Vangelo
Lc 13,31-35
Lettura
Il fatto che siano dei farisei a portare a Gesù la notizia di un minaccioso progetto è passibile di due interpretazioni: la notizia è vera, ma si potrebbe pensare anche ad una notizia non vera; sappiamo che l’ostilità farisaica è reale, e non ha limiti, pur di far tacere Gesù. Ma la supposizione che sia vera viene in qualche modo confermata e aggravata da altri brani del Vangelo. L’ostilità verso il Maestro di Nazaret è generalizzata e ciò porterà Gesù alla Croce.
Meditazione
Il cuore del brano, che ci invita alla preghiera, è la risposta data ai farisei. Non è un’affermazione di forza, ma una grande conferma di obbedienza. Ci soffermiamo sul «è necessario che […] io prosegua nel cammino…». Come a dire che Gesù “deve” proseguire nel suo cammino. Si tratta di una obbedienza al disegno di Dio Padre. Comprendiamo bene che il Padre non ha dimenticato il Figlio, e che non vendica su di Lui le colpe degli uomini, come talvolta si sente dire. È piuttosto Gesù che, proprio per operare la salvezza, si colloca nella condizione comune a tutti i profeti uccisi a Gerusalemme. Ed è questa scelta generosa che trasforma l’uccisione degli uomini di Dio in una testimonianza, dovunque abbiano parlato, comunque siano stati avversati, e la fa diventare una partecipazione della Pasqua di Gesù. Vediamo così quale è l’interpretazione del tempo secondo la fede di Gesù. La nostra vita è un tempo breve, segnato e reso significativo dall’opera di salvezza che Egli compie: «Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani». L’espressione «e il terzo giorno la mia opera è compiuta» è di difficile traduzione in italiano. La versione latina dice «et tertia consummor». Alla lettera, dunque, “sono finito”. Il grande fascino di questa espressione è il suo far coincidere l’opera con la persona che la compie, il suo esaurirsi nella sua missione. Gesù a Gerusalemme compie la sua opera, e in tal modo porta a pienezza il significato profondo e ultimo della sua vita terrena. Egli così ci insegna che la vita ha un suo misterioso e meraviglioso compimento: stare con Cristo. Ricordiamo come la mattina in cui santa Teresa di Gesù Bambino ha visto il suo cuscino macchiato dal suo sangue come sintomo certo della malattia mortale che l’invadeva, dopo aver formulato un primo pensiero: “è la morte”, subito ne trova un altro dentro di sé: “è lo Sposo”.
Preghiera
Gesù, aiutami a riscattare ogni esistenza, e la mia in particolare, interpretandola alla luce della tua Pasqua. Tieni viva in me la fede che ormai nessuno “muore”, e che tutti camminiamo verso la vita risorta, nostra, di ogni persona, del creato.
Agire
Terrò vivo oggi il pensiero del rapporto che Dio vuole avere con il suo popolo. Cercherò di condividere lo stesso sguardo di tenerezza di Gesù verso coloro che mi sono vicini.
Meditazione a cura di mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it