"C'è gente che aspetta anni per sapere se il suo matrimonio è valido o nullo"

Il Papa incontra i partecipanti a un corso del Tribunale della Rota Romana e, in un discorso tutto a braccio, esorta la Chiesa ad offrire procedure “snelle e gratuite”, prive di qualsiasi tipo di “affare economico”

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“Non ho preparato alcun discorso, desidero soltanto salutarvi”. Ha esordito con totale spontaneità Papa Francesco questa mattina, ricevendo in udienza in Aula Paolo VI i partecipanti al Corso di prassi canonica ‘super rato’ promosso dal Tribunale della Rota Romana. Ma pur non avendola preparata qualcosa da dire il Santo Padre certamente ce l’aveva. E anche più di una.

A cominciare dall’esortare la Chiesa a non tenere le coppie per anni e anni in un limbo di incertezza circa la validità o meno del loro matrimonio. Non è giusto questo, tantomeno caritatevole, ha sottolineato il Santo Padre.

Non per nulla l’argomento è stato posto sul banco dei temi principali del Sinodo straordinario sulla famiglia, durante il quale – ha detto il Papa – “si è parlato delle procedure, dei processi, e c’è una preoccupazione per snellire le procedure, per un motivo di giustizia”. Giustizia “perché siano giuste”, ha precisato Bergoglio, ma anche perché c’è gente, appunto, che “aspetta per anni una sentenza”.

In fondo è questo il motivo per cui, a settembre, un mese prima del Sinodo, il Vescovo di Rima ha voluto costituire una Commissione speciale per la riforma del processo matrimoniale canonico, con l’obiettivo di semplificarne la procedura, rendendola più veloce, salvaguardando il principio di indissolubilità del matrimonio. Anche durante l’udienza di oggi il Papa ha ricordato natura e finalità dell’organismo: suo compito principale – ha spiegato – è aiutare a “preparare possibilità diverse in questa linea: una linea di giustizia, e anche di carità, perché c’è tanta gente che ha bisogno di una parola della Chiesa sulla sua situazione matrimoniale, per il sì e per il no, ma che sia giusta”.

“Alcune procedure sono tanto lunghe o tanto pesanti che non favoriscono, e la
gente lascia”, ha osservato il Papa. Ha citato poi l’esempio di un Tribunale interdiocesano di Buenos Aires, il quale, in prima istanza, ha circa 15 diocesi, la più lontana a 240 km. “Non si può – ha detto Bergoglio – è impossibile immaginare che persone semplici, comuni vadano al Tribunale: devono fare un viaggio, devono perdere giorni di lavoro, anche il premio… tante cose… Dicono: ‘Dio mi capisce, e vado avanti così, con questo peso nell’anima’”.

Pertanto “la madre Chiesa deve fare giustizia e dire: ‘Sì, è vero, il tuo matrimonio è nullo – No, il tuo matrimonio è valido’”. Perché la giustizia sta proprio nel dirlo, cosicché queste persone possano “andare avanti senza questo dubbio, questo buio nell’anima”.

Allora “avanti sempre”, ha esortato Papa Francesco. “È la madre Chiesa che va e cerca i suoi figli per fare giustizia”. Ciò non toglie che bisogna essere anche “molto attenti” che le procedure “non siano entro la cornice degli affari”. “Non parlo di cose strane”, ha detto il Papa, “ci sono stati anche scandali pubblici. Io ho dovuto congedare dal Tribunale una persona, tempo fa, che diceva: ‘10.000 dollari e ti faccio i due procedimenti, il civile e l’ecclesiastico’”.

“Per favore, questo no!”, ha esclamato, “sempre nel Sinodo alcune proposte hanno parlato di gratuità, si deve vedere… Ma quando sono attaccati l’interesse spirituale all’economico, questo non è di Dio! La madre Chiesa ha tanta generosità per poter fare giustizia gratuitamente, come gratuitamente siamo stati giustificati da Gesù Cristo”. Quindi è importante staccare le due cose: la giustizia dagli affari, e viceversa.

Ed è importante pure “studiare” e “andare avanti”, cercando sempre “la salus animarum, che – conclude il Papa – non necessariamente si deve trovare fuori dalla giustizia, anzi, con giustizia”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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