Promesse non mantenute. Lo scorso ottobre, 50 tra ministri degli Esteri e rappresentanti di organizzazioni internazionali si erano riuniti a Il Cairo, per raccogliere una somma di denaro da destinare alla ricostruzione della Striscia di Gaza, dopo il conflitto con Israele dell’estate 2014 che ha ucciso 2.200 palestinesi, 73 israeliani e ha raso al suolo decine di migliaia di edifici mettendo in ginocchio l’economia palestinese e il suo sistema sanitario.
Erano stati raccolti circa 5,4 miliardi di dollari. Un miliardo era stato promesso dal solo Qatar, mezzo miliardo dall’Arabia Saudita, altri 600milioni da Kuwait, Emirati arabi uniti e Turchia. 568milioni da parte dell’Unione europea e il resto da Stati Uniti, altri Paesi e sigle varie.
Soldi che sono tuttavia rimasti virtuali. L’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa, ha diramato un eloquente comunicato a firma Robert Turner, direttore dell’Agenzia: “Non è chiaro perché il denaro non sia stato trasferito”. Turner spiega che sono necessari immediatamente 100milioni di dollari per proseguire il piano di aiuti delineato dalla conferenza dei donatori riunitosi a Il Cairo ad ottobre.
“La gente di Gaza – sottolinea Chris Gunnes, portavoce dell’Unrwa – paga le conseguenze” del mancato pagamento delle promesse. Secondo Turner la situazione è “inquietante e inaccettabile” perché “la gente è disperata e la comunità internazionale non può nemmeno offrire il minimo, per esempio una casa riparata in inverno”.
La mancanza di aiuti, avverte inoltre Turner, può far scaturire nuove tensioni: l’attuale calma “non durerà” se non si risolve la situazione di estrema povertà. “Stiamo parlando di migliaia di famiglie che continuano a soffrire le conseguenze di questo freddo inverno in rifugi inadeguati. La gente sta dormendo letteralmente nei detriti, alcuni bambini sono morti per ipotermia”.