“Is the Pope catholic?” si domandava la copertina shock del settimanale americano Newsweek di qualche giorno fa. Una domanda che aveva creato non pochi malumori prima dell’arrivo del Pontefice negli Stati Uniti. Al fatidico quesito ha voluto rispondere lo stesso Francesco durante gli oltre 30 minuti di intervista con i 76 giornalisti presenti sul volo Santiago de Cuba - Washington D.C.
“Mi chiedete se sono cattolico? Se è necessario posso recitare il Credo…”, è la risposta spiazzante di Bergoglio. Frase presto rimbalzata sui titoli delle diverse agenzie e sui social network. Con il tipico humor, il Papa argentino ha anche replicato ad altre accuse, come quella di essere “comunista" o persino un “anticristo” e un “antipapa”.
“Un amico cardinale - ha spiegato - mi ha raccontato che è andata da lui una signora, molto preoccupata, molto cattolica, un po' rigida, ma buona. E gli ha chiesto se era vero che nella Bibbia si parlava di un Anticristo. Lui ha spiegato che se ne parla nell'Apocalisse. Poi la signora ha chiesto se si parlava di un antipapa. E lui le ha domandato: perché me lo chiede? Ha risposto: ‘Io sono sicura che Francesco è l’antipapa'. E perché? ‘Perché non usa le scarpe rosse’, è stata la risposta”.
Reazioni bizzarre provocate anche da alcune denunce sull'inequità del sistema economico mondiale. Ma Francesco smorza i toni: “Sull’essere comunista o non comunista: io sono certo di non aver detto una cosa in più rispetto a ciò che c'è nella Dottrina sociale della Chiesa”. Poi aggiunge: “Durante l'altro volo una vostra collega mi aveva chiesto, a proposito del mio intervento ai movimenti popolari: ‘Ma la Chiesa lo seguirà?’. Ho risposto: ‘Sono io a seguire la Chiesa’, e su questo credo di non sbagliare. Le cose si possono spiegare, forse qualcosa ha dato un'impressione un po' più ‘sinistrina’, ma sarebbe un errore di interpretazione. La mia dottrina su tutto questo, la Laudato Si' e sull'imperialismo economico, è nell'insegnamento sociale della Chiesa. E se è necessario che io reciti il Credo, sono disposto a farlo…".
Il colloquio con i cronisti si è poi concentrato sui tre giorni trascorsi a Cuba. La prima domanda è naturalmente sull’embargo Usa, denunciato a più riprese dal presidente Raul Castro e da altri rappresentanti della popolazione. Sulla questione, il Papa sottolinea che “il problema dell'embargo è parte del negoziato tra Stati Uniti e Cuba, i due presidenti si sono riferiti a questo, è una cosa pubblica e va nella direzione delle buone relazioni che si stanno cercando”. La sua speranza è tuttavia “che si arrivi presto a un accordo che soddisfi le parti”. “Ne parlerà al Congresso?”, domanda la giornalista. “Non parlerò in modo specifico di questo tema - replica Francesco - ma accennerò in generale agli accordi come segno del progresso nella convivenza”.
Riguardo al mancato incontro con 50 dissidenti bloccati dalla polizia, Bergoglio afferma di non avere notizie degli arresti. “Li voleva incontrare? Che cosa avrebbe detto loro?”, incalza il reporter. “Sono domande futuribili - risponde il Papa -. A me piace incontrare tutti, tutti sono figli di Dio, ogni incontro arricchisce. Era chiaro che io non avrei avuto udienze, non solo con i dissidenti, ma anche con altri, compresi alcuni capi di Stato. Ero in visita in un Paese, non era prevista alcuna udienza”.
“Dalla nunziatura - prosegue - sono state fatte delle telefonate ad alcune persone che sono in questo gruppo di dissidenti, per dire loro che al momento del mio arrivo alla cattedrale, con piacere le avrei salutate. Nessuno però si è identificato come dissidente nel saluto, non lo so se c’erano… Ho salutato tutti quelli che erano lì. Se li incontrassi, non so quello che direi, perché direi quello che mi viene al momento”.
Il Papa sa bene invece ciò che ha detto a Fidel Castro, durante la visita nella casa-clinica del lider-maximo. E lo racconta volentieri al giornalista che ricordava come la Chiesa cubana, nei decenni in cui Castro era al potere, abbia sofferto molto. “Le è sembrato un po’ pentito?”, è la domanda. “Il pentimento è una cosa molto intima, una cosa di coscienza”, ribatte Bergoglio, spiegando che nell'incontro con Fidel si è parlato “dei gesuiti che lui ha conosciuto” - e “di come lo facevano lavorare” - perché “gli ho portato come regalo uno libro e un Cd del padre Llorente, e due libri di padre Pronzato, che sicuramente lui apprezzerà”. Tanto si è discusso sulla Laudato Si’, visto l’interesse e la “preoccupazione” del quasi 90enne ex rivoluzionario sul tema dell'ecologia. “È stato un incontro non tanto formale, ma spontaneo - racconta ancora Francesco - c'era la sua famiglia presente, c'erano anche i miei accompagnatori, il mio autista, ma noi eravamo un po' separati, loro non potevano sentire”.
Nell’intervista, il Santo Padre ricorda inoltre che, in occasione della sua visita, la Chiesa cubana ha lavorato per compilare liste di prigionieri a cui concedere l’indulto, concesso ad oltre tremila detenuti. “Ci sono ancora altri casi allo studio”, spiega. “Qualcuno mi ha detto: sarebbe bello eliminare l'ergastolo! È quasi una pena di morte nascosta, tu stai lì morendo tutti i giorni senza la speranza di liberazione. Un'altra ipotesi è che si facciano indulti generali ogni uno o due anni. Ma la Chiesa sta lavorando e ha lavorato... Non dico che tutti questi tremila erano nelle liste presentate dalla Chiesa, no. Ma la Chiesa ha compilato delle liste, ha chiesto indulti e continuerà a farlo”.
Sempre su Cuba, il Papa risponde a una domanda sul perché in pochi anni ci siano state tre visite papali nell’isola. È forse Cuba “malata” e “soffre per qualcosa?”. “No”, replica secco il Santo Padre, ed evidenzia che “il primo viaggio di Giovanni Paolo II fu storico, ma normale: ha visitato tanti Paesi aggressivi contro la Chiesa. La seconda visita è stata quella di Benedetto, e pure quella era normale”. “La mia - aggiunge - è stata un po' casuale, perché inizialmente avevo pensato di arrivare negli Stati Uniti arrivando dalla frontiera del Messico, da Ciudad Juarez. Ma andare in Messico senza visitare la Madonna di Guadalupe non si poteva…”.
Poi c'è stato l'annuncio del “disgelo”, il 17 dicembre, dopo un processo di quasi un anno, “e quindi ho detto: andiamo negli Usa attraverso Cuba. Non perché abbia dei mali speciali che non hanno altri paesi… Io per esempio ho visitato Brasile, Giovanni Paolo II l'ha visitato tre o quattro volte e non aveva una ‘malattia’ speciale. Sono contento di aver visitato Cuba”.
Un male di cui però il paese caraibico ha sofferto è quello del sistema comunista che il Pontefice - fa notare un cronista - ha criticato in maniera molto più “soft” di come invece ha fatto con il sistema capitalista durante il viaggio di luglio in America Latina. Francesco risponde a tono e, sottolineando la natura prettamente “pastorale” del suo viaggio, afferma: “Nei discorsi che ho fatto a Cuba - che poi erano omelie - ho sempre fatto cenno alla Dottrina sociale della Chiesa. Ma le cose che si devono correggere le ho dette chiaramente, non in modo ‘profumato’. Per quanto riguarda il capitalismo selvaggio non ho detto di più di ciò che ho scritto nell'Evangelii gaudium e nell'enciclica Laudato Si'. Quello che ho scritto è abbastanza”.