Il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire. È quanto emerge dalla XII edizione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Il rapporto, che viene diffuso annualmente dal 1999, fotografa il grado di rispetto della libertà religiosa in 196 paesi, analizzando le violazioni subite dai fedeli di ogni credo e non solo dai cristiani, i quali si confermano ancora una volta il gruppo religioso maggiormente perseguitato. Minoranza oppressa in numerosi paesi, molte delle terre in cui i cristiani abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dal terrorismo.
Redatto da giornalisti, esperti e studiosi, il rapporto prende in esame il periodo compreso tra l’ottobre 2012 e il giugno 2014. Dei 196 paesi analizzati, in ben 116 si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa, ovvero quasi il 60%.
Nel periodo in esame sono stati rilevati cambiamenti in 61 paesi, ed è interessante notare come soltanto in sei di questi – Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Qatar, Taiwan e Zimbabwe – tali trasformazioni hanno coinciso con un miglioramento della situazione.
Peraltro, ad eccezione di Taiwan e Zimbabwe, anche in queste nazioni si riscontrano limitazioni elevate o medie alla libertà religiosa. Inoltre spesso i miglioramenti sono il frutto di iniziative locali, più che segnali di un progresso nazionale.
Quest’anno il Rapporto si accompagna al Focus sulla Libertà Religiosa, una pubblicazione di 32 pagine che, oltre ad una panoramica generale sui dati emersi dall’analisi, contiene una graduatoria che suddivide i paesi in quattro categorie in base al grado di violazione della libertà religiosa: elevato, medio, preoccupante, lieve.
La classifica è ovviamente indicativa, i fattori che condizionano la libertà religiosa sono altamente variabili e poco si prestano ad una valutazione oggettiva. La classifica è stata realizzata prendendo in considerazione gli episodi di violenza a sfondo religioso e indicatori diversi quali il diritto alla conversione, a praticare la fede, a costruire luoghi di culto e a ricevere un’istruzione religiosa.
In 14 dei 20 paesi dove si registra un elevato grado di violazione della libertà religiosa, la persecuzione dei credenti è legata all’estremismo islamico: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
Negli altri sei paesi, l’elevato grado di violazione della libertà religiosa è legato all’azione di regimi autoritari quali quelli di Azerbaigian, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan.
Le violenze a sfondo religioso – che contribuiscono in modo determinante al costante aumento dei flussi migratori – sono legate al regresso della tolleranza e del pluralismo religioso. Il progressivo distacco dal pluralismo religioso è chiaramente documentato nel Rapporto.
In varie nazioni del Medio e dell’Estremo Oriente inizia ad appalesarsi il cosiddetto fenomeno degli stati mono-confessionali, in cui il gruppo religioso dominante cerca di prevaricare sulle minoranze, imponendo la sharia o approvando normative quali la legge anti-blasfemia. La recente affermazione dello Stato Islamico in Iraq è un chiaro esempio di tale fenomeno.
Il volume rileva inoltre altre tendenze preoccupanti, quali l’aumento dell’intolleranza religiosa e dell’ ”ateismo aggressivo” in Europa Occidentale; il crescente analfabetismo religioso delle classi politiche occidentali; il numero allarmante di episodi anti-semiti nel Vecchio Continente.
L’Asia si conferma il continente dove la libertà religiosa è maggiormente violata. Nei paesi in cui vi è una religione di maggioranza si riscontra un incremento del fondamentalismo non soltanto islamico, ma anche indù e buddista. Analizzando la situazione del Medio Oriente si nota come i paesi in cui la libertà religiosa è negata offrono un terreno fertile all’estremismo e al terrorismo. Se in Russia il crescente numero di immigrati musulmani comporta il rischio di una radicalizzazione della presenza islamica, nei paesi dell’Asia Centrale, il timore di rivolte sulla falsa riga delle primavere arabe, ha provocato un inasprimento delle restrizioni imposte ai gruppi religiosi.
In Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è senza dubbio la crescita del fondamentalismo islamico – sotto l’impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram e al Shabaab – e si riscontra un aumento di casi di intolleranza religiosa in Egitto, Libia e Sudan.
Non mancano tuttavia esempi di dialogo e cooperazione religiosa in Camerun, Nigeria, Centrafrica, Uganda, Zambia, Sudafrica e Kenya. In Europa Occidentale si registrano minacce sia alla libertà religiosa che alla libertà di coscienza.
In numerosi paesi vi è inoltre una tendenza laicizzante che cerca di escludere la religione dalla vita pubblica. Anche in America del Nord si riscontrano casi relativi all’obiezione di coscienza.
In America Latina gli ostacoli alla libertà religiosa sono quasi sempre causati dalle politiche di regimi apertamente laicisti o atei, come quelli di Venezuela ed Ecuador, che limitano la libertà di tutti i gruppi religiosi, senza alcuna distinzione di credo.
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