"Il Signore Dio asciugherà le lacrime in ogni volto"

Il cardinale Caffarra celebra la Messa per la Commemorazione dei defunti, nella chiesa Monumentale di S. Girolamo, a Bologna

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“La celebrazione ieri di tutti i Santi ed oggi il ricordo liturgico di tutti i defunti ci fanno guardare alla meta finale del nostro pellegrinaggio terreno. Queste due giornate sono un grande invito a non lasciarci imprigionare dentro l’orizzonte del tempo”. Esordisce così il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella sua omelia durante la Messa di stamane per la Commemorazione dei defunti, celebrata nella chiesa Monumentale di S. Girolamo. 

“Nel ricordo che oggi facciamo dei nostri defunti – ha detto il porporato – siamo rimandati dall’Apostolo al loro battesimo, in forza del quale essi hanno acquisito definitivamente un ‘diritto’ nei confronti di Dio: il diritto di ereditare, dal momento che mediante il battesimo sono diventati figli”.

“La morte ha privato i nostri defunti di tutto ciò che è terreno, ma non del dono sublime fatto loro nel battesimo”, ha assicurato l’arcivescovo, ovvero il dono di “essere stati adottati come figli dal Padre celeste, col conseguente diritto all’eredità”.  

Ma “di quali beni sono eredi i fratelli defunti?”, ha domandato Caffarra. La risposta la offre in più occasioni la Parola di Dio; ad esempio quando Pietro scrive ai suoi fedeli: «per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce». “Ma soprattutto risponde in modo affermativo: l’incorruttibilità; un tesoro di gloria; la vita eterna”.

E Sant’Agostino, pure, riassumendo tutto quanto affermato dalle Scritture, “scrive che l’eredità che i nostri defunti hanno ricevuto consiste nel «poter contemplare, immortali per l’eternità ed incorruttibili nel corpo e nello spirito, le delizie di Dio»”.

Perché questo possa accadere, ha spiegato il porporato, “la comunità dei credenti offre, in modo particolare oggi, il sacrificio eucaristico ed altre preghiere di suffragio per tutti i fedeli defunti”. Una pratica, questa, “bella e nobile, un grande atto di carità, una vera opera di misericordia”.

Perché nel cuore dei defunti “l’orientamento sincero verso il Signore” presente al momento della morte, è stato “coperto” da “compromessi col male”, a causa della fragilità umana. Allora alcuni defunti possono avere bisogno di “purificazione” e, come insegna la fede della Chiesa, “quanti si trovano in questa condizione possono essere aiutati dalle nostre preghiere”.  

In tutto questo, poi, non bisogna dimenticare una “certezza di fede” che è il fatto che “la risurrezione di Gesù implica anche la risurrezione dei morti”, ha sottolineato il cardinale. “La morte non è l’ultima parola sull’uomo”, ha affermato, come già Papa Francesco nell’Angelus di oggi.

Ha poi citato la prima lettura del profeta Isaia che “può essere letta ed ascoltata come l’espressione del più profondo desiderio di ogni uomo: che in un mondo in cui il male sembra essere sempre vittorioso sul bene, in cui il prepotente opprime il debole, Dio, Signore della storia, ‘asciughi le lacrime su ogni volto; faccia scomparire la condizione disonorevole degli oppressi’. In una parola: ‘elimini la morte per sempre’”.

“La speranza del profeta trova il suo compimento in Gesù e nella sua risurrezione. Dio – ha concluso l’arcivescovo di Bologna – fattosi uomo viene ad abitare dentro alle nostre desolazioni e alle nostre insicure speranze. Condivide la nostra condizione e ci dona la bella notizia, colla sua risurrezione, che veramente ‘il Signore Dio asciugherà le lacrime in ogni volto'”. 

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ZENIT Staff

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