“Non ci sono parole per deprecare l’attentato di Parigi e ogni forma di violenza, ancor più inorriditi perché giustificata “in nome di Dio”. Però anch’io sono tra quelli che non si sentono di dire “Je suis Charlie“, perché non intendo condividere le offese e la volgarizzazione del sacro attuate più volte da Charlie Hebdo contro l’Islam e anche contro il Cristianesimo. Di fronte al libertarismo individualistico rappresentato da Charlie Hebdo, anch’io come molti dico: Je ne suis pas Charlie”.
È una parte dell’intervista rilasciata da don Flavio Peloso, direttore generale dell’Opera Don Orione al sito www.donorione.org.
La marcia di domenica scorsa – aggiunge Don Peloso – è un grande fatto di civiltà. Per quel che può valere la mia opinione, però, distinguo, dissento e non mi metto in marcia con quanti oltre a manifestare la solidarietà per gli uccisi e per la libertà di opinione, hanno usato la marcia e la giusta reazione all’accaduto per promuovere l’adesione alla ideologia laicista e libertaria di Charlie Hebdo, perché la ritengo irrispettosa delle identità e delle persone.
Il vilipendio contro la religione (e non solo) e contro chi la professa, che ha scatenato la reazione pazza e omicida di alcuni islamici, è lo stesso vilipendio attuato ripetutamente da Charlie Hebdo anche contro la religione cristiana, altri valori, altre persone e appartenenze. L’offesa è sì una manifestazione della libertà, ma è la peggiore. In questo, “Je ne suis pas Charlie“.
“Ho visto anch’io – prosegue don Peloso – le vignette “satiriche” e volgari che dissacrano la Madonna e il mistero della Trinità, il Papa. La satira molte volte non è solo espressione di libertà ma anche di una ideologia dogmatica che ritiene non vi sia niente di vero e di sacro. Il terribile evento di Parigi ha scosso il mondo intero.
Spero provochi anche un sano ripensamento nella direzione di Charlie Hebdo e in tutto il mondo della comunicazione, perché si giunga liberamente e responsabilmente a maggiore rispetto dei valori del sacro e si sia più attenti alla dignità delle persone che in essi si identificano, abbandonando la strada della blasfemia e della volgarità”.