I coniugi Shahzad Masih e Shama Bibi, bruciati vivi in Pakistan con l’accusa di blasfemia, potrebbero avere giustizia. La Corte Suprema ha infatti chiesto al governo di presentare con urgenza una relazione sull’indagine relativa a questa vicenda, avvenuta nel distretto di Kasur il 4 novembre. Inoltre, la Corte ha chiesto all’esecutivo di riferire sui passi compiuti finora per ottemperare al provvedimento emesso nel giugno scorso, quando l’organo supremo di giudizio aveva ordinato di istituire il “Consiglio nazionale per i diritti delle minoranze” e di formare una task force per proteggere i luoghi di culto delle minoranze religiose.
I cristiani pachistani interpretano questa notizia come un segnale positivo. All’agenzia Fides dichiara padre James Channa Op, direttore del Peace Center a Lohore: “Siamo felici di questo passo. Sembra un risultato positivo della nostra lotta unitaria: la domanda di intervento alla Corte Suprema era stata inoltrata da leader religiosi cristiani e musulmani, rappresentanti di organizzazioni come Peace Center, URI, Minjahul Quran, Consiglio Ulama Pakistan, impegnate per la giustizia, la pace, l’armonia interreligiosa. Speriamo arrivino presto provvedimenti concreti per restituire un senso di sicurezza a tutti i cittadini, soprattutto ai cristiani e altre minoranze perseguitate in Pakistan”.
Sicurezza di cui i cristiani sentono di avere urgente bisogno. L’avvocato cristiano Mushtaq Gill commenta a Fides che vi è in Pakistan “una mentalità diffusa tra i fedeli islamici che considera i cristiani ‘infedeli’, inferiori e meritevoli di ogni abuso. A volte anche i leader politici lo ripetono sugli schermi della tv. In un paese al 97% musulmano, i cristiani sono vittime di minacce e attacchi, e vivono sotto una cappa di discriminazione e odio”.