Vangelo
Lc 17,26-37
Lettura
Il brano odierno, nel presentare il giorno del figlio dell’uomo, usa immagini mutuate dalla natura: la folgore e il diluvio, richiamando subito negli ascoltatori la forza sovrastante e improvvisa della natura, e le condizioni in cui furono trovati gli uomini al tempo di Noè, tra l’indifferenza totale e la dissoluzione generale. Ciò che impedisce all’uomo di poter accogliere la salvezza, offerta allora come ora, è l’idolatria della ricchezza, del proprio egoismo, e l’essere totalmente assorbiti dai propri affanni. In essi l’uomo s’illude di trovare la salvezza. Il brano evangelico ci ricorda che la salvezza o la perdizione non si presentano a noi attraverso atti eclatanti, ma nella quotidianità.
Meditazione
Dalla domanda dei farisei sul quando verrà il Regno di Dio, si passa al come. Il Regno è là dove si trova Gesù, quando lo riconosciamo come nostra salvezza; il regno di Dio è là, e siamo invitati a entrarvi attraverso la fede che ci ottiene la salvezza, perciò Luca fa precedere la riflessione sul regno da due piccoli episodi che la illuminano. «Aumenta la nostra fede» chiedono gli Apostoli (17,5-6), e la fede viene espressa nel racconto dei dieci lebbrosi. È Gesù stesso che la qualifica: anche una fede piccolissima può fare meraviglie, e ciò che si ottiene per fede, non può essere oggetto di vanto, non è mai qualcosa che ci è dovuto, una ricompensa, un salario, ma si tratta sempre di una grazia oggetto solo della nostra umile lode. Ecco, allora, il regno si manifesta come improvviso e al di là di ogni nostra previsione, immaginazione o pretesa. I personaggi e i luoghi ripresi dalla Bibbia, Noè, Lot, Sodoma, ci dicono che vivere o perire non è tanto frutto di eventi straordinari ma piuttosto dell’agire quotidiano, della qualità delle nostre azioni, se sono mosse dal nostro egoismo o dall’amore. Due persone che compiono la medesima azione attendono a una sorte diversa, il beneficiare o meno della salvezza offerta, la pregiudiziale non dipende tanto da cosa si fa, ma da come essa viene fatta. Ancora una volta Gesù richiama i suoi interlocutori a porsi la domanda giusta, non è importante il quando o il dove del regno, ma la condizione a prendervi parte, l’essere liberi dal peccato, il presentarsi a Dio pentiti e convertiti. Ma il Cristo è anche motivo d’incoraggiamento poiché annunzia il regno divino come misericordia, affinché non debba essere di condanna.
Preghiera
Rendimi capace, Signore, di meravigliarmi di fronte ai prodigi del tuo Regno: rendimi strumento del tuo amore misericordioso e possa io essere con la mia vita un inno di lode della tua bontà infinita, lodandoti ogni giorno per avermi scelto a partecipare al tuo progetto di salvezza.
Azione
Vivere la giornata all’insegna dell’umiltà e compiendo atti disinteressati verso chi incontro.
Meditazione a cura di don Donatello Camilli, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it