Il monito che il Signore rivolge ai cristiani di Laodicea nell’Apocalisse di Giovanni riecheggia nei secoli e giunge fino a noi. La conversione non è una porta d’accesso alla “spiritualità della comodità”, ma un percorso che ogni cristiano deve affrontare quotidianamente per non scivolare “nel tepore”. Percorso all’insegna di un’adesione autentica, che rifugge quelle “apparenze” che caratterizzavano Zaccheo prima dell’incontro con Gesù.
Le letture del giorno hanno suggerito stamattina al Papa, nella Messa di Casa Santa Marta, un’omelia sul tema della conversione, definita una “grazia” e una “visita di Dio”. Nella prima lettura – ha osservato – il Signore chiede ai cristiani di Laodicea di convertirsi perché vivono “nella spiritualità della comodità”. Una condizione che è simile a quella di quanti, oggi, pensano che assolvere in modo solo abitudinario alcune azioni faccia credere loro che “non gli manca niente”: “vado a Messa le domeniche, prego alcune volte, mi sento bene, sono in grazia di Dio, sono ricco” e “non ho bisogno di nulla”.
Si tratta – ha però ammonito il Pontefice – di un’illusione, perché “questo stato d’animo è uno stato di peccato”. Nei loro confronti il Signore “non risparmia parole”, e infatti gli dice: “Perché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca”. Essi sono dunque chiamati alla conversione, così come “i cristiani delle apparenze”. Il Papa ha sottolineato che “le apparenze sono il sudario di questi cristiani: sono morti”.
Sudario che può avvolgere ciascuno di noi, senza che ce ne accorgiamo. Per questo il Papa invita a porre alcune domande: “Sono vivo dentro? Ho una vita spirituale? Sento lo Spirito Santo? Ascolto lo Spirito Santo? Vado avanti, o..?”. Ebbene, se queste domande non rappresentano uno stimolo e rispondiamo invece che “non ho niente da rimproverarmi: ho una buona famiglia, la gente non sparla di me, ho tutto il necessario, sono sposato in chiesa, sono in grazia di Dio”; allora serve “cercare qualcosa di vivo dentro e con la memoria e la vigilanza”. È questo lo stimolo per “convertirsi: dalle apparenze alla realtà. Dal tepore al fervore”.
Percorso, quello della conversione, che ha intrapreso Zaccheo, “capo dei pubblicani e ricco”, il quale – come ha sottolineato il Papa – “tradiva la sua Patria” perché “lavorava per gli stranieri, per i romani”. Il Pontefice l’ha dunque accostato a “uno come tanti dirigenti che noi conosciamo: corrotti”. Coloro che “invece di servire il popolo, sfruttano il popolo per servire se stessi”.
La condizione di Zaccheo non era quella del tiepido, bensì di una persona “in stato di putrefazione”. Stato da cui riuscì ad affrancarsi grazie al “seme della curiosità” che ha instillato in lui lo Spirito Santo. Il riferimento del Papa è al fatto che Zaccheo – come descrive il Vangelo di san Luca – salì su un albero per vedere Gesù che stava attraversando la città di Gerico con due ali di folla ai lati.
Il Santo Padre ha rilevato che Zaccheo “non ha avuto vergogna”, giacché voleva vedere questo “guaritore che dicono parli tanto bene”. Segno del fatto che dentro di lui “lavorava lo Spirito Santo”, attraverso il quale “la Parola di Dio è entrata in quel cuore e con la Parola, la gioia”. Di qui la riflessione del Papa: “Quelli della comodità e quelli dell’apparenza avevano dimenticato cosa fosse la gioia; questo corrotto la riceve subito”, così “il cuore cambia, si converte”. E spinge Zaccheo a promettere dinanzi a Gesù di restituire quattro volte quanto rubato.
Papa Francesco ha osservato che “quando la conversione arriva alle tasche, è sicura”. Poiché “tutti” sono “cristiani di cuore” o “cristiani di anima” ma “pochi” sono i “cristiani di tasche”. Zaccheo lo diventa grazie alla “parola autentica” di Gesù.
Parola che – ha rimarcato il Pontefice – “è capace di cambiare tutto”, ma “non sempre abbiamo il coraggio di credere nella Parola di Dio, di ricevere quella Parola che ci guarisce dentro”. L’invito del Papa è stato dunque a pensare “molto seriamente”, in queste ultime settimane dell’Anno liturgico, “alla nostra conversione, perché possiamo andare avanti nel cammino della nostra vita cristiana”.