Gli studenti del Lussemburgo non avranno più a che fare con la materia della religione. Questo prevede la "Convenzione" firmata lunedì scorso dal governo di Xavier Bettel, che guida una coalizione di verdi-sinistra-liberali, e un consiglio composto da leader delle comunità ebraica, musulmana, cattolica, protestante, anglicana e ortodossa.

La Convenzione, che ha durata di 20 anni, si snoda su tre punti: il sostegno economico dello Stato alle comunità religiose si abbasserà progressivamente dai 24,6 attuali a 8,3milioni di euro, di cui 6,75 alla Chiesa cattolica, che ora ne riceve 23,72. Questa cifra dovrà bastare alla Chiesa anche per pagare i sacerdoti e i collaboratori che assumeranno incarichi pastorali. Secondo punto dell'accordo: gli attuali corsi di religione o formazione morale saranno sostituiti da un cordo di "educazione ai valori". Infine, gli edifici ecclesiali saranno sotto piena responsabilità economica della Chiesa e non più dei Comuni (ad eccezione della cattedrale, la basilica di Echternach e il "Centre Jean XXIII").

All'agenzia Sir l'arcivescovo del Lussemburgo, mons. Jean-Claude Hollerich, commenta: " “Ci sono dei punti molto dolorosi". Indica come "il più doloroso" il fatto "che non ci siano più i corsi di religione nelle scuole". Mons. Hollerich aggiunge inoltre: "Anche il finanziamento dallo Stato sarà progressivamente ridotto a circa il 30% di quanto riceviamo ora, e quanto alle chiese significherà probabilmente che non potremo prenderci cura di tutti gli edifici sacri che abbiamo ora: naturalmente fa male all’arcivescovo dover abbandonare delle chiese. Ma abbiamo una libertà più grande per il futuro". Secondo l'arcivescovo "la Chiesa continua comunque a ricevere un sussidio dallo Stato e le religioni restano nella Costituzione del Lussemburgo, quindi la Chiesa potrà vivere e continuare la sua missione nei prossimi 20 anni”.

Infine mons. Hollerich riconosce che "dopo questa Convenzione la nostra sarà una Chiesa più povera". Ma dichiara che "di questa povertà non ho paura" perché - "come dice papa Francesco", chiosa - "le nostre possibilità nella proclamazione del Vangelo sono un po’ più grandi quando siamo più poveri”.