In Malawi, “la gente muore per la mancanza di medicine e di assistenza sanitaria, perché non ci sono fondi sufficienti da destinare alla sanità”. La denuncia giunge all’agenzia Fides da mons. Joseph Mukasa Zuza, vescovo di Mzuzu e presidente della Conferenza episcopale del Malawi, a Roma per la visita ad limina.
Le lacune della sanità sono una delle conseguenze più terribili del cosiddetto “cashgate”, lo scandalo che ha travolto buona parte dell’amministrazione statale e della politica del Malawi, provocato dalla malversazione dei fondi donati dalla comunità internazionale (in particolare dall’Unione Europea) che coprivano il 40% del bilancio statale
“A causa del cashgate – spiega il vescovo – i nostri partner internazionali hanno bloccato l’invio di ulteriori fondi, fino a quando non saranno sicuri che il denaro da loro versato sia utilizzato per i fini ai quali è destinato”. “Il settore più colpito dalla mancanza degli aiuti dei nostri donatori è quello sanitario – aggiunge -. Alcuni farmaci diventano sempre più costosi e non ci sono risorse per acquistarli. Ci sono persone che muoiono per la mancanza di cure adeguate”.
“La Chiesa – rimarca mons. Zuza – fa quello che può per aiutare i più bisognosi, ma anche noi siamo dipendenti dagli aiuti esterni e non possiamo far fronte a tutte le necessità, visto che lo Stato stesso non è in grado di farlo”.
In una nota inviata a settembre sempre a Fides, padre Piergiorgio Gamba scriveva che a causa della mancanza di aiuti stranieri “640.000 abitanti non avranno cibo a sufficienza visto lo scarso raccolto. Il 25% della popolazione vive nell’estrema povertà, con meno di un dollaro al giorno, quindi senza nemmeno la possibilità di avere cibo a sufficienza. Il 17% degli estremamente indigenti vive nelle città e il 57% nelle campagne”.
L’inchiesta giudiziaria ha finora accertato la scomparsa di più di 30 milioni di dollari. Dal settembre 2013, quando è scoppiato lo scandalo, ad oggi, almeno 70 persone sono state arrestate in relazione al cashgate.