Il mondo grida allo sdegno per la tragica esecuzione della coppia cristiana del Pakistan, bruciata viva in una fornace, lunedì scorso, da una folla inferocita di almeno 400 persone, aizzata da un leader religioso locale per una presunta vicenda di blasfemia.
“Un fatto tragico. Attaccare e bruciare vivi due innocenti sulla base di mere illazioni è una presa in giro del sistema giudiziario”, commenta il vescovo di Islamabad/Rawalpindi mons. Rufin Anthony all’agenzia AsiaNews. I due, Shahzad e Shama, rispettivamente di 26 e 24 anni, genitori di quattro figli, sono stati tenuti come ostaggio per alcuni giorni, per poi essere prelevati e portati in un mattonificio del distretto di Kasur, a circa 60 km da Lahore, nella provincia pakistana del Punjab. Lì la tragica esecuzione: prima lapidati, poi bruciati vivi.
Gli autori della brutale violenza sono fuggiti, facendo disperdere le proprie tracce. Per ora la polizia ha fermato almeno 45 persone per degli interrogatori, ma non vi sono incriminazioni ufficiali.
“In passato abbiamo visto folle – aggiunge il prelato – esercitare pressioni e farsi giustizia da sé, mentre i leader religiosi si sono ben guardati dall’esprimere parole di condanna. Anzi, hanno quasi incentivato la vendetta personale. Se fossero stati presi opportuni provvedimenti in passato, forse questa barbarie sarebbe stata scongiurata”.
I quattro figli della coppia – riferisce AsiaNews – si trovano al momento in una località sconosciuta e non si hanno notizie circa la loro sorte.
Intanto in Pakistan si grida all’orrore per l’accaduto: leader religiosi cristiani, attivisti pro diritti umani e membri della società civile sono sconcertati di una tale brutalità. Questo fatto “getta un’ombra sulla nazione”, ha dichiarato Peter Jacob, già segretario esecutivo di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica pakistana, manifestando “tutto il cordoglio alla famiglia delle vittime” e auspicando che il governo “garantisca una volta per tutte sicurezza alle minoranze”.
Scioccato e preoccupato anche il domenicano padre James Channan, direttore del “Peace Center” di Lahore, Centro studi impegnato nel dialogo interreligioso. Commentando l’omicidio della coppia a Fides, il religioso dice: “I cristiani in Pakistan oggi si chiedono: in che Paese viviamo? L’orribile e barbara esecuzione di due coniugi cristiani, accusati di blasfemia, è un atto che offende la giustizia, i diritti umani, la dignità umana, la civiltà, ed è contrario allo stato di diritto. Oggi manifesteremo per la giustizia e per i diritti umani a Lahore. Sulla legge sulla blasfemia, chiediamo l’intervento dell’Onu”.
Dal canto suo – riferisce la Radio Vaticana – il Consiglio degli Ulema del Pakistan (Puc) chiede “un’inchiesta imparziale sull’incidente”. In una nota, Muhammad Tahir Ashrafi, presidente del Puc, condanna la violenza, esprimendo “profondo dolore” per l’accaduto, e afferma che “esso non sarebbe avvenuto se la polizia locale non avesse mostrato negligenza”. Se la coppia era davvero colpevole, si chiede il Puc, “perché la polizia non li ha arrestati, dopo la denuncia dei residenti locali? Oppure, se non erano colpevoli, perché non è stata offerta loro immediata protezione, in vista della reazione scomposta della gente?”.