conferenza del nostro Paese. Un saluto fraterno e grato a S.E. Mons. Lino Belotti e a S.E. Mons. Paolo Schiavon. Anche la cara figura di S.E. Mons. Bruno Schettino, da poco scomparso, è vivissima nella memoria e nel cuore di tutti per la sua passione nel presiedere la Commissione Episcopale Migrantes: in questa Eucaristia gli rinnoviamo la nostra gratitudine e lo affidiamo al Pastore grande delle anime. A tutti coloro che, in questi venticinque anni, hanno avuto responsabilità a vario titolo in questa specifica attenzione pastorale, va la gratitudine di noi Vescovi e del vasto “mondo della strada”.
2. A te, popolo della strada qui rappresentato, il saluto nostro, di noi Vescovi italiani: un saluto pieno di affetto e di condivisione, che vorrebbe estendersi e farsi abbraccio rispettoso e paterno perché in voi riconosciamo innanzitutto il volto pellegrinante della Chiesa. Voi richiamate i credenti – popolo di Dio – a non fermarsi lungo i sentieri del mondo, a non lasciarsi lusingare da promesse che illudono e da miti che rallentano: in una parola, a non dimenticare che la nostra Patria è altrove. Ci esortate a mettere le nostre radici in Dio. E’ solo Lui la vera Patria, la Terra che non tradisce, che non viene mai meno, la casa accogliente del nostro pellegrinaggio terreno come di ogni piccolo e profondo cammino del cuore. Dove, infatti, possiamo trovare riposo e ristoro, ascolto e abbraccio, se non tra le braccia di quel Dio – il Dio di Gesù Cristo – che mai si rifiutano, qualunque errore o peccato abbiamo compiuto?
Oh, se anche noi oggi potessimo vedere quelle braccia d’amore, sentirne tutta la forza e il calore nei molti cammini di lavoro, di affetti, di incertezze, di ricerche, di fughe forzate, di dolorose lontananze da terre amate, da luoghi familiari, da persone care! Come i nostri passi sarebbero più facili e meno pesanti! In realtà, quando rientriamo in noi stessi, nel segreto dell’anima, quando apriamo una pagina di Vangelo, quando alziamo lo sguardo al cielo limpido o oscuro, quando formuliamo una preghiera, quando vediamo un campanile… Lui è lì che ci incontra, ci parla e dice a ciascuno: coraggio, io sono con te. Ma, ancora di più, Gesù ha voluto rendere il suo abbraccio visibile, ha voluto dargli le sembianze delle braccia umane – poveri nostri segni – perché ogni credente, ogni pellegrino potesse anche vedere e toccare il cuore di Cristo: ecco la Chiesa! La Chiesa è il cuore di Gesù nel mondo, è le sue braccia, l’eco della sua parola, il riflesso della sua luce. Essa è chiamata ad essere casa accogliente, a generare il calore della famiglia, quella dei figli di Dio. Voi questo già lo sapete e per questo voi guardate alla Chiesa con fiducia e speranza. E la Chiesa guarda a voi – nei vostri cammini a volte tribolati – con affetto, sapendo che voi siete Chiesa: la Chiesa cammina con gli uomini perché la sua missione è stare con l’uomo ovunque si trovi, starvi per portarvi la presenza di Cristo.
3. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci interpella in modo particolare, poiché ci apre la strada a legami nuovi e impensabili: possiamo diventare familiari di Cristo. Cari Amici, voi che per motivi diversi di mobilità o di migrazione, vivete senza particolari radicamenti di luogo, più di altri siete in grado di apprezzare i legami degli affetti nella parentela, nell’amicizia, nella solidarietà, ritrovando lì le radici umane di cui tutti abbiamo bisogno. Ebbene il Signore, ben conoscendo il cuore umano, ci indica la via per stabilire con Lui quei rapporti di famiglia, che più di ogni luogo materiale ci donano sicurezza e pace: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre”. Camminare nella sua volontà è dunque diventare intimo di Gesù. Ma qual’è la volontà del Padre così che possiamo diventare familiari di Dio? E’amarlo e così diventare buoni secondo Dio. Essere buoni vuol dire essere giusti e onesti, misericordiosi e benevoli verso tutti perché Dio ci ama, e fa di noi un popolo, la Chiesa, per cui non ci sentiamo stranieri e ospiti da nessuna parte, ma concittadini del mondo in marcia verso il Cielo. Chiudere gli occhi ai fratelli che chiedono un po’ di spazio o lavoro, un po’ di accoglienza e di futuro nella reciprocità dell’amore, significa non fare la volontà del Padre e quindi non essere familiari di Cristo.
4. L’Anno della fede, che il Santo Padre ha voluto per tutta la Chiesa, ha come primo scopo quello di rinverdire la nostra fede, di riscoprirne la bellezza e quindi viverne la gioia: solo così – come è echeggiato durante il Sinodo sulla nuova evangelizzazione – potremo diventare testimoni e messaggeri del Vangelo che illumina e salva. La lieta notizia di Dio che è amore deve rendere lieti i volti dei discepoli, la gioia della fede richiede la gioia dei credenti, quella gioia che non dipende dal successo delle cose o dall’assenza di difficoltà, ma dalla presenza di Gesù, dal saperci amati da Dio.
Se “la fede –come scrive Papa Benedetto XVI – è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui” (Porta fidei, 10), in quello “stare” è contenuto la vita del discepolo: è uno dimorare possibile ovunque, perché non richiede un luogo ma il cuore.
Cari fratelli e sorelle, i Vescovi italiani vi sono vicini, e incoraggiano la Migrantes a continuare con generoso impegno la sua missione. Essa è un’espressione peculiare della nostra presenza: come scrive il Santo Padre nel Messaggio per il 2013, la Chiesa e “le varie realtà che ad essa si ispirano sono chiamate (…) a favorire l’autentica integrazione in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell’altro, generosi nell’assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri”.
La Santa Vergine Maria sia la Stella che ci orienta e conforta mentre ricordiamo le accorate parole di San Bernardo: “Togli via questo astro del sole che illumina il mondo: dove va il giorno? Togli via Maria, questa stella del mare, sì del mare grande e immenso: che cosa rimane se non una vasta caligine e l’ombre di morte e fittissime tenebre?”. Noi non vogliamo camminare nel buio del tempo, ma nella via della luce, e per questo teniamo fisso lo sguardo sul volto materno di Maria, la grande Madre di Dio e Madre dei Popoli.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana