ZENIT, rubrica di poesia: pubblicati i primi poeti

E’ bastato un articolo di presentazione per ricevere in redazione testi di poesie originali e di buona qualità 

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La poesia è un genere letterario antico quanto l’uomo: dalla tradizione orale alla forma scritta, dai versi omerici declamati dagli antichi rapsodi, al Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi (databile intorno al 1220), considerato il testo poetico più antico della letteratura italiana.

La poesia è la forma espressiva più naturale che esista, basata com’è sull’uso della parola: una facoltà che Dio ci ha donato e che scaturisce spontaneamente a rivelare la nostra essenza, mettendo a nudo ciò che noi siamo.

Mentre altre, pur sublimi, forme espressive – ad esempio, la pittura e la musica – hanno bisogno di strumenti “esterni” per realizzarsi, la poesia non ha bisogno di nulla, se non dell’attitudine a guardare in se stessi, lasciando sgorgare le fonti autentiche della propria interiorità. Poi naturalmente c’è il “lavoro di lima”: la capacità di rivestire le parole di forme stilistiche. Perché la spontaneità non coincide necessariamente con la semplicità,ma questo è un altro discorso, che avremo modo di sviluppare in seguito.

Per il momento, quel che ci interessa è una ricognizione della poesia italiana “sommersa” (quella non storicizzata e non ancora riconosciuta dalla critica) come incubatore di “bei pensieri”. Nella speranza – quasi una certezza – che, in un’epoca agitata da troppi conflitti, la parola poetica possa essere lo “scrigno” dove conservare il seme più autentico della nostra umanità, affinché possa tornare a germogliare su un terreno fecondo, come nella celebre “parabola del seminatore”.

La nuova rubrica di poesia di ZENIT è appena agli esordi, e già possiamo registrare alcune interessanti adesioni che rivelano sensibilità e voglia di esprimere pensieri profondi.

Il primo brano pubblicato – “Che cosa è la preghiera?” di Angelo Bertolo– non è un’opera in versi, ma della poesia possiede l’immediatezza emotiva e la positività francescana di inno alla vita, sia pure temperata da un accenno al senso di smarrimento che coglie l’uomo di fronte all’immensità che lo circonda (“con la preghiera io mi rivolgo direttamente a Dio… Dio che è padre, che è persona, che è sempre presente anche quando io non riesco a percepirlo”). È un brano che esprime un senso alto di correlazione fra poesia e preghiera, e per questo ne abbiamo fatto una sorta di “incipit” che introduce alle tre poesie che seguono.

La prima poesia, “Ho sentito una voce” di Renato Selvaggi, ripropone un tema classico della lirica italiana – la madre – avvalendosi di una bellissima intuizione poetica: lo stacco netto fra la situazione di quotidianità rappresentata da una stazione affollata e l’archetipo eterno che riconduce alla dimensione mariana (“Quel nome di donna è caro per tutti / e quel nome / è il destino d’una madre”).

La seconda poesia, “Mistero” di Giancarlo Castagna, poggia sulla allitterazione della parola “mistero”, che rappresenta il centro di gravità letterario del brano, costituendo quasi una sorta di “bussola” per indagare i chiaroscuri della vita e approdare infine a Dio, conclusiva certezza (“Mistero oscuro l’anima m’inonda, / Mistero di chiarezza rarefatta, / Mistero di ragione stupefatta…”).

La terza poesia, “Tra mite” di Federico Munari, esprimeuno stato d’animo di serena lietezza che, a partire dal gioco verbale compreso nel titolo, si perpetua nello svolgersi dei versi, con un andamento ritmico che riecheggia le sonorità del sonetto (“E se il percorso diventa faticoso / E tante prove lo rendono umiliante / So che ci sei, e resto fiducioso”).

Ringraziamo gli autori e siamo lieti che, fin dalle prime battute, la rubrica di poesia di ZENIT abbia riscosso partecipazione e consensi. Un buon viatico per un lungo viaggio. Per raccogliere quei tesori di umanità – questa volta in forma di versi – che sostengono il nostro progetto editorialealla ricerca del bene che, nonostante tutto, sostiene e dà linfa al mondo.

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CHE COSA È LA PREGHIERA?

