"Ero un massone, ora sono cattolico e felice"

Confessioni di Serge Abad-Gallardo, passato dall’oscurità della massoneria alla “luce di Cristo”

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“Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6). Risuonano, queste parole di Gesù, nel cuore di Serge Abad-Gallardo, protagonista di una scelta tanto coraggiosa quanto meritevole d’essere raccontata. Storia che ha la capacità di togliere il velo su ciò che è nascosto, e soprattutto di rilevare la potenza salvifica cristiana.

Le piaghe dell’intensa esperienza umana di quest’architetto francese di origine spagnola trasudano tra le pagine del volume J’ai frappé à la porte du Temple… (Ho bussato alla porta del tempio…). In un’intervista rilasciata a Religion en Libertad, Serge Abad-Gallardo propone stralci preziosi della sua testimonianza di conversione, dall’iniziazione massonica alla fede in Cristo.

Nato in Marocco nel 1954, oggi sposato e padre di due figli, si stabilisce con la famiglia in Francia nel 1961. Conseguita la laurea in architettura a Marsiglia, ben presto entra nel mondo del lavoro scalando velocemente posizioni sociali. A trentatré anni è un professionista affermato e brillante, ma anche un giovane uomo alla ricerca di risposte più profonde di quelle che gli forniscono le sue pur gratificanti esperienze lavorative.

È così che si lascia affascinare dalle conversazioni che intrattiene di tanto in tanto con un collega. Quest’uomo distinto e dal linguaggio forbito gli parla di spiritualità, di conoscenza, di appartenenza a una elite. Ma soprattutto, ciò che fa più presa in Serge dei discorsi del suo collega è il riferimento al “segreto”. Parola dalle vibrazioni magiche che – se ne convince – può essere penetrata soltanto attraverso l’ingresso nella massoneria.

L’opera di persuasione nei confronti di Serge si compie nel 1989, quando rompe gli indugi e si fa introdurre dal suo collega in una loggia massonica. Introduzione che tuttavia non corrisponde subito a un ingresso definitivo. Come racconta lo stesso Serge, le prime frequentazioni sono all’insegna di “indagini e solite formalità” da parte dei confratelli più anziani nei confronti dell’aspirante adepto.

Gli vengono rivolte domande, per capire se la volontà d’adesione è autentica e compatibile con i principi guida della massoneria, sulla propria “storia personale” e sulle sue idee in ambito “filosofico e socio-economico”. L’ultimo stadio di questa sorta di tirocinio consiste in un rito dal tetro profilo. Serge ricorda di essere stato portato per la prima volta nel cuore dell’edificio in cui gli iniziati si riuniscono, cioè il Tempio massonico. Vi entra bendato, pertanto viene a sapere di essere entrato lì soltanto a rito concluso.

In questo luogo, reso oltremodo cupo dalla presenza assordante di una musica “da film horror”, gli alti gradi della loggia gli rivolgono altre domande. Dopo di che, si ritirano per decidere privatamente se accettare o respingere l’ammissione. Nel caso di Serge, il voto è unanime a favore della sua candidatura.

I primi tempi da massone sono comunque segnati da diffidenza e sempre nuovi esami da superare. Il giovane grembiulino è tenuto a mantenere un rigoroso silenzio e a svolgere mansioni secondarie, tipo “posizionare o rimuovere oggetti prima e dopo i rituali, servire i pasti, lavare i piatti…”. È solo dopo svariati mesi di gavetta che si può finalmente diventare un iniziato, e a seguito di un altro rito. Serge racconta la cerimonia come costellata di ulteriori “momenti inquietanti”, per esempio quello in cui un gran maestro gli procura un (finto) taglio sull’avambraccio con un coltello, che fino a un istante prima l’adepto crede debba verificarsi sul serio.

Superati i turbamenti seguiti a questa cerimonia, Serge viene colto da una piacevole sensazione: sente di essere davvero entrato in una elite che può garantirgli successo e potere. Quando si sale di grado massonico – spiega – “vieni a contatto con persone dell’ambito politico che mai avresti pensato di poter conoscere”. Questi traguardi sociali non corrispondono tuttavia al conseguimento di quella libertà di cui la massoneria si dice portatrice.

Lo scambio di idee tra confratelli sembra genuino e libero, ma dopo un po’ Serge si accorge che le considerazioni personali non vengono censurate soltanto fin quando non escono da ciò che definisce la “parola massonicamente corretta”. Su certi temi sensibili come “matrimonio gay, famiglia, aborto, eutanasia”, per esempio, un’opinione diversa da quella progressista, dominante nella loggia cui appartiene, non si può esprimere. Opinione dominante che, sottolinea Serge, degenera “nell’anticlericalismo” e talvolta nella “cristianofobia”.

Serge conferma l’idea diffusa per cui la massoneria ha una forte influenza politica in ogni schieramento. Anche se aggiunge che la libera muratoria francese possiede “una tendenza molto spiccata a sinistra”. Spiega del resto che il governo François Hollande è caratterizzato da un numero “incredibilmente alto” di massoni; è durante questa legislatura infatti che in Francia è stata “approvata la legge sui matrimoni gay, che si è tentato di introdurre il gender nelle scuole e il dibattito sulla maternità surrogata”.

Obiettivo della massoneria, d’altronde, è “trasformare la laicità in secolarizzazione della società”. La fiamma relativista che anima le logge vuole ridurre in cenere ogni riferimento alla fede cristiana, questione che per la massoneria “non è un dettaglio, bensì una visione completa della società”.

Ed è proprio su questo ramo ideologico che Serge un giorno finisce per inciampare. “I massoni invocano un Cristo che è ben lungi dal Cristo dei cristiani”, afferma. Per loro – aggiunge – “si tratta di un saggio, un filosofo, nella migliore delle ipotesi di un iniziato”. Quest’interpretazione positivista del Nazareno inizia però a suscitare perplessità in Serge, il quale si rende conto “prima in modo intuitivo e poi con la ragione, il cuore e lo spirito”, che “il percorso massonico è incompatibile” con la sua relazione che inizia a instaurare con quel Cristo che è “Dio incarnato, morto sulla croce per salvarci”.

Di qui la sua scelta – non priva di spericolatezza – di rassegnare le dimissioni dalla loggia. Scelta che Serge spiega così: “Non è stata in realtà una conversione, ma un ritorno alla fede. La conversione di un cristiano dura tutta la vita. Credo che sia stato il sacramento del battesimo a portarmi la luce di Cristo, mentre ho lasciato la luce artificiale e solo umana della massoneria”.

Luce, quest’ultima, che rendeva tuttavia Serge “cieco”. Per poter apprezzare di nuovo la luce cristiana ha dovuto quindi intraprendere un cammino, nel quale l’ha guidato un prete francescano che egli definisce “una rivelazione”. La “particolare e inaspettata grazia” è poi giunta a Lourdes, dove attraverso “un’esperienza molto personale” che descrive nel libro egli capisce “che Cristo mi ha cercato più di quanto abbia fatto io” con Lui.

Oggi Serge è una persona felice, come lo sono tutti coloro che sanno di essere “realmente amati”. Amati da Dio. Che non è quel principio astratto evocato dalla massoneria, ma un Dio personale, “al quale posso rivolgermi, che ascolta le mie preghiere, che io amo e che ci ama fino al punto di esser sceso sulla terra e di essersi fatto uccidere su una croce per la nostra redenzione”.

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Federico Cenci

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