“Un voto di rabbia”, che è “espressione di un popolo frustrato”, sofferente nel non vedere nel governo precedente, guidato da Antonis Samaras, “nessun segno di sensibilità verso questa sofferenza”. Così mons. Franghiskos Papamanolis, presidente della Conferenza episcopale greca, commenta all’agenzia Sir i risultati delle elezioni di domenica scorsa, che ha visto prevalere il partito di sinistra Syriza guidato da Alexis Tsipras con 149 seggi, due in meno di quelli necessari per la maggioranza assoluta.
Il presule sottolinea che con questo voto i greci si sono voluti opporre all’austerità dell’Unione europea perché “è sulla solidarietà che deve nascere la nuova Europa”. Ma mons. Papamanolis rileva pure “che la campagna elettorale non ha detto nulla, né da una parte né dall’altra. Non abbiamo ascoltato programmi da nessuna parte”. Tsipras ha promesso “speranza e benessere”, e il vescovo avverte che “il popolo non può vivere solo di speranze. La speranza si crea con i fatti e non con le parole”.
Inoltre il presidente dei vescovi ellenici invita a non sottovalutare “l’alta percentuale di astensioni, circa il 40%”. Tsipras ha portato a casa “il 36% del 60% di coloro che hanno votato”, pertanto “questo deve spingere il nuovo leader a lavorare per ridare forza, voce e speranza anche a chi, davanti al baratro della crisi, ha scelto di non votare per disperazione e disaffezione”.
Infine mons. Papamanolis si pone una serie di interrogativi intorno alle promesse di Syriza: “Si è parlato del taglio delle tasse, dell’aumento dello stipendio minimo (da 450 a 751 euro, ndr.), della sanità gratuita per i più poveri, tanto per citare alcuni punti illustrati in campagna elettorale da Syriza. Ma come? Con quali soldi? Dove li troverà? Basterà non pagare i debiti, o cancellarli come ha detto Tsipras? A questa domanda nessuno ha mai risposto compiutamente. E per arrivare a questi risultati bisognerà lottare, non poco, contro una grande corruzione”.