di Angelo Bertolo

Che cosa è la preghiera? Era una delle domande che ci facevano quando da bambini andavamo a dottrina. È una elevazione dell’anima a Dio. E che cosa è la poesia? Mi chiedo io oggi. Eh, dovrebbe essere un qualcosa di simile. Di parallelo. Una tensione verso l’infinito come la percepiva Leopardi. È il tentativo di Dante di elevarsi verso il gran mar dell’essere, gran mare che è persona, che è amore, che è l’amor che move il sole e l’altre stelle – come così bene riesce a comunicarci Benigni davanti al microfono della televisione italiana. È la serenità di Ugo Foscolo alla sera, quando le preoccupazioni calano e lui si bea per un momento almeno in questa atmosfera di pace e di poesia. È il naufragar m’è dolce in questo mare della poesia – amava ripetere in mio carissimo Prof. Ukas della Università di Toronto. È l’aspirazione verso l’alto degli architetti e di tutta una popolazione che hanno costruito la cattedrale di Chartres in più di cento anni di lavoro, e che commuove ancora, adesso, dopo tanti secoli. È quel suono della tromba squillante che fa scattare me sull’attenti, salutare la bandiera, e guardare in avanti. È il giardino tutto ordinato e fiorito che il mio amico riesce a curare meglio di me. È l’immagine affrescata sul muro che mi fa partecipe della finezza del sentire dell’uomo che l’ha fatta e che mi suggerisce di pensare e di tendere verso le cose più belle.

Con la preghiera, invece, io mi rivolgo direttamente a Dio. Forse, umilmente, per chiedere qualcosa. Forse per adorarlo e glorificarlo. Dio che è padre, che è persona, che è sempre presente anche quando io non riesco a percepirlo.

Angelo Bertolo risiede a Fiume Veneto (PN). È laureato in lingue alla Cattolica di Milano e alla University of Toronto (Canada). Ha pubblicato saggi sulla relazione fertilità-progresso.

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HO SENTITO UNA VOCE

di Renato Selvaggi

Aspettando il treno
tra tanta gente
in una stazione movimentata
mi commuove la voce d’un uomo
che disinteressato di tutto
nel caos chiama sua madre.
Attimi di disorientamento
poi un lungo abbraccio
e intorno tanta indifferenza.
Quel nome di donna è caro per tutti
e quel nome
è il destino d’una madre.

Renato Selvaggi è nato a Perugia, ha frequentato un biennio filosofico-teologico a Firenze per poi laurearsi con una tesi sull’opera di Luigi Capuana. Di professione psicologo, ha pubblicato articoli sul significato pedagogico della narrativa.

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MISTERO

di Giancarlo Castagna

Consumo la mia vita nell’attesa
e neppure mi so Cosa m’attendo.
Terribile la so, meravigliosa,
affascinato son dal suo stupendo
aspetto ignoto e pure nella mente
s’agita oscura e pur brillante e chiara,
indistinta, nascosta ed evidente
l’Idea che tutto abbraccia e non separa
l’universo da me, che sono niente.
Mistero immenso: tutto Tu circondi,
tutto sostieni, a tutto vita effondi.
Mistero di bellezza e di dolore,
Mistero ch’è d’angoscia e di splendore,
Mistero che dai pena e che consoli,
Mistero che sei terra e che pur voli.
Mistero di sublimità profonda,
Mistero oscuro l’anima m’inonda,
Mistero di chiarezza rarefatta,
Mistero di ragione stupefatta.
Mistero che determini mia sorte,
Mistero di mia vita e di mia morte.
Mistero di sublimità perfetta:
Mistero all’orizzonte, che mi aspetta
oltre il confine dell’ignoto mare
ch’ora non m’è concesso navigare.
Pure quel mare un giorno solcherò,
con questi occhi un giorno ancor vedrò
la luce Tua che tutta ci rischiara
la ragion della vita, a noi sì cara.
E piegate e riposte alfin le vele
dei miei pensieri a lungo consumati,
asciutti
i remi invano maneggiati
nel ricercare del confin la stele
oltre la quale c’è il saper supremo,
spenti ora i fuochi delle mie passioni,
sopite dell’orgoglio le pulsioni,
la mia nave sarà in sicuro erémo.
Mi chinerò dinnanzi a Te mio Dio
e giunto alfine sul confine estremo
a Te confiderò l’animo mio.

Giancarlo Castagna è nato a Castelli Calepio (BG), ha fatto studi classici ed ha frequentato l’Università Cattolica. Ha composto molte poesie in gioventù e da qualche anno ha ripreso a scrivere.

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TRA MITE

di Federico Munari

Non basta ciò che immediatamente appare,
ma altro attendo, e più profondamente,
che altre volte, ma sempre sorprendente,
mi si è fatto incontro, già nel mio cercare.

Non so se le parole che osiamo fare
Possano “uscir di casa” e lentamente
Tentare di avvicinare faticosamente
Ciò che alimenta questo mio cercare

Ma quando calmo siedo tra le piante
Che sia sereno o peggio burrascoso,
la tua compagnia per me è appagante

E se il percorso diventa faticoso
E tante prove lo rendono umiliante
So che ci sei, e resto fiducioso.

Federico Munari è insegnante di Religione presso il Liceo scientifico A. Gramsci di Ivrea. A conclusione dell’anno scolastico, è solito invitare i suoi studenti a proporre una composizione poetica sul senso della vita.

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I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza), da una breve nota biografica e dalla dichiarazione firmata in cui si dice “Acconsento alla pubblicazione dell’opera senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’Autore”.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

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Massimo Nardi

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