Ieri, ad Ankara, sono state le parole a lasciare il segno nel primo giorno del viaggio del Papa in Turchia. I vigorosi appelli pronunciati davanti al presidente Erdogan e alle autorità politiche a “bandire ogni forma di terrorismo e fondamentalismo”, o le accorate esortazioni ai leader religiosi e musulmani alla ‘Diyanet’ a condannare ogni violenza perpetrata in nome di una falsa idea di Dio.
Oggi, invece, nella seconda tappa a Istanbul, a parlare sono le immagini. Bergoglio che si toglie le scarpe prima di entrare nella Moschea Sultan Ahmet, la cosiddetta ‘Moschea Blu’. Che prega in silenzio vicino all’Imam, con le mani aggrappate alla sua croce pettorale. Che osserva rapito il gioco di luci e ombre che accarezza i mosaici di Santa Sofia. O che ascolta con interesse la storia di questo luogo sacro, distrutto e ‘risorto’ per ben tre volte.
L’arrivo del Santo Padre nella città sul Bosforo è avvenuto questa mattina intorno alle 10.30, quando, dopo un’ora di volo, l’aereo A320 dell’Alitalia è atterrato nell’aeroporto internazionale Atatürk. Ad accoglierlo c’era Bartolomeo – con cui Francesco si incontrerà più tardi al Fanar, sede del Patriarcato ecumenico – e il governatore della città.
Secondo il programma ufficiale, il Pontefice avrebbe dovuto visitare prima il Museo di Santa Sofia e poi spostarsi nella ‘Moschea Blu’. Ma per evitare la coincidenza con l’ora della preghiera, ha preferito fare il contrario recandosi dall’aeroporto direttamente nella Moschea, in un percorso scandito da imponenti misure di sicurezza.
Segno, questo, di una visita che non vuole essere ‘invasiva’, ma rispettosa della maggioranza religiosa del paese ospitante. Per lo stesso motivo, il Papa si è tolto le scarpe prima di entrare nella Moschea. Lì ad accoglierlo sull’ingresso c’era il Gran Muftì, Rahmi Yaran. Con l’Imam, Bergoglio si è invece soffermato in preghiera per due minuti, in silenzio, di fronte al Mihrab che indica la qibla, ovvero l’esatta direzione della Mecca. Lui, con il capo chino, pregava con le mani giunte, posizionate sopra la sua croce d’argento; l’Imam, al suo fianco, declamava delle orazioni con le braccia aperte.
Le immagini trasmesse dai media del mondo hanno riacceso il ricordo del 2006, quando Benedetto XVI nello stesso luogo, anche lui a piedi scalzi, si raccolse in una profonda orazione che rappresentò forse il momento più suggestivo del suo intero viaggio pastorale. Un viaggio accompagnato da roventi polemiche seguite alla lectio tenuta a Ratisbona, due mesi prima, che Papa Benedetto dissolse con un gesto semplice e con la dichiarazione, in seguito, di aver pregato con i “fratelli musulmani” l’unico Dio.
Come Ratzinger, Bergoglio si è poi recato nella basilica di Santa Sofia, il sontuoso monumento dedicato alla Divina Sapienza, che fu cattedrale cristiana di rito bizantino fino al 1054, poi sede patriarcale greco-ortodossa, cattedrale cattolica, Moschea, e infine museo dal 1935, per volere di Ataturk. Il Pontefice, assorto, si lascia sovrastare dalla gigantesca architettura, una delle più celebri di stile bizantino, che nonostante i saccheggi e le profanazioni negli anni, mantiene viva la sua sfarzosa bellezza e la sua aura religiosa.
Ad accompagnare il Santo Padre, questa volta c’era il direttore del Museo di Santa Sofia, che dà il benvenuto al Papa dalla “Porta dell’Imperatore” e, durante la passeggiata tra le storiche navate, gli racconta la storia e le curiosità del monumento. Intanto, in sottofondo, risuona la voce del muezzin (la visita del Pontefice è avvenuta infatti alle 12 ora locale).
Finito il tour, al Papa sono stati regalati due libri appartenenti all’antica biblioteca della Basilica. Papa Francesco ricambia lasciando in dono su un altro libro, il “Libro d’Onore” del Museo, una dedica di poche righe che sintetizza il suo stato d’animo. “Αγία Σοφία του Θεού. Quam dilecta tabernacula tua Domine (Psalmus 83) – scrive il Santo Padre – Contemplando la bellezza e l’armonia di questo luogo sacro, la mia anima si eleva all’Onnipotente, fonte ed origine di ogni bellezza, e chiedo all’Altissimo di guidare sempre i cuori dell’umanità sulla via della verità, della bontà e della pace”.
Come i suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche il Papa argentino ha dunque rispettato la ‘neutralità’ di Santa Sofia. Solo Paolo VI, nella sua visita del 1967, si inginocchiò, per rimarcare la presenza della Chiesa di Roma che non voleva imporsi, ma aprire le braccia a quella di Costantinopoli.
Terminata la visita, Bergoglio si è avviato verso l’uscita dei turisti, diretto alla Rappresentanza Pontificia, dove è atteso da cinquanta esponenti delle comunità cattoliche locali (latini, armeni, siri e caldei), guidati dai rispettivi Ordinari, e da mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza Episcopale turca.
Il palazzo è noto come “Casa Roncalli”: lì, infatti, Giovanni XXIII trascorse gli anni di nunziatura, instaurando un legame di amore e reciproca stima con il popolo turco, i cui benefici si vivono ancora oggi.