Un’accoglienza da rockstar quella riservata a Bergoglio dalle famiglie filippine riunite in gran numero nel “Mall of Asia Arena” di Manila. Dell’intero viaggio nell’arcipelago l’incontro nel Palazzo dello Sport è sicuramente l’appuntamento più emozionante e partecipato.
Al suo ingresso, il Papa si guardava intorno divertito nel vedere questa folla variegata urlare e cantare ad ogni suo avvicinamento. 20mila persone, tra bambini, anziani, coppie, interi nuclei familiari sono venuti a dare il loro saluto al Santo Padre per rimarcare quanto la realtà della famiglia sia fondata nel tessuto culturale e sociale delle Filippine.
Tra i fotogrammi più belli sicuramente l’abbraccio con i componenti di una delle famiglie proprietarie del Palazzetto, circa 30 persone capitanate dalla matriarca di 100 anni. Una di loro ha anche messo sul collo del Pontefice una tipica collana di fiori. Oppure quando Francesco ha scherzato ripetendo per tre volte il tipico inchino di saluto o quando ha scambiato il solideo con uno nuovo donatogli da un’anziana signora.
Dopo il saluto di mons. Gabriel Reyes, vescovo di Antipolo e presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia, e alcune testimonianze, si è aperta quindi la Liturgia della Parola, con la lettura del brano evangelico sulla fuga in Egitto e i due sogni di Giuseppe, dal quale Bergoglio ha tratto le tre parole-chiave della sua lunga omelia: riposare, alzarsi e essere voce profetica.
Riposare nel senso di fare “una sosta” tra i numerosi doveri e le attività quotidiane e, come San Giuseppe, raccogliersi nel silenzio del proprio cuore per comprendere la volontà di Dio. “Io rivedo la mia famiglia – aggiunge poi improvvisamente a braccio Bergoglio, prima in inglese e poi in spagnolo – vedo mia madre, mio padre, mia nonna… Mi piace molto questo sognare in una famiglia. Tutte le mamme e tutti i papà hanno sognato il loro figlio per nove mesi. Sognare come sarà il figlio. Non è possibile una famiglia senza sognare!”.
“Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, si perde la capacità di amare, i figli non crescono…”, prosegue ancora a braccio il Papa, e raccomanda a tutte le famiglie di farsi questa domanda durante l’esame di coscienza serale: “Ho sognato oggi per il futuro dei miei figli? Ho sognato l’amore di mia moglie?”. “Non perdete questa capacità di sognare per favore…”, insiste, anche perché “tante difficoltà nella vita del matrimonio si risolvono se diamo spazio al sogno, per sognare il nostro coniuge e sogniamo le sue buone qualità. Non smettere di avere l’illusione di essere ancora fidanzati e fidanzate!”.
Questo ‘sognare’ si realizza nel riposo: esso, riprende il Papa, oltre che per la salute della mente e del corpo, è “essenziale” per la salute spirituale, perché ci aiuta “a preparare una casa per Gesù”, nei propri cuori, nelle famiglie, nelle parrocchie e nelle comunità. Per far ciò bisogna però pregare ogni giorno, sottolinea Francesco: “Ma voi potreste dirmi: Santo Padre, io vorrei pregare, ma c’è tanto lavoro da fare! Devo prendermi cura dei miei figli; ho i doveri di casa; sono troppo stanco perfino per dormire bene…”. “Questo è vero”, ammette, tuttavia senza preghiera “non conosceremo mai la volontà di Dio per noi” e, soprattutto, “concluderemo davvero poco”.
Le famiglie in particolare sono chiamate a pregare. Perché è proprio in famiglia che “arriviamo a conoscere Dio, a crescere come uomini e donne di fede, a sentirci membri della più grande famiglia di Dio, la Chiesa”, rimarca il Papa. Inoltre, “nella famiglia – prosegue – impariamo ad amare, a perdonare, ad essere generosi e aperti e non chiusi ed egoisti. Impariamo ad andare al di là dei nostri bisogni, ad incontrare gli altri e a condividere la nostra vita con loro”.
Quindi pregare è il primo compito. Ma dopo questo momento “di pausa” dobbiamo “scuoterci dal nostro sonno” e “alzarci e agire”. Perché “la fede non ci toglie dal mondo, ma ci inserisce più profondamente in esso”, afferma il Santo Padre. E come il dono della Santa Famiglia fu affidato a San Giuseppe, “così il dono della famiglia e il suo posto nel piano di Dio viene affidato a noi”. Allo stesso modo, come l’Angelo del Signore rivelò all’umile falegname i pericoli che minacciavano Gesù e Maria, “così, nel nostro tempo, Dio ci chiama a riconoscere i pericoli che minacciano le nostre famiglie e a proteggerle dal male”.
Staccandosi ancora dal testo scritto, Francesco dichiara spontaneamente la sua devozione per il padre putativo di Gesù, “uomo forte e di silenzio”. “Nel mio scrittoio – racconta – ho un’immagine di San Giuseppe che dorme e dormendo custodisce la Chiesa. Sì, lo fa. E quando ho un problema, una difficoltà scrivo un piccolo biglietto e lo metto sotto la statua di San Giuseppe, perché lo sogni, cioè perché preghi per questo problema”.
A proposito di problemi, il Pontefice ne mette in guardia da uno in particolare, pronunciando uno dei passaggi più significativi dell’intero discorso. “Attenti – dice – alle colonizzazioni ideologiche che vogliono distruggere la famiglia, che non nascono dal sogni, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci ha dato. Vengono da fuori, per questo dico che sono colonizzazioni”.
Allora, “non perdiamo la libertà che Dio ci ha dato, la missione della famiglia! Così come i nostri popoli in un certo momento della storia hanno maturato la decisione di dire no ad ogni tipo di colonizzazione politiche, come famiglie dobbiamo essere molto sagaci, forti nel dire no a qualsiasi intento di colonizzazione ideologica sulla famiglia…”.
I pericoli, infatti, sono tanti, ancora di più sono i “pesi” che gravano sulla vita delle famiglie. Specie nelle Filippine, dove – osserva Papa Francesco – molte persone soffrono per le conseguenze dei disastri naturali o per la situazione economica che ha provocato “la frammentazione delle famiglie con l’emigrazione e la ricerca di un impiego”. Fin troppe persone vivono in estrema povertà, intanto altri “vengono catturati dal materialismo e da stili di vita che annullano la vita familiare e le più fondamentali esigenze della morale cristiana”. A ciò si aggiungono poi problematiche come “relativismo, cultura dell’effimero, mancanza di apertura alla vita”.
Soffermandosi su quest’ultimo punto, il Papa rievoca con la mente Paolo VI, il quale – dice a braccio – “nel momento in cui gli si propose il problema della crescita della popolazione, volle difendere l’apertura alla vita della famiglia. Lui sapeva le difficoltà che c’erano nelle famiglie, per questo era così misericordioso con i casi particolari e nelle sua enciclica (l’Humanae Vitae, ndr) chiese al confessori di essere molto comprensivi e misericordiosi”. Montini “guardò avanti, ai popoli della terra, e vide questa minaccia della distruzione della famiglia attraverso la privazione dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore, e ha avvertito le sue pecore del lupo che stava arrivando. Oggi ci benedica dal Paradiso”.
“Il mondo ha bisogno di famiglie buone e forti per superare queste minacce!”, afferma poi Bergoglio riprendendo il testo. “Le Filippine hanno bisogno di famiglie sante e piene d’amore per custodire la bellezza e la verità della famiglia nel piano di Dio ed essere di sostegno e di esempio per le altre famiglie”. Perché “ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa”.
L’invito è dunque a “custodire” le famiglie, vedendo in esse “il più grande tesoro della nazione”, da nutrire sempre con la preghiera e la grazia dei Sacramenti. “Siate esempi di amore, perdono e attenzione”, dice il Papa, “siate santuari di rispetto per la vita, proclamando la sacralità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale”. Solo vivendo appieno la propria “nobile vocazione”, le famiglie possono assolvere alla missione di essere
“voci profetiche” nel mondo e divenire “una benedizione” per tutta l’umanità.
Prima di concludere, Francesco ricorda l’Anno dei Poveri proclamato dai vescovi filippini, chiedendo alle famiglie di rinnovare la propria chiamata “ad essere discepoli missionari”. Come? Andando “oltre i confini delle vostre case” e prendendosi cura dei fratelli e delle sorelle più bisognosi, specialmente chi non ha una famiglia propria. In primis, anziani e orfani.
Gli stessi che il Papa ha incontrato nel mattino in un centro accanto alla Cattedrale che accoglie bambini e bambine di strada. “Mi sono molto commosso dopo la Messa quando ho visitato il centro per i bambini abbandonati, senza famiglia – racconta a braccio ai fedeli -. Quanta gente lavora nella Chiesa perché questo luogo sia una famiglia”.
Lo stesso è richiesto ad ognuno di noi: anziani, orfani, persone senza famiglia, “non lasciateli mai sentire isolati, soli e abbandonati, ma aiutateli a sentire che Dio non li ha dimenticati”, ribadisce il Papa, “potreste essere poveri in senso materiale, ma avete un’abbondanza di doni da offrire quando offrite Cristo e la comunità della sua Chiesa”.
“Non nascondete la vostra fede, non nascondete Gesù, ma portatelo nel mondo e offrite la testimonianza della vostra vita familiare!”, conclude quindi il Santo Padre, congedandosi dall’affollata arena tra i canti e gli abbracci affettuosi dei bambini